testo integrale con note e bibliografia

EUROSTAT EU GENDER-BASED VIOLENCE SURVEY

REPORT ISTAT SULLE MOLESTIE 

ilo - preventing and addressing violence

Il Report in epigrafe appare degno di nota in quanto rappresenta un vero e proprio balzo in avanti dell’OIL in materia di contrasto alla violenza e molestie sul luogo di lavoro.
Come noto, sul punto esiste dal 2019 una Convenzione ad hoc: la n. 190 , nella quale l’OIL non solo ha “etichettato” per la prima volta expressis verbis la violenza e le molestie come violazioni dei diritti umani (sancendo conseguentemente sia un divieto di porle in essere, sia un obbligo di prevenirle e combatterle rivolto a “tutti gli attori del mondo del lavoro” ), ma si è preoccupata anche di definirle.
In particolare, a norma della Convenzione, costituiscono violenza e molestie sul lavoro tutti quei “comportamenti e pratiche inaccettabili, singoli o ripetuti, che mirano a, provocano o possono provocare danni fisici, sessuali o economici” che “si verifichino in occasione di lavoro, in connessione col lavoro o che scaturiscano dal lavoro” .
La Convenzione, tuttavia, non ha sinora riscosso molto successo se è vero che, da un lato, è stata ratificata, ad oggi, da appena il 25% degli Stati membri dell’OIL e, dall’altro, anche gli Stati che l’hanno adottata non paiono essersi impegnati più che tanto nella sua implementazione a livello nazionale.
Da qui la particolare importanza del Report in epigrafe con il quale l’OIL, con l’evidente finalità di incoraggiare gli Stati membri ad adottare e implementare la Convenzione, indica quale sia la direzione da seguire per una sua efficace “messa a terra”.
Ai fini della nostra rubrica quello che interessa in questo documento - particolarmente corposo ed analitico - sono i seguenti aspetti.
In primis, il Report chiarisce che l’attuazione dei sistemi di prevenzione e dei programmi di intervento contro la violenza e le molestie sul lavoro non può essere lasciata - come invece molti Stati sembrano fare - alla legislazione antidiscriminatoria e, in particolare, a quella a tutela delle donne. La debolezza di tale approccio è evidente se solo si considera che la normativa antidiscriminatoria, per un verso, appare ontologicamente settoriale (in quanto si limita a tutelare da atti violenti o molesti solo i lavoratori portatori di caratteristiche tradizionalmente considerate meritevoli di tutela) e, per altro verso, risulta implementata, di regola, da strumenti di soft law che, seppur utili, appaiono inevitabilmente fragili sotto il profilo della loro efficacia (quali: i codici di condotta, le linee guida, gli standard nazionali, gli strumenti di formazione e i servizi pratici come quelli di informazione e consultazione).
Sebbene infatti i dati ci dicano che violenza e molestie vengono perpetrati maggiormente verso i gruppi tradizionalmente protetti dalla normativa antidiscriminatoria (e in particolare le donne ), si tratta nondimeno di fenomeni che, essendo di regola diretti verso i lavoratori più fragili in senso lato, sono potenzialmente in grado di colpire chiunque. Da qui l’importanza di riconosce a tutti i lavoratori il diritto ad un ambiente di lavoro libero da violenza e molestie.
Alla luce di queste considerazioni il Report chiarisce come l’unico modo per arrivare ad un efficace contrasto dei fenomeni in parola sia inserendo questi ultimi tra i rischi psicosociali presenti all’interno delle legislazioni nazionali in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Tra i numerosi vantaggi che presenta tale approccio, il Report enumera i seguenti:
i) l’elevato grado di protezione che questo tipo di tutela assicura ai lavoratori (visto che la legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è di regola tra quelle col più ampio ambito di applicazione - anche grazie al recente inserimento di un ambiente di lavoro sicuro e salubre tra i principi e diritti fondamentali enumerati dalla Dichiarazione dell'OIL del 1998 -);
ii) l’assicurazione di una tutela rivolta non solo alla protezione ma anche alla prevenzione (vocazione quest’ultima propria, come noto, della legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro);
iii) la cooperazione tra tutti gli attori in fase di attuazione della normativa (visto l’approccio integrato che tradizionalmente caratterizza proprio la legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro);
iv) la possibilità di colpire anche comportamenti che, pur non integrando tutti gli elementi necessari per la configurazione di fattispecie per così dire tipiche (come ad esempio le discriminazioni), rappresentano nondimeno un pericolo per la salute dei lavoratori.
Ciò precisato, dall’analisi a campione della normativa nazionale dei paesi membri circa la messa a terra della Conv. n. 190/2019 - brevemente illustrata nel Report in esame -, appare evidente quanta sia ancora lunga la strada da percorrere in questa direzione.
Eppure, i dati ci dicono che la violenza e le molestie sul luogo di lavoro sono eventi assai pericolosi per almeno quattro ragioni.
Si tratta, infatti, di fenomeni:
- trasversali, essendo presenti in tutti i paesi, in tutti i settori produttivi e a danno di tutte le tipologie di lavoratori;
- pervasivi, dal momento che non si verificano solo sul luogo di lavoro ma anche durante il tragitto verso o dal lavoro, nello spazio digitale attraverso le comunicazioni legate al lavoro, durante le trasferte, gli eventi o le attività sociali legate al lavoro;
- occulti, in quanto messi in atto assai spesso in modo “sottile” per non essere “intercettati” e sanzionati come vere e proprie ipotesi di discriminazione (figura, quest’ultima, oramai protetta, seppur in diversa misura, pressoché da tutte le legislazioni nazionali);
- diffusi, soprattutto nella dimensione psicologica (anche a seguito dell’incremento dell’uso di internet per scopi lavorativi), dal momento che una persona su cinque tra gli occupati dichiara di aver subito comportamenti violenti o molesti nel corso della propria vita lavorativa.
Se a ciò aggiungiamo che, da un lato, in molti paesi la normativa a tutela della salute e sicurezza sul lavoro si limita alla sola dimensione fisica, escludendo completamente i rischi psicosociali e, dall’altro - come del resto ben chiarito dalla stessa Conv. n. 190/2019 -, la violenza e le molestia sono fenomeni non solo ad alta pericolosità individuale e collettiva (a causa delle ripercussioni che determinano sia “sulla salute psicologica, fisica e sessuale” della vittima, sia sul suo “ambiente familiare e sociale”), ma anche dall’indubbio impatto economico (a causa delle loro ricadute negative sull’organizzazione del lavoro e dunque sulla produttività e, quindi, inevitabilmente, anche sulla reputazione delle imprese), non vi è chi non veda la necessità di una implementazione rapida ed efficace della Convenzione.
Da qui l’importanza del Report in epigrafe che sembra muoversi proprio in questa direzione.

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