testo integrale con note e bibliografia
1. Disciplina applicabile.
1.1. L’evoluzione delle regole sulla flessibilità nella P.A.: individuazione del regime applicabile ratione temporis
E’ noto che la disciplina del lavoro flessibile nel pubblico impiego privatizzato ha subito alterne vicende, come reso palese dai continui cambiamenti apportati all’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 (e, prima, al medesimo articolo del d.lgs. n. 29 del 1993).
In considerazione della successione delle diverse discipline nel tempo, assume rilievo il principio, già consolidato nella giurisprudenza della Sezione Lavoro ed ora ribadito dalle Sezioni Unite, per il quale, «in caso di successione di leggi nel tempo la legittimità della clausola di durata apposta al contratto a tempo determinato e le conseguenze che derivano dall’invalidità della stessa devono essere valutate facendo applicazione della disciplina vigente al momento dell’instaurazione del rapporto» (Cass. Sez. U 22/02/2023 n. 5542). Nel caso esaminato dal Supremo Collegio, si è reso necessario ricostruire l’evoluzione della complessa normativa del rapporto di lavoro a tempo determinato alle dipendenze degli enti lirici – connotata da specialità, rispetto a quella generale applicabile ai rapporti di diritto privato – sia con riferimento ai requisiti necessari per la valida apposizione del termine, sia in relazione alle conseguenze dell’accertata nullità della clausola appositiva del termine.
1.2. Successione di contratti a termine: limite di 36 mesi
Altro aspetto di rilievo è quello concernente le modalità di applicazione del limite di durata complessiva di 36 mesi, previsto per il caso di successione di contratti a tempo determinato dall’art. 5, comma 4-bis, d.lgs. n. 368 del 2001, termine ritenuto applicabile anche all’impiego pubblico privatizzato. In particolare, la Sezione lavoro ha affrontato la questione sul piano della potenziale efficacia interruttiva della sequenza rilevante ai fini del computo del limite di durata massima da attribuire alla circostanza che l’assunzione a termine sia avvenuta, di volta in volta, all’esito di distinti concorsi pubblici (la tesi sostenuta dall’amministrazione era per l’appunto che il rispetto del termine di durata complessiva andrebbe verificato rispetto a ciascuna procedura concorsuale in forza della quale avviene la assunzione a termine). La valutazione è stata in senso sfavorevole alla legittimità della successione contrattuale, ravvisandosi, pertanto, un’ipotesi di abusiva reiterazione, non solo perché il contrario assunto non trova risconto nella lettera della norma, che non fa riferimento alle modalità in forza delle quali avviene l’assunzione a termine, ma soprattutto perché tale interpretazione non è conforme alla finalità di prevenzione dell’abuso derivante dalla successione di contratti a termine, in attuazione della clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE.» (Cass. Sez. L 04/03/2021, n. 6089).
1.3. Apposizione del termine – determinazione della durata
Con riferimento alla proroga del contratto a tempo determinato di un dipendente pubblico è stata reputata legittima l’indicazione, in aggiunta al termine fisso finale, di un termine mobile per relationem collegato all’immissione in servizio di personale a tempo indeterminato all’esito di procedure concorsuali o di mobilità, in quanto tale clausola, oltre a perseguire interessi meritevoli di tutela correlati ad esigenze occupazionali temporanee, non costituisce una condizione meramente potestativa, essendo ancorata a presupposti oggettivi che esulano dalla volontà arbitraria dell’amministrazione (così, Cass. Sez. L 15/02/2021, n. 3817). La Corte ha, infatti, ritenuto che «la possibilità di prevedere un termine non rigidamente prefissato ma ancorato al venir meno dell’esigenza temporanea di lavoro, sia in caso di carenza di organico che di esigenza sostitutiva, è connaturata al rapporto di lavoro a termine», così come nella proroga del lavoro a termine «è ben possibile apporre un limite di durata del rapporto determinato per relationem con riferimento a dati obiettivamente verificabili».
