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Lo sviluppo, sempre più veloce, delle nuove tecnologie, unito alla digitalizzazione e insieme al proliferare di forme di economia collaborativa, hanno trasformato in modo profondo attività lavorative che da sempre caratterizzano la nostra società. È questo il caso dei riders, persone che per lavoro consegnano beni, in particolare quelli alimentari, e non solo, per conto terzi. Rispetto al passato, però, oggi essi lo fanno attraverso la registrazione su piattaforme che, in un certo qual modo, costituiscono il loro diretto “datore di lavoro”. Una condizione che, come è facile intuire, comporta modifiche rilevanti nell’adempimento della mansione di consegna sia essa effettuata tramite biciclette o ciclomotori. Allo stesso tempo, tale nuova caratterizzazione dell’attività pone con forza la tematica della cornice contrattuale, e di conseguenza salariale, all’interno della quale iscrivere queste lavoratrici e questi lavoratori.
La diffusione dei c.d. “lavori su piattaforma”, nell’ambito del più ampio fenomeno della Gig Economy, infatti, è ormai un dato universalmente riconosciuto e i riders rappresentano l’emblema di queste realtà. Alla luce delle tendenze evolutive in atto, e delle proiezioni che sono ricavabili dagli studi statistici, si può anzi dedurre che con buona probabilità le piattaforme diventeranno un ineluttabile paradigma organizzativo di molte aziende, all’interno del quale troverà sempre più spazio l’utilizzazione intensiva della programmazione algoritmica, della robotica e dell’intelligenza artificiale.
Al momento l'esempio più calzante di siffatta evoluzione è ben rappresentato dalle dinamiche del servizio di food delivery, nel quale si inserisce, come detto, la controversa vicenda dei c.d. riders che percorrono le strade delle maggiori città italiane, e che sono divenuti oggetto di vasta attenzione, non solo dal punto di vista sindacale, ma anche da quello giuridico-istituzionale.
La mancanza di tutele e diritti è, infatti, una peculiarità di questi lavoratori.
Il legislatore è intervenuto allo scopo di sanare quanto più possibile la tendenza alla deregolamentazione di questo ambito, attraverso il decreto-legge n.101 del 3 settembre 2019 convertito in Legge 128/2019. Questa, tra le altre cose, ha modificato in parte l’art. 2 del Dlgs 81/2015, estendendo la qualifica di collaborazioni organizzate dal committente, alle quali si applica la disciplina normativa e contrattuale del lavoro subordinato, anche alle prestazioni che vengono effettuate in modo continuativo e in maniera “prevalentemente” e non più esclusivamente personali. Gli sforzi fatti in questa direzione, però, non possono essere ritenuti ancora adeguati rispetto alla realtà lavorativa e alle istanze provenienti dai lavoratori e dal Sindacato. Infatti, seppure ci si trovi a fronteggiare questioni nuove discendenti dalla Gig economy, i versanti problematici, sul piano giuslavoristico, appaiono invece tradizionali: qualificazione del rapporto; tutele inderogabili, anche di natura retributiva; sicurezza sul lavoro; diritti sindacali, orario, malattia, ferie, previdenza etc. Anche la giurisprudenza inizia ad interrogarsi sulla natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro dei riders (Tribunale di Torino, sentenza 7 maggio 2018, n. 778, sul noto caso di Foodora; sentenza n. 26 del 4 febbraio 2019 della Corte d'Appello di Torino; Cassazione civile, sentenza n. 1663/2020). Quest’ultima a gennaio 2020 ha stabilito che «non ha senso interrogarsi sul fatto che tali forme di collaborazione, così connotate e di volta in volta offerte dalla realtà economica in rapida e costante evoluzione, siano collocabili nel campo della subordinazione ovvero dell’autonomia, perché ciò che conta è che per esse, in una terra di mezzo dai confini labili, l’ordinamento ha stabilito espressamente l’applicazione delle norme sul lavoro subordinato».
A livello internazionale l’attività giurisprudenziale sul tema, inoltre,appare quanto mai fervida. In Francia, per esempio, negli ultimi anni, il dibattito attorno alle piattaforme digitali si è fatto sempre più vivace, dovuto all’aumento dei soggetti che prestano attività lavorativa grazie alle applicazioni informatiche. Parallelamente si è accresciuto il contenzioso, relativo in particolare alla natura subordinata del rapporto di lavoro, formalmente inquadrato come autonomo. La Cassazione francese, con due sentenze, ha ritenuto che i tassisti di Uber e i riders della piattaforma “Take eat easy” (in molto simile a “Foodora”) debbano essere qualificati come dipendenti a tutti gli effetti di Legge. Stessa sorte è capitata ai riders di Glovo spagnoli, nei confronti dei quali la Corte suprema ha dichiarato che sono “falsi autonomi” e che l’azienda iberica dovrà applicare le tutele della subordinazione ai propri glovers delle consegne “all delivery”.
Tornando in Italia, ancora in ambito giurisprudenziale, con la sentenza n. 3570 del 24.11.2020, il Tribunale di Palermo afferma che i riders devono essere considerati lavoratori subordinati, allorquando la loro prestazione venga interamente organizzata dall'algoritmo utilizzato dalla piattaforma digitale. In particolare, secondo il giudice, il rider può solo scegliere di prenotarsi per i turni che il sistema mette a sua disposizione in ragione del suo punteggio, ma per il resto è soggetto al potere organizzativo della piattaforma, così come è passibile di conseguenze disciplinari in caso di eventuali mancanze o per il calo del suo rendimento. Le modalità di assegnazione degli incarichi di consegna da parte dell’algoritmo, inoltre, costringono il lavoratore a essere a disposizione del datore di lavoro anche nel periodo di tempo antecedente l’assegnazione, mediante la connessione all’app e la presenza fisica in luogo vicino quanto più possibile ai locali esercenti, realizzando così una condotta tipica della subordinazione.
Per quanto attiene al sindacato e, in particolare, alla Uil, i dubbi sulla qualifica del rapporto di lavoro dei riders sono sempre stati pochi: sono lavoratori subordinati e, di conseguenza, ad essi deve essere applicato un Contratto Nazionale di Lavoro. Non è un caso che le categorie del trasporto di Cgil, Cisl e Uil hanno predisposto, ormai da tempo, delle integrazioni al CCNL Logistica, concludendo un’intesa che include proprio per la distribuzione delle merci con ciclomotori e motocicli, i riders. Che per noi è, e rimane, il vero punto di riferimento.
Come Sindacato riteniamo non sia più possibile, infatti, pensare ad un’idea di lavoro in cui le responsabilità sociali e i costi aziendali vengono scaricati sui lavoratori. Questo sistema, spesso minimizzato con il termine “lavoretti” non può più rappresentare un modello sostenibile di impresa per il futuro.
È essenziale, infatti, che le possibilità legate alla digitalizzazione e alle nuove tecnologie afferenti ad Industria 4.0 si trasformino in ottimi risultati di crescita del Paese, sotto tutti i punti di vista, tra i quali sicuramente c’è quello occupazionale e sociale. Bisognerebbe, infatti, interrogarsi su quale lavoro immaginiamo per il futuro del nostro Paese. Se sotto-salario, sfruttamento, mancanza di diritti e di tutele, flessibilità incontrollata e incontrollabile sono tratti caratterizzanti del modello di sviluppo che qualcuno immagina, allora la Uil, e il sindacato Confederale, è pronta ad opporsi e a lavorare per un sistema diverso, inclusivo, egualitario e che faccia sempre della sostenibilità sociale, occupazionale e salariale la propria meta. La digitalizzazione, infatti, può rappresentare un grande volano di sviluppo produttivo e anche di evoluzione qualitativa del lavoro, ma questo potrà accadere solo se saremo in grado di investire in innovazione, riorganizzazione e, soprattutto, in formazione. Da qui il ruolo decisivo che dovranno svolgere le relazioni industriali e la contrattazione collettiva a tutti i livelli, al fine di evitare proprio quello che, in alcuni casi, sta succedendo, cioè che Industria 4.0 diventi causa di disuguaglianze, disoccupazione e di una generale dequalificazione del lavoro. Noi vogliamo perseguire un’idea di crescita e di sviluppo che sappia tenere insieme produzione e sostenibilità, ambiente e tecnologia, qualità e occupazione, profitto e sicurezza, tutto ciò rimettendo al centro il valore della persona.
E nell’ambito della difficile vertenza riders, stiamo lavorando da anni ormai per ottenere le giuste tutele contrattuali. Ultimamente le nostre iniziative di protesta, portate avanti unitariamente insieme a CGIL e CISL, hanno permesso la ripresa di un confronto al Ministero del Lavoro tra le Parti coinvolte, riaperto, dopo quasi due anni, nell’agosto scorso, e bruscamente interrotto a settembre a causa della sottoscrizione di un Accordo capestro, specifico per i riders tra Assodelivery e Ugl. Un contratto che ha causato un peggioramento delle condizioni di lavoro dei ciclofattorini, inquadrandoli nel solo ambito giuridico del lavoro autonomo, e privandoli, in tal modo, della possibilità di avere un’occupazione stabile, un’equa retribuzione e una copertura di tutele normative migliorative rispetto a quanto già stabilito dalla Legge. Il tempismo della sottoscrizione non è stato casuale. La stessa Legge 128/2019, infatti, ha previsto la possibilità di regolare le collaborazioni di questo particolare ambito tramite una disciplina specifica e aggiuntiva rispetto a quella altrimenti spettante, a condizione che fosse contenuta in un contratto collettivo nazionale firmato dai Sindacati comparativamente più rappresentativi, da sottoscrivere entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, e quindi entro il 3 novembre 2020. Più precisamente, è l’art 47 quater, comma 1, a stabilire che i “contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale possono definire criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell'organizzazione del committente”. Specificando, poi, al secondo comma che: “in difetto della stipula dei contratti di cui al comma 1, i lavoratori di cui all'articolo 47-bis non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate e ai medesimi lavoratori deve essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”. Pertanto, il contratto nazionale raggiunto tra Assodelivery e UGL Rider ha avuto quale unica finalità quella di eludere l’applicazione dei vincoli normativi sicuramente più favorevoli, sia riguardo le collaborazioni etero-organizzate (ex art. 2 D.Lgs 81/2015), sia riguardo quelle specifiche del Titolo V della medesima Legge. L’Ufficio Legislativo del Ministero del Lavoro ha palesato posizione contraria all’Accordo, inviando il 17 settembre 2020 una lettera alla Società Assodelivery con cui ha esplicitato le motivazioni per le quali ritiene inapplicabile l’intesa raggiunta tra quest’ultima e UGL, in quanto in violazione della normativa vigente. Sottolinea il Ministero che a firmare l’accordo deve essere una Organizzazione sindacale con il requisito “della maggiore rappresentatività comparativa”, a livello nazionale, e l’UGL non sembra, presa singolarmente, possederlo. Non solo: il contratto firmato pare “consentire un compenso esclusivamente parametrato sulla base delle consegne effettuabili nel tempo unilateralmente stimato dalla piattaforma; ne risulta una ulteriore potenziale tensione con la norma di legge”. Le disposizioni contrattuali sul compenso potrebbero essere ritenute, anche in sede ispettiva, contra legem e dunque sostituite per norma di legge. Inoltre, in prossimità della data di cui sopra, alcune piattaforme (iscritte ad Assodelivery) hanno imposto ai propri riders l’applicazione del CCNL firmato da UGL Rider, minacciando, in caso di rifiuto, la disconnessione dalla piattaforma, e compiendo, quindi, una forma di ricatto esplicito nei confronti dei lavoratori. Questo ha portato a intensificare le varie mobilitazioni che si sono succedute nei territori, e che hanno visto la UIL protagonista nelle piazze, per e con queste lavoratrici e questi lavoratori al fine di ottenere il riconoscimento delle corrette tutele contrattuali. Abbiamo fin da subito presentato, insieme a CGIL e CISL, istanze al Ministero del Lavoro per la ripresa del Tavolo, invitando la Ministra Catalfo a farsi parte attiva per riconvocare Assodelivery al fine di proseguire nel confronto di merito. Non solo. Al contempo abbiamo chiesto di rafforzare il sistema delle ispezioni alle piattaforme di consegna a domicilio presenti nel nostro territorio al fine di verificare il rispetto delle disposizioni normative a tutela dei diritti e della salute dei lavoratori, bloccando iniziative illegali, in seguito altresì alle direttive presenti nella Circolare n.7/2020, emanata lo scorso 30 Ottobre dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL). Questo anche conseguentemente alle indagini per caporalato che hanno visto il coinvolgimento di Uber Italy e che hanno confermato il perdurare delle condizioni di sfruttamento e dell'estrema vulnerabilità lavorativa della categoria dei Riders. Condizione contro cui tutti i Sindacati, le piattaforme maggiori e il Governo intendono muoversi di comune accordo.
Attraverso la nostra azione sindacale siamo riusciti ad ottenere la calendarizzazione di un primo incontro l’11 novembre scorso al Ministero del Lavoro, e in quell’occasione la UIL ha ribadito la necessità di addivenire in tempi brevi a concrete ed effettive tutele contrattuali e al ripristino di buone relazioni industriali con le controparti, improntate al dialogo e al rispetto reciproco, in un’ottica di miglioramento continuo del confronto, necessario in vista delle problematiche sempre più complesse poste dal mercato di riferimento. Il nostro obiettivo è quello di ridare dignità al lavoro dei riders, a partire da eque e giuste retribuzioni, previdenza, indennità, maggiorazioni, ferie, protezione sociale, salute e sicurezza, nel perimetro di rapporti negoziali pragmatici e costruttivi. Il nostro riferimento come base di partenza per tutelare il lavoro di questo comparto resta solidamente il Contratto Nazionale sottoscritto dalle Categorie dei trasporti nel luglio 2018, aggiornato recentemente con un Protocollo attuativo, e capace di adattarsi perfettamente alle specificità del lavoro di questo comparto. Infatti, UIL Trasporti, Filt eFit hanno firmato insieme alle Associazioni datoriali di settore, il 2 novembre scorso, un Protocollo che punta ad estendere l’applicazione in tutte le sue parti del Ccnl Logistica, Trasporto Merci e Spedizione a tutti i ciclofattorini, compresi quelli che operano tramite piattaforme digitali.
Volendo entrare nelle dinamiche relazionali al Tavolo, Assodelivery, pur offrendo disponibilità a proseguire nel confronto, ha difeso, in prima battuta, l’accordo con Ugl e ha rimarcato di voler rimanere nell'alveo di un contratto da lavoratori autonomi e non subordinati. Nonostante le posizioni distanti e spesso contrastanti, siamo riusciti ad instaurare un dialogo costruttivo fino a quel momento inesistente. Dal canto suo, Just Eat ha dichiarato di voler introdurre anche in Italia, a partire dal 2021, il modello di consegna a domicilio “Scoober” che inquadra i riders come lavoratori dipendenti e quindi completamente tutelati e assicurati. Azione che ha inevitabilmente comportato l’uscita da Assodelivery, provocando una breccia significativa nello schieramento delle piattaforme.
Possiamo, comunque, affermare che finora, nonostante le difficoltà, abbiamo conseguito importanti obiettivi, tra i quali l’istituzione di un Osservatorio nazionale di settore, come previsto dalla legge 128/2019, per monitorare il comparto e costituire un luogo comune di conoscenza, controllo e condivisione di dati e indicatori di questa attività; l’avvio di percorsi condivisi per addivenire alla sottoscrizione di un Protocollo che regolamenti le giuste tutele nel campo della salute e sicurezza, (seguendo la fattispecie dei Protocolli nazionali in materia), e di un Accordo contro il caporalato, che segua la buona prassi conclusa nel comune di Milano e in Lombardia, allo scopo di porre fine alle vergognose dinamiche che vedono i riders coinvolti in pratiche lavorative illegali che intaccano i diritti fondamentali. Si tratta di esempi concreti di come buone relazioni industriali siano fondamentali per affrontare insieme questioni e sfide che riguardano i lavoratori e le aziende del food delivery, settore nuovo nelle sue specificità e in continuo mutamento. Assodelivery ha, inoltre, deciso di costituire una Direzione per le relazioni industriali. Uno strumento che guardiamo con apprezzamento, poiché speriamo consentirà di approfondire ulteriormente il dialogo.
Come dicevamo all’inizio, è innegabile che esista ormai un mondo del lavoro legato alle nuove tecnologie e alla digitalizzazione. Un mondo fatto di piccoli e grandi lavori che spesso non godono della trasparenza e delle tutele dei lavori “tradizionali”. Al di là delle evoluzioni, però, la Uil è convinta che la lente con la quale guardare a questi fenomeni deve rimanere immutata perché su alcuni principi non può, e non deve esserci, discussione a prescindere dagli strumenti utilizzati: dignità del lavoro, centralità della persona e il valore della comunità rimarranno sempre la stella polare alla quale tende la nostra bussola.
Al centro, infatti, per la UIL, come già sottolineato, c’è il valore della persona in tutte le sue diverse accezioni. Lo sviluppo tecnologico, che deve essere guidato e non osteggiato, può davvero rappresentare una nuova frontiera e una grande opportunità soltanto se saremo in grado di renderlo sostenibile dal punto di vista non solo economico ma soprattutto sociale, occupazionale ed ambientale. La globalizzazione delle merci deve diventare anche una “globalizzazione del pensiero” per addivenire a un nuovo “umanesimo tecnologico” che sappia sempre salvaguardare ed incrementare uno sviluppo migliore per l’essere umano. Non ci attendono sfide facili, questo lo sappiamo, ma siamo altrettanto consapevoli che su questi temi, come ad esempio il caso dei riders, si giocherà parte della regolamentazione del lavoro del futuro. Siamo pronti ad innovare e ad innovarci, ma non saremo mai disponibili ad accettare che lo sviluppo economico del Paese venga perseguito sulle spalle e a danno delle lavoratrici e dei lavoratori.

 

 

 

 

 

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