testo integrale con note e bibliografia

rapporto ANVUR sull'equilibrio di genere

In base all’analisi di genere, contenuta nel Rapporto Anvur 2023 , negli ultimi venticinque anni, nel campo dell’istruzione di terzo livello, si sono registrati parecchi mutamenti. In Italia, il numero delle studentesse donne, che ha intrapreso un percorso di istruzione universitaria, “è aumentato in misura significativa ed ha messo in evidenza un nuovo fenomeno, quello del divario di genere nella scelta degli ambiti di studio”. Per ciò che riguarda i settori di studio, scelti dalle donne, a riscuotere un maggiore interesse sono le aree artistiche, umanistiche e sociali evidenziando una disparità di genere rispetto a quelli scelti dagli uomini, ossia le scienze ingegneristiche, tecnologiche e matematico-informatiche. Contemporaneamente, si evince un divario di genere per quanto concerne le posizioni apicali nelle carriere accademiche dove il numero delle donne, pur aumentando negli anni, si attesta su cifre inferiori. Nei dieci anni intercorsi tra il 2012 e il 2022, in generale, è evidente una diversa distribuzione e composizione di genere per tutti i ruoli, con prevalenza degli uomini rispetto alle donne. Quel che appare specificatamente manifesta è la disparità nella composizione di genere, se si considerano i dati relativi ai Professori Ordinari (PO) e ai Professori Associati (PA), dove a prevalere sono gli uomini. “Osservando la composizione di genere dei Professori Ordinari, Associati… nel decennio 2012-2022, vediamo come le donne appartenenti alla categoria dei Professori Ordinari passino dal 20,9% del 2012 al 27% nel 2022, mentre le donne nella categoria dei Professori Associati aumentino dal 34,9% nel 2012 al 42,3% del 2022”.
Si assiste, dunque, a un accrescimento del numero delle donne nei ruoli accademici più elevati, ma permane “una significativa differenza rispetto alla presenza maggioritaria degli uomini, in particolare tra i Professori Ordinari”. Scarso, invece, l’aumento di donne nella categoria dei Ricercatori a tempo determinato (RTD) che passano dal 43,1% nel 2012 al 44,1% nel 2022 a fronte, però, di una leggera diminuzione della percentuale maschile (da 56,9% si scende al 55,9%). In base all’elaborazione dei dati MUR sul personale accademico per genere e qualifica (anni 2012-2022, aggiornati a febbraio 2023) nei vari ambiti scientifici e a distanza di dieci anni, si evince un aumento delle donne appartenenti alla qualifica dei Professori Ordinari, in tutte le aree CUN, da quello più lieve nell’Area 4, Scienze della Terra (+1,3%), a quelli più importanti nell’Area 3 (Scienze Chimiche, + 15,4%) e nell’Area 7 (Scienze Agrarie e Veterinarie, +10,1%). Per la categoria dei Professori Associati, le aree in cui risulta evidente un maggior incremento delle donne nel 2022 rispetto al 2012 sono l’Area 8 (Ingegneria Civile ed Architettura, +14,3%), l’Area 6 (Scienze Mediche, + 12,5%) e l’Area 3 (Scienze Chimiche, + 11,7%); le uniche aree in cui si riscontra un calo delle donne PA sono l’Area 1 (Scienze Matematiche e Informatiche, -4,5%) e l’Area 4 (Scienze della Terra, -0,8%). Per la categoria dei Ricercatori Universitari a tempo indeterminato, ormai a esaurimento, le uniche aree in cui si verifica una diminuzione delle donne sono l’Area 1 (Scienze Matematiche e Informatiche, -0,5%) e l’Area 9 (Ingegneria Industriale e dell’Informazione, -1,9%). Infine, per la categoria dei Ricercatori a tempo determinato, a distanza di dieci anni diminuiscono in percentuale le donne nelle Aree 1, 4, 7, 8 e 10 (Scienze Matematiche e Informatiche, -6,3%, Scienze della Terra, -11%, Scienze Agrarie e Veterinarie, -0,5%, Ingegneria Civile ed Architettura, -0,7%, Scienze antiche, filosofiche e letterarie, -9%). Tornando ai PO, ad esempio, nell’area 13 (Scienze economiche e sociali), nel 2012 i PO erano 1169 maschi (79,8%) contro 296 donne (20,2%); nel 2022 i PO raggiungono la cifra di 1319 maschi (73,2%) e di 483 donne (26,8%). Un piccolo aumento delle donne PO, ma è da sottolineare che la percentuale resta assai squilibrata nel confronto con gli uomini. All’interno di questa area è da sottolineare che i PO donne di Storia economica nel decennio hanno subito una perdita di -5,7, mentre i PA sono aumentate del 3,7%.
A scorrere tutte le tabelle, di cui è corredato il Rapporto ANVUR, risultano evidenti le disparità di genere nelle Scienze Mediche (area 06) e nelle Scienze Giuridiche (area 12). Nella prima area, nel 2012 la percentuale delle donne PO era al 13,1% contro l’86,9% dei maschi. Nel 2022 la percentuale delle donne PO aumenta al 20,8% mentre i maschi si attestano al 79,2%. I PA donne passano dal 24,9% al 37,4% mentre gli uomini, dalla percentuale altissima del 75,1%, scendono al 62,6%. Barriere visibili e invisibili hanno fatto sì che mentre tra i ricercatori, sia RU che RTD, le donne hanno raggiunto percentuali altissime tra il 45, 3% e il 48,4% , le percentuali per i PO e i per i PA si fermano rispettivamente al 20,8% e al 37,4%.
Per quando riguarda le Scienze giuridiche (area 12), pur essendo il livello di disparità tra donne e uomini inferiori a quello delle Scienze Mediche, tuttavia i PO donne passano dal 20,9% al 28,8% e gli uomini, partendo nel 2012 da 79,1%, scendono a 71,2%. Diversa la situazione dei PA che passano dal 36,1% al 45,2% contro il 63,9% dei maschi nel 2012 che scendono nel 2022 al 54,8%. Una situazione di quasi parità molto simile a quella presente tra i ricercatori. Analizzando però i dati scorporati, all’interno della stessa area 12, i PO crescono di poco per il Diritto penale (0,6%), per il Diritto privato (5,5%) mentre raggiungono il 12,6% nel Diritto ecclesiastico e canonico, il 10,25% nel Diritto romano e dell’antichità, il 6,8% nella Storia del diritto medievale, dell’11,4% nel diritto comparato, del 15% nel Diritto dell’economia e dei mercati finanziari ed agroalimentari. Non diversa la situazione dei PA. Le maggiori crescite, in percentuale, si manifestano nel diritto ecclesiastico e canonico (24,1%), nel diritto del lavoro (13,7%), nel diritto comparato (20,9%).
In un quadro complessivo, la percentuale di donne che riescono ad accedere ai livelli più alti di carriera è nettamente inferiore rispetto a quella degli uomini. Questo fenomeno rilevato in diversi settori produttivi e aziendali e definito come glass ceiling, cioè soffitto di cristallo, “appare egualmente evidente in ambito accademico e si configura come un insieme di barriere, all’apparenza invisibili, di tipo sociale, culturale e psicologico” che compromettono il raggiungimento di pari diritti e l’opportunità di avanzamento, nonché la progressione di carriera e l’uso efficiente delle risorse lavorative. Analizzando i dati i CRUI, relativi ai Rettori e alle Rettrici delle Università Italiane, dei 99 Rettori e Rettrici in carica nell’anno 2022, solo dodici di questi (12,1%) sono donna. Questa percentuale era al 7,5% nell’anno 2012, quando erano in carica 93 Rettori e Rettrici. La presenza femminile al vertice della governance di un ateneo, pur avendo registrato un incremento, è rimasta abbastanza limitata così come appare ristretto il numero di candidate donne per il ruolo di commissario nella procedura di Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), la cui selezione avviene in base a criteri di produttività e qualità scientifica piuttosto rigorosi. Il rapporto tra aspiranti commissari donne e uomini è di quasi 1 a 5 (circa il 22%), come risulta dai dati ASN, e tale sproporzione permane con le nomine dei commissari essendo la diretta conseguenza della composizione di genere dei Professori Ordinari. A riprova, cito il fatto che essendo stata nominata commissaria ASN, in una delle passate tornate, mi sono ritrovata ad essere l’unica donna tra i 4 commissari uomini.
Anche nella composizione dei Nuclei di Valutazione delle Università, secondo i dati MUR-Cineca, la componente maschile risulta maggiore rispetto a quella femminile (63,5% contro il 36,5% ). A livello geografico, le donne sono presenti in numero maggiore nei Nuclei di Valutazione degli atenei del Centro e del Nord Ovest: il numero di uomini è, tuttavia, sempre circa il doppio di quello delle donne (37% la presenza femminile rispetto al 63% di quella maschile) ad eccezione del Nord Est dove la differenza tra componente femminile e quella maschile si riduce (46% la prima e 54% la seconda). Negli atenei di maggiore dimensione, la percentuale di donne nelle Università del Nord Est è uguale a quella degli uomini, mentre è pari al 40% circa negli atenei del Centro e del Nord Ovest. In quelli di dimensione medio grande, la percentuale maggiore di donne, circa il 45%, si osserva nei nuclei degli atenei del Centro e del Nord Est, mentre la componente femminile è ampiamente inferiore rispetto a quella maschile nel Sud (29% rispetto al 71%) e nelle isole (17% rispetto all’83%). Per gli atenei medio piccoli e piccoli, infine, la componente femminile è mediamente inferiore a quella maschile (circa il 33%) ad eccezione del Nord Est, con percentuali pari o superiori al 40%, e delle isole per i soli atenei di piccole dimensioni. Altro indicatore utile viene ritenuto quello relativo ai docenti titolari di cattedre UNESCO nate nel 1992 per promuovere la collaborazione internazionale interuniversitaria e la condivisione di conoscenze. In Italia le cattedre UNESCO sono in tutto 43 e di queste solo 9 (20,9%) vedono una donna come titolare della cattedra.
Riassumendo, potremmo dire che il quadro di genere, nei vari passaggi di carriera accademica, è caratterizzato da una struttura a forbice con “una maggioranza delle donne fino al momento del dottorato di ricerca, a cui segue un classico collo di bottiglia proprio nella giunzione della posizione propedeutica al ruolo (tenure track), collocata in una classe di età cruciale per lo sviluppo della carriera”. E il soffitto di cristallo è una metafora indicativa per denotare una situazione in cui l'avanzamento di carriera di una donna, in una organizzazione lavorativa o sociale, o il raggiungimento della parità di diritti, viene impedito da discriminazioni e sbarramenti che vanno dalla tutela degli interessi privati del potente PO - che possiede studi megagalattici da mandare avanti - a logiche di natura sociale, culturale, psicologica, in apparenza invisibili e negati dagli uomini, ma reali e insormontabili. Tra questi ultimi, il familismo amorale è un fenomeno abbastanza difficile da estirpare. Eppure, basti leggere i cognomi dei PO uomini di tanti dipartimenti importanti delle Università meridionali, ma anche quelli di alcuni dipartimenti delle Università settentrionali, per accorgersi che tra i professori ordinari uomini ricorrono più e più volte gli stessi importanti cognomi. E alle figlie non ci pensano? Certo che ci pensano ma, tenuto conto che la carriera universitaria - tra ricerca, pubblicazioni, didattica, gradi di giudizio - è assai dura e che le donne devono accudire anche i nipotini, preferiscono collocarle in posti di prestigio remunerativi ma meno impegnativi. Inoltre, se si sposeranno con un docente universitario in carriera possono stare tranquille perché presto avranno un PO come capofamiglia.

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