Il principio, pienamente in linea con i precedenti citati nella pronuncia, va comunque applicato tenendo conto dell’interpretazione della Corte di Giustizia UE (in particolare, 03/06/2021, Instituto Madrileño de Investigación y Desarrollo Rural, Agrario y Alimentario, C-726/19, che richiama, in diversi passaggi la sentenza del 26 novembre 2014, Mascolo e a., C‑22/13, da C‑61/13 a C‑63/13 e C‑418/13), ove si paventa il rischio che, attraverso la stipula di un contratto a tempo determinato in attesa dell’espletamento delle procedure di assunzione avviate al fine di coprire definitivamente posti vacanti di lavoratori nel settore pubblico, si consenta il rinnovo di contratti a tempo determinato senza indicare un termine preciso per l’espletamento di tali procedure.
1.4. Divieti di apposizione del termine
E’ stata affermata la piena applicazione anche alle pubbliche amministrazioni del divieto di stipulare contratti di lavoro subordinato a termine per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, previsto dall’art. 3 del d.lgs. n. 368 del 2001, poiché tale disposizione costituisce norma imperativa, la cui ratio, diretta alla più intensa protezione dei lavoratori rispetto ai quali la flessibilità d’impiego riduce la familiarità con l’ambiente e gli strumenti di lavoro (così, Cass. Sez. L 24/06/2020, n. 12499).
1.5. Decadenza ex art. 32 l. n. 183 del 2010: decorrenza
Sancita l’applicabilità della decadenza introdotta dall’art. 32 della l. n. 183 del 2010 anche al pubblico impiego privatizzato, in virtù del generale richiamo alla disciplina privatistica contenuto negli artt. 2, comma 2, e 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, è stato affermato (Cass. Sez. L, 11/03/2022 n. 8038) che in caso di conclusione tra le stesse parti di più contratti a termine, la decadenza decorre dalla cessazione di ciascuno di essi, giacché il citato art. 32, in tutte le versioni succedutesi nel tempo, àncora il termine di impugnazione alla cessazione dello specifico contratto il cui termine è in discussione, salvo si accerti che, permanendo il rapporto contrattuale negli apparenti intervalli non lavorati, la successione dei più contratti a termine derivi dal frazionamento artificioso di un unico contratto, in frode alla legge, ipotesi in cui il termine decorrerà dalla cessazione effettiva di tale unico ed ininterrotto rapporto contrattuale.
E’ stato, tuttavia, chiarito (Cass. Sez. L, 16/02/2023 n. 4960) che, in caso di azione promossa dal lavoratore per l’accertamento dell’abuso successione di contratti a tempo determinato, la decadenza decorre dall’ultimo contratto della serie che concorre ad integrare l’abusivo ricorso al termine, atteso che la sequenza contrattuale che precede l’ultimo contratto rileva come dato fattuale, che concorre ad integrare l’abuso stesso.
1.6. Divieto di conversione ex art. 36 d.lgs. n. 165 del 2001: ambito di applicazione e fondamento
Diverse pronunce si sono occupate dall’ambito di applicazione e del fondamento del divieto di conversione del rapporto a tempo indeterminato, stabilito dall’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001.
In particolare, in esito ad ampia e meditata ricostruzione normativa e giurisprudenziale, l’applicazione del divieto è stata ribadita anche nell’ipotesi di utilizzo di graduatorie concorsuali o di procedure di reclutamento ex art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001 (Cass. Sez. L 28/03/2019 n. 8671, che circoscrive come isolata la valenza del precedente rappresentato da Cass. Sez. L 15/10/2018, n. 25728), nonché per i rapporti di lavoro a termine posti in essere dalle pubbliche amministrazioni mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per le qualifiche ed i profili per i quali è richiesto il requisito della scuola dell’obbligo, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 165 del 2001 (Cass. Sez. L 15/06/2020 n. 11537, con cui si limita la portata di Cass. Sez. L 22/04/2010, n. 9555).
Il fondamento del divieto è rinvenuto nell’art. 97 Cost., non solo con riferimento alla regola del concorso ma anche al buon andamento dell’amministrazione, in termini di programmazione delle assunzioni e del controllo della spesa pubblica (principio ribadito di recente da Cass. Sez. L 30/12/2021 n. 42004).
2. Contratto a tempo determinato: fattispecie particolari
2.1. Volontari del Corpo dei vigili del fuoco
Con riferimento al contenzioso insorto in ordine alla posizione dei volontari del Corpo dei Vigili del fuoco, è stata esclusa la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo determinato con la P.A., trattandosi di personale che svolge una funzione non suppletiva ma emergenziale, collegata ad eventi eccezionali e di durata ed entità non prevedibili, sicché gli stessi non ricadono nell’ambito di applicazione dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CE, né possono rivendicare una stabilizzazione o chiedere, in alternativa, il risarcimento del danno ex art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 (così, Cass. Sez. L 13/01/2021, n. 439).
2.2. Docenti di religione
E’ stato anche affrontato il regime speciale di assunzione dei docenti di religione cattolica nella scuola pubblica, di cui alla l. n. 186 del 2003, per affermare che costituisce abuso sia il protrarsi di rapporti annuali a rinnovo automatico, o comunque senza soluzione di continuità per un periodo superiore a tre annualità scolastiche, in mancanza di indizione del concorso triennale, sia l’utilizzazione discontinua del docente, in talune annualità, per ragioni di eccedenza rispetto al fabbisogno, allorché si determini una durata complessiva superiore alle tre annualità, sorgendo, in ipotesi di abuso, il diritto al risarcimento del danno c.d. eurounitario e non alla trasformazione a tempo indeterminato (così Cass. Sez. L 09/06/2022, n. 18698). In motivazione, premessa l’ampia ricostruzione del complessivo quadro di riferimento, la S.C. ha richiamato la pronuncia della Corte di Giustizia UE 13 gennaio 2022, YT e altri, C-282/19, svolgendo un ragionamento per certi versi analogo a quello già utilizzato per la reiterazione dei contratti a termine su posti vacanti nel sistema scolastico generale, per affermare che «la complessiva durata massima di trentasei mesi costituisce un parametro tendenziale del sistema delle assunzioni a tempo determinato che porta ad allineare, ferma la specialità del d.lgs. n. 165 del 2001, il settore privato e il settore pubblico, se pur esclusivamente in ordine al limite temporale oltre il quale è configurabile l’abuso». Sono esclusi dai casi di abuso, i contratti a termine stipulati, per una durata infra-annuale, in concomitanza con effettive necessità temporanee, per la sostituzione di un docente di ruolo o comunque precedentemente incaricati, oppure dei contratti stipulati nello stretto tempo necessario all’immissione in ruolo o a concludere procedure concorsuali sempre per l’assunzione in ruolo.
2.3. Dirigenza medica
Nel settore della dirigenza medica, il rinnovo dei contratti a tempo determinato stipulati per l’attribuzione di incarichi ex art. 15-septies, comma 2, del d.lgs. n. 502 del 1992, ratione temporis applicabile (nella specie, l’incarico si era svolto nell’arco di un decennio, dal luglio 2002 al luglio 2012, e dunque il testo applicabile era quello antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 13 settembre 2012 n. 158), è ammissibile se persistono le esigenze temporanee e venga comunque rispettato il limite massimo di durata del rapporto fissato dalla norma, la quale - benché insuscettibile, atteso il suo carattere di specialità, di essere integrata con la disciplina generale prevista per le assunzioni a termine - va comunque interpretata alla luce della clausola 5 dell’accordo quadro allegato alla direttiva n. 1999/70/CEE e del principio costituzionale dell’accesso all’impiego, anche temporaneo, solo a seguito di concorso pubblico (così Cass. Sez. L 26/04/2022, n. 13066).
2.4. Collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre
Il divieto di conversione del rapporto a tempo indeterminato, in assenza di esigenze temporanee, a norma dell’art. 4 del d.l. n. 120 del 1995, conv. nella l. n. 236 del 1995, è stato confermato anche per le assunzioni a termine dei collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre, poiché l’art. 4 del d.l. n. 120 del 1995, nel prevedere che i vincoli di compatibilità con le risorse disponibili nei bilanci e di selezione pubblica con modalità disciplinate dalle università secondo i rispettivi ordinamenti, rispondenti al principio di “buon andamento e imparzialità dell’amministrazione” (ex art. 97 Cost.), esclude tale conseguenza (così Cass. Sez. L 29/10/2021, n. 30909).
2.5. Assunzioni a termine disciplinate da leggi regionali
Particolarmente nutrito e complesso, per la necessità di rapportare la disciplina locale ai principi generali, il contenzioso originato dalle assunzioni a termine disciplinate da leggi regionali.
Fra le più recenti pronunce si segnalano:
- quanto ai Consorzi di bonifica della Regione Sicilia, è stata esclusa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, considerato che la l.r. Sicilia n. 76 del 1995 non deroga al divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato dall’art. 32 della l.r. n. 45 del 1995 ma si pone in linea di continuità sistematica con quest’ultima (Cass. Sez. L 09/01/2019 n. 274);
- l’applicazione del divieto di conversione del rapporto è stato ribadito anche per il consorzio Autostrade siciliane, in ragione della natura di ente pubblico non economico, istituito ai sensi dell’art. 16 della l. n. 531 del 1982 (Cass. Sez. L 11/02/2021 n. 3558)
- quanto ai rapporti di lavoro degli addetti alla sistemazione idraulico forestale ed idraulico agraria alle dipendenze della Regione Valle d’Aosta, benché soggetti alla disciplina di un c.c.n.l. di natura privatistica, il divieto di conversione in rapporto a tempo indeterminato è stato affermato in considerazione della natura del datore e dell’inerenza delle prestazioni ai fini istituzionali dell’ente, a presidio delle esigenze di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (Cass. Sez. L 26/05/2020 n. 9786);
- è stato inoltre escluso che gli artt. 92 e 94 della l.r. Sardegna n. 11 del 1988, nel prevedere la possibilità di avvalersi di contratti a tempo determinato per la realizzazione di progetti avviati dall’amministrazione regionale, possano legittimamente derogare ai limiti previsti per la disciplina delle assunzioni dalla legislazione statale, nel senso di consentire una reiterazione illimitata dei contratti a termine, ponendosi ogni diversa interpretazione in contrasto sia con i parametri costituzionali, atteso che la disciplina del lavoro nelle pubbliche amministrazioni contenuta nel d.lgs. n. 165 del 2001 è riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, sia con la direttiva 1999/70/CE Cass. Sez. L 29/12/2021 n. 41896);
2.6. Reclutamento del personale da parte di società cd. in house
Altro tema di difficile ricomposizione a sistema è quello del reclutamento del personale da parte delle società cd. in house.
In particolare, secondo Cass. Sez. L 23/07/2019 n. 19925, per le società a totale partecipazione pubblica, il reclutamento del personale ex art. 18, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in l. n. 133 del 2008, come modificato dalla l. n. 102 del 2009 di conversione del d.l. n. 78 del 2009 - ove è previsto che le società in questione adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità -, deve avvenire mediante procedure selettive che rispettino la regola del concorso pubblico, sicché la violazione di tale disposizione, avente carattere imperativo, impedisce la conversione in rapporto a tempo indeterminato del contratto a termine affetto da nullità.
E’ stato tuttavia precisato che nel caso in cui non sia applicabile ratione temporis l’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif. in l. n. 133 del 2008 - con il quale il legislatore ha esteso alle società in house le limitazioni imposte alle pubbliche amministrazioni nelle procedure di reclutamento del personale - è ammissibile la conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (Cass. Sez. L 01/03/2023 n. 6171).
In chiara perimetrazione dei limiti di applicazione del regime della disciplina del lavoro pubblico, è stato affermato che il rapporto alle dipendenze delle società a controllo pubblico non è disciplinato dal d.lgs. n. 165 del 2001, bensì, in assenza di una disciplina derogatoria speciale, dalle norme del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro alle dipendenze di privati, con la conseguenza che l’art. 18 del d.l. n. 112 del 2008, conv. con modif, dalla l. n. 133 del 2008, e la legislazione della Regione Sicilia che fa divieto alle società a partecipazione totale o maggioritaria della Regione di procedere all’assunzione di nuovo personale, imponendo il contenimento della spesa per il personale, non comportano una deroga all’applicazione, quanto alla disciplina delle mansioni, dell’art. 2103 c.c. (così, Cass. Sez. L 01/12/2022 n. 35421).
2.7. Fondazioni lirico-sinfoniche: Cass. SU 22/02/2023, n. 5542
Con l’importante arresto sopra indicato, le Sezioni Unite hanno affrontato ex professo la disciplina delle fondazioni liriche-sinfoniche, giungendo ad affermare, in esito a puntuale ricostruzione evolutiva della disciplina di riferimento, che: a) l’obbligo di specificazione delle ragioni tecniche, produttive, organizzative o sostitutive ex art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001 non può essere soddisfatto, per le fondazioni lirico-sinfoniche, attraverso la sola indicazione dello spettacolo o dell’opera; b) nei casi di nullità del termine, l’instaurazione del rapporto a tempo indeterminato è impedita dalle norme imperative settoriali, vigenti al momento della stipulazione del contratto, che fanno divieto assoluto di assunzione a tempo indeterminato o subordinano l’assunzione a specifiche condizioni oggettive e soggettive, come il previo esperimento di procedure pubbliche concorsuali o selettive, principio che assume portata generale.
2.8. Ricercatori universitari: assunzione a termine e rinnovi.
La Corte di Giustizia UE, con la sentenza 15 dicembre 2022, AQ e a, C-40/20 e C-173/20, ha riconosciuto la peculiarità della disciplina prevista dalla l. n. 240 del 2010, sui ricercatori universitari, reputando conclusivamente che la clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, in allegato alla direttiva 1999/70/CE, non osta a una normativa nazionale che consente alle università di stipulare con i ricercatori contratti a tempo determinato di durata triennale, prorogabili di due anni al massimo, ancorché non contenga precisazioni quanto al carattere reale e provvisorio delle esigenze da soddisfare mediante il ricorso a contratti a tempo determinato, perché contiene due delle misure indicate alla clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro, ossia una misura riguardante la durata massima totale dei contratti a tempo determinato e una misura riguardante il numero di possibili rinnovi. Va, peraltro, evidenziato che la Corte ha valorizzato la peculiarità del posto di ricercatore, concepito come la prima tappa nella carriera di un accademico, essendo tale ricercatore destinato, in ogni caso, a evolvere verso un altro posto, vale a dire un posto di docente, in qualità di professore associato in un primo tempo e in qualità di professore ordinario in un secondo tempo; inoltre, quanto al fatto che la proroga di due anni dei contratti è subordinata alla positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca effettuate, le «esigenze particolari» del settore interessato possono ragionevolmente consistere, per quanto riguarda il settore della ricerca scientifica, nella necessità di garantire l’evoluzione della carriera dei diversi ricercatori in funzione dei loro rispettivi meriti, i quali devono di conseguenza essere valutati. D’altro canto, i giudici europei hanno anche reputato che la medesima clausola non osta ad una normativa nazionale che fissa in dodici anni la durata complessiva dei contratti di lavoro che uno stesso ricercatore può stipulare, anche con università e istituti diversi e anche in modo non continuativo, avuto riguardo alla previsione della durata massima totale di tutti i contratti stipulati da un determinato ricercatore, