Sin dal superamento del modello fordista, il concetto di eterodirezione, tratto caratterizzante di qualsiasi rapporto di subordinazione, è divenuto sempre meno riconoscibile in uno scenario caratterizzato da maggiori margini di autonomia e coinvolgimento attivo del lavoratore, sino ad arrivare alla profonda crisi che la stessa nozione giuridica di subordinazione sta attraversando ai giorni nostri come diretta conseguenza dell’avvento della digitalizzazione negli attuali paradigmi produttivi. Tecnologie all’avanguardia, infatti, generano, da un lato una inversione del rapporto di dipendenza in virtù della formazione professionale posseduta dal lavoratore, dall’altro lato non è più il macchinario a produrre valore ma l’apporto proveniente dal lavoratore stesso. Ne risulta, pertanto, una variazione della natura stessa della prestazione regolata dal contratto di lavoro: non più semplice scambio tra salario e tempo di lavoro ma si viene instaurando un rapporto di collaborazione fondato sulla corresponsabilità e/o sulla compartecipazione agli utili. È evidente, quindi, come la definizione di prestatore di lavoro subordinato, contenuta nell’art. 2094 c.c., e la consolidata interpretazione giurisprudenziale al riguardo non siano più in grado di rappresentare un apporto lavorativo che, lungi dall’essere sottoposto ad un comando e ad un controllo verticali, si distingue per la capacità del lavoratore di operare in autonomia per progetti e a risultato, non rilevando più tempi, modi e luoghi della prestazione. L’avvento del lavoro 4.0. comporta, infatti, una evidente contrazione degli indici sintomatici del classico rapporto di eterodirezione: l’elevato grado di competenze richieste, la maggiore autorganizzazione reclamata al lavoratore, il perseguimento di obiettivi, la centralità del team work incidono notevolmente sulla capacità qualificatoria dell’eterodirezione, sino ad oggi requisito imprescindibile di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato. Si assiste, pertanto, ad una profonda divergenza tra l’attuale modalità di svolgimento delle prestazioni ed un sistema normativo di protezione, ancora ispirato alle logiche produttive del passato: l’area della subordinazione non si sovrappone più strettamente all’area ove è necessaria la protezione del lavoratore in quanto, da un lato essa caratterizza anche profili lavorativi dotati di notevole forza contrattuale, dall’altro lato è sempre maggiore il numero di lavoratori formalmente autonomi che svolgono funzioni tipicamente riconducibili al paradigma della subordinazione. Oggi più che mai, pertanto, occorre interrogarsi sulle connotazioni di un nuovo diritto del lavoro 4.0. che sappia adeguarsi ai cambiamenti economici in atto. Il legislatore del Jobs Act, nel tentativo di porre in essere interventi all’avanguardia, ha optato per una leggera estensione delle tutele previste in materia di lavoro subordinato, in qualunque forma esso si presenti: tuttavia, è ormai noto ai più come le c.d. collaborazioni etero-organizzate di cui all’articolo 2 del D.lgs. n. 81/2015 non siano riuscite nell’intento di risolvere la questione, esigendo ancora una volta, ai fini dell’applicazione della disciplina della subordinazione, quel coordinamento da parte del committente che, in realtà, si rivela essere solamente una attenuata rivisitazione del concetto di eterodirezione. Altri ordinamenti, primo fra tutti quello anglosassone, hanno preferito optare per l’introduzione di una sorta di tertium genus distinto sia dalla subordinazione che dal tradizionale lavoro autonomo, col dichiarato intento di ricomprendervi al suo interno nuove forme di lavoro dai tratti ibridi. In realtà, in questa difficile corsa verso il futuro è auspicabile che l’attività del nostro legislatore venga orientata da una costellazione di valori guida che inevitabilmente saranno diversi rispetto al passato, al fine di rendere il lavoratore meno vulnerabile di quanto sarebbe se la disciplina normativa non risentisse delle conseguenze dell’innovazione tecnologica. Risulta inevitabile, pertanto, il superamento di una concezione paternalistica del diritto del lavoro, indifferente alla dimensione individuale del lavoratore, data la crescente partecipazione attiva e la maggiore responsabilizzazione dello stesso, diretta conseguenza del processo di trasformazione digitale. In un’ottica di adattamento degli istituti normativi alle nuove forme di lavoro, si rivela necessario procedere ad una ridefinizione del ruolo del lavoratore nell’ambito dell’organizzazione di impresa, non più gerarchica ma orizzontale ed a rete: la collaborazione con l’impresa, e non più nell’impresa come predicato dall’art. 2094 c.c., diventa il punto di partenza al fine di ricostruire l’oggetto del contratto di lavoro alla luce delle logiche produttive 4.0.