Testo integrale con note e bibliografia
1. Il CCNL Rider ed il ricorso ex art. 28, St. Lav. promosso dalle OO.SS.
Nel settembre 2020 Assodelivery, UGL ed UGL Rider hanno siglato un CCNL per regolamentare «l’attività di consegna di beni per conto altrui, svolta dai lavoratori autonomi di cui al capo V-bis del D.Lgs. 81 del 2015, attraverso piattaforme anche digitali» .
Il contratto, siglato ai sensi dell’art. 47 quater, D.Lgs. n. 81/2015, seppur con l’incongruo richiamo all’art. 2, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 81/2015, disciplina il rapporto di lavoro dei riders espressamente affermandone la natura autonoma .
Tale qualifica, seppur conforme a quella dettata dal legislatore nel Capo V-bis del Jobs Act , ha costituito una delle maggiori ragioni di dissenso manifestate dalle confederazioni sindacali che hanno altresì espresso riserve circa la rappresentatività dei soggetti stipulanti ed il merito della disciplina, per quanto concerne in particolare il compenso dei riders.
I rilievi mossi dai sindacati sono stati recepiti dal Ministero del Lavoro (rectius, dal suo Ufficio legislativo) che nell’immediatezza della stipulazione ha trasmesso una nota critica ad Assodelivery “in un’ottica di collaborazione interistituzionale” e, constatata l’inutilità della moral suasion, ha successivamente ribadito – ed inasprito – le proprie critiche nella circolare n. 17 del novembre 2020 .
Successivamente all’applicazione del CCNL da parte delle principali piattaforme di Food delivery, applicazione che ha naturalmente reso necessaria la stipulazione con i riders di nuovi contratti di lavoro autonomo o di collaborazione, alcune federazioni della CGIL hanno promosso ricorsi ex art. 28, St. Lav. essenzialmente volti ad ottenere la disapplicazione del CCNL Rider per asserita carenza di rappresentatività dei soggetti stipulanti e l’inefficacia delle risoluzioni contrattuali disposte dalle piattaforme nei confronti dei riders che hanno rifiutano la stipulazione dei nuovi contratti.
Il ricorso promosso innanzi al Tribunale di Firenze è stato ritenuto inammissibile per carenza di legittimazione ex art. 28, St. Lav.
In particolare, il Tribunale fiorentino ha escluso la facoltà di esperire detto strumento processuale nei confronti di un soggetto che non rivesta il ruolo di datore di lavoro, a prescindere dall’eventuale qualificazione dei rapporti in termini di collaborazione etero-organizzata, rilevando come l’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 si riferisca unicamente alla disciplina sostanziale dei rapporti di lavoro.
A conclusioni opposte è giunto il Tribunale di Bologna nel decreto in commento.
2. Sulla legittimazione ad agire ex art. 28, St. Lav. in combinato disposto con l’art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015.
Come noto, l’art. 28, St. Lav. disciplina, con un rito ad hoc, le azioni promosse avverso comportamenti del datore di lavoro «diretti ad impedire o limitare l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale nonché del diritto di sciopero».
La legittimazione passiva è quindi inequivocabilmente delimitata alla posizione del “datore di lavoro” come affermato dalla giurisprudenza costituzionale ed ordinaria che, rilevata la natura eccezionale della norma, ne ha escluso l’estensione a rapporti di lavoro autonomo , societario e parasubordinato .
Nell’esaminare l’eccezione di carenza di legittimazione ex art. 28, St. Lav. formulata dalla società convenuta, il Tribunale di Bologna non si è discostato da tale orientamento come emerge dalla previa qualificazione dei rapporti di lavoro che sarebbe stata altrimenti ultronea.
Negata la natura subordinata dei rapporti di lavoro ed affermata invece la loro riconducibilità alle collaborazioni etero-organizzate ex art. 2, D.Lgs. n. 81/2015 , il giudice bolognese ha ritenuto esperibile il procedimento speciale in virtù del medesimo art. 2 che, come noto, dispone l’applicazione alle collaborazioni etero-organizzate della “disciplina del rapporto di lavoro subordinato” .
La motivazione si incentra quindi sulla portata di tale disposizione che il Tribunale, in motivato dissenso rispetto al citato decreto fiorentino ed invocando espressamente il canone dell’interpretazione costituzionalmente orientata, estende all’art. 28, St. Lav. sia per la mancata delimitazione del rinvio alle norme di natura sostanziale sia per la natura non meramente processuale della norma de qua e, comunque, per l’intreccio tra diritto processuale e sostanziale che si apprezza in particolare in caso di condotte plurioffensive.
Entrambi i rilievi non sono condivisibili.
La delimitazione del rinvio è implicita nel riferimento alla “disciplina del rapporto di lavoro subordinato” che concerne, come noto, norme di natura sostanziale.
La natura dell’art. 28, St. Lav. è invece pacificamente processuale con riferimento al rito e relativa legittimazione (attiva e passiva), come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità , senza pregiudizio alcuno per i diritti delle OO.SS., sottesi e preesistenti a tale norma , che possono essere tutelati con le forme del rito ordinario.
Nell’estendere il rinvio operato dall’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 all’art. 28, St. Lav. il Tribunale non ha inoltre considerato, al di là della natura sostanziale o processuale di tali norme, la loro diversa ratio di tutela dei collaboratori etero-organizzati (mediante l’estensione della disciplina del lavoro subordinato) e di tutela delle OO.SS. (mediante l’istituzione di un procedimento ad hoc per la rimozione dei comportamenti antisindacali) ed il conseguente loro diverso ambito di applicazione soggettivo.
La distinzione tra la dimensione individuale e quella collettiva è del resto pacificamente affermata dalla giurisprudenza che ha sempre negato valenza antisindacale alla mera violazione dei diritti individuali dei lavoratori .
In assenza di ogni riferimento nell’art. 2 citato alla posizione dei sindacati, tale distinzione preclude evidentemente ogni sua estensione a diritti (per di più di natura processuale) previsti a favore delle OO.SS.
A diversa conclusione non può giungersi in virtù del canone di interpretazione costituzionalmente orientata sia per il limite (invalicabile) del dato letterale dell’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015 sia per la natura processuale dell’art. 28, St. Lav. che rende la sua inapplicabilità alle OO.SS. rappresentative dei collaboratori etero-organizzati non lesiva delle loro prerogative e diritti sindacali che possono essere tutelati in giudizio secondo l’ordinario rito del lavoro.
3. Sulla carenza di un «valido potere negoziale» del sindacato UGL Rider.
Così riconosciuta la legittimazione delle OO.SS., il Tribunale di Bologna ha accolto nel merito il ricorso ritenendo che il CCNL Rider sia stipulato in assenza di un «valido potere negoziale» ai sensi dell’art. 47 quater, D.Lgs. n. 81/2015 .
In particolare, dal tenore letterale della norma nella parte in cui fa riferimento alle organizzazioni sindacali il giudice ha evinto la necessaria stipulazione del contratto da parte di una pluralità di sindacati salvo il caso di un’organizzazione «largamente maggioritaria».
Tale interpretazione non può essere condivisa.
Il dato letterale non ha alcuna valenza interpretativa del requisito normativo in quanto, riferendosi unitariamente alle organizzazioni sindacali ed a quelle datoriali, il legislatore non poteva che utilizzare la formula plurale .
Peraltro, l’uso della preposizione “dalle” non pare dirimente nello specifico contesto normativo ove sia in riferimento alle “organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative” sia in riferimento alle “associazioni sindacali comparativamente più rappresentative” sono indifferentemente utilizzate tanto la proposizione “dalle” quanto la proposizione “da” .
A diverse conclusioni non può giungersi in virtù della giurisprudenza indirettamente richiamata dal Tribunale nel suo riferimento alla nota del Ministero del Lavoro.
La giurisprudenza ivi citata si riferisce infatti ad un diverso contesto normativo nel quale il riferimento ai contratti siglati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative si colloca espressamente nel contesto di “una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria” al deliberato fine di arginare il fenomeno dei contratti “pirata” che sono tendenzialmente siglati proprio da singoli soggetti sindacali.
In quelle pronunce il riferimento alla rappresentatività dei soggetti stipulanti nonché alla sottoscrizione da parte di un’unica organizzazione (datoriale) costituisce peraltro un mero obiter avendo la Corte, in aderenza alle argomentazioni espresse dai giudici di merito, ritenuto dirimente la diversità del settore produttivo .
Così erroneamente affermata la necessaria stipulazione del CCNL da parte di una pluralità di soggetti, il giudice con un laconico «non sembra che il sindacato UGL Rider sia in possesso di tali requisiti» ha escluso la conformità del contratto ai requisiti di rappresentatività sanciti dall’art. 47 quater, D.Lgs. n. 81/2015.
A contrario può quindi desumersi che il Tribunale abbia ritenuto Assodelivery legittimato a stipulare il contratto in virtù della sua rappresentatività «largamente maggioritaria» così individuando, quale categoria di riferimento, l’attività di consegna di beni mediante piattaforme digitali.
Ciò rende la sinteticità della motivazione e, ancora prima, dell’accertamento francamente disarmante.
Nel (nuovo) settore del recapito di beni a domicilio tramite piattaforme digitali, che è caratterizzato da una sindacalizzazione “formale” bassa (per non dire minima) e dalla presenza di varie formazioni sindacali informali , certamente il Tribunale non avrebbe potuto negare nei termini di un “fatto notorio” la maggiore rappresentatività (assoluta o comparata che si voglia) di UGL Rider.
Oltre a disattendere il consolidato orientamento giurisprudenziale che richiede per la valutazione di detto requisito un accertamento specifico e concreto , il giudice ha così completamente ignorato le peculiarità della categoria.
Il vizio non è solo formale.
Considerando proprio la minima sindacalizzazione della categoria, non può affatto escludersi che UGL Rider sia il sindacato comparativamente più rappresentativo su base nazionale.
Ciò trova indiretta conferma nel dibattito che ha seguito la stipulazione del contratto de quo nel quale le Confederazioni CGIL, CISL e UIL e relative federazioni dedicate ai lavori atipici , pur contestando la maggiore rappresentatività comparativa del sindacato stipulante, si sono significativamente astenute dal rendere pubblici il numero dei propri iscritti tra i riders . Numeri che pertanto possono presumersi inferiori a quelli di UGL Rider.
Peraltro, dato che la stipulazione di contratti collettivi è pacificamente un indice di rappresentatività , in assenza di indici contrari quali la (minor) consistenza numerica degli iscritti o della diffusione territoriale rispetto ad altre OO.SS., può ritenersi che la stipulazione del contratto da parte di UGL Rider – che è, allo stato, l’unica organizzazione sindacale specificamente rappresentativa dei riders così come Assodelivery è l’unica organizzazione datoriale rappresentativa delle piattaforme digitali di Food delivery – di per sé manifesti la sua maggiore rappresentatività comparata.
Rappresentatività che non può nemmeno superarsi considerando una diversa (e più ampia) categoria contrattuale come prospettato re melius perpensa dal Ministero del Lavoro nella circolare n. 17/2020 al nemmeno troppo celato fine di porre in discussione pure la rappresentatività di Assodelivery .
Come unanimamente rilevato in dottrina , la categoria è definita dalle medesime parti sociali per cui la maggiore rappresentatività comparata dei soggetti stipulanti non può che essere esaminata in relazione alla categoria delineata nel contratto dai medesimi siglato.
Peraltro, la categoria determinata dal contratto de quo coincide perfettamente con quella definita dal legislatore nel Capo V-bis del Jobs Act ove si colloca la norma di rinvio alla contrattazione collettiva per cui il prospettato riferimento ad una diversa categoria – che si presume quella del trasporto merci e logistica – pare pure contra legem.
4. Sulla conseguente antisindacalità dell’applicazione del CCNL Rider da parte dell’impresa committente.
Così negata la conformità del CCNL Rider al requisito di rappresentatività sancito dal legislatore, il Tribunale ha infine affermato l’antisindacalità della sua (mera) applicazione da parte dell’impresa committente.
Nemmeno tale statuizione è condivisibile.
L’art. 47 quater, D.Lgs. n. 81/2015 richiede il requisito della maggiore rappresentatività comparata per la definizione di «criteri di determinazione del compenso complessivo che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente» prevedendo, in caso di mancata stipulazione di contratti collettivi, il diritto dei lavoratori ad «un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale».
La non conformità del CCNL Rider a detto requisito di rappresentatività si pone quindi esclusivamente sul piano della violazione dei diritti individuali legittimando i riders (e solo loro) a rivendicare l’applicazione dei minimi tabellari dei CCNL concernenti settori affini.
La sottoscrizione del contratto con un sindacato «carente di valido potere negoziale» e, a fortiori, la sua mera applicazione da parte delle società aderenti all’organizzazione datoriale stipulante non pregiudica invece in alcun modo le prerogative ed i diritti delle OO.SS.
Ciò con l’unica eccezione della natura “di comodo” del sindacato stipulante che di per sé varrebbe a conferire antisindacalità tanto alla stipulazione quanto all’applicazione del contratto.
Nel caso de quo, le OO.SS. ricorrenti non hanno però nemmeno evocato la natura di comodo di UGL Rider, evidentemente consapevoli che la sua appartenenza ad una confederazione ritenuta, al pari di CGIL, CISL ed UIL, maggiormente rappresentativa tra i lavoratori rendesse di per sé infondata una simile tesi.
Così pacificamente affermata la natura di legittimo interlocutore sindacale di UGL Rider, nell’ambito delle relazioni sindacali – uniche rilevanti ai sensi dell’art. 28, St. Lav. – la stipulazione del CCNL con tale sigla sindacale è legittima a prescindere dalla sua maggiore rappresentatività comparata e relativa conformità (o difformità) alla norma di rinvio.
In tal senso si è espressa la già citata giurisprudenza di legittimità rilevando come il rinvio ai minimi tabellari dei CCNL stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative «non fa venir meno il diritto delle organizzazioni minoritarie di esercitare la libertà sindacale attraverso la stipula di contratti collettivi» e, conseguentemente, la facoltà delle società cooperative di «scegliere il contratto collettivo da applicare» .
Invero, la stipulazione di un contratto con un unico sindacato, pure minoritario, rientra nell’ordinaria dinamica sindacale che prevede, oltre al confronto ed al conflitto tra le organizzazioni rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro, anche il confronto ed eventualmente il conflitto (in termini di politica sindacale e salariale) interno alle rispettive organizzazioni.
L’insussistenza di ogni profilo di antisindacalità nell’applicazione del CCNL siglato da organizzazioni sindacali minoritarie anziché del CCNL stipulato da quelle comparativamente più rappresentative è stata affermata da una recente pronuncia di merito rilevando che «l'utilizzazione del procedimento speciale qui azionato mira, inammissibilmente, per un verso, a soddisfare un interesse finale dei singoli e non invece ad ottenere la rimozione di un ostacolo all'esercizio della propria azione e, per altro verso , in modo nemmeno troppo velato, a risolvere la conflittualità tra sigle» .
A fortiori, in presenza di un solo CCNL di categoria stipulato peraltro dall’unica organizzazione datoriale rappresentativa del settore, la sua applicazione da parte delle imprese aderenti non può avere alcuna valenza antisindacale .
Valenza che non può nemmeno ravvisarsi, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, nella asserita “imposizione” del CCNL ai riders venendo nuovamente in rilievo solo i diritti dei singoli lavoratori.
Peraltro, a fronte della stipulazione del CCNL previsto dall’art. 47 quater, D.Lgs. n. 81/2015 e della conseguente determinazione dei compensi in maniera diversa rispetto alla prassi sino ad allora adottata e relativi contratti individuali, la società aveva certamente il diritto di richiedere la stipulazione di nuovi contratti conformi alla disciplina concordata in sede collettiva.
Ciò a prescindere dalla conformità (o meno) del CCNL ai requisiti previsti dalla norma di rinvio potendo i riders (e solo loro) proseguire la collaborazione e contestare, nelle competenti sedi giudiziarie, l’applicazione del contratto rivendicando i minimi tabellari previsti a favore dei lavoratori subordinati da CCNL di settori affini.
Azione che, a quanto consta, nessun rider ha sinora proposto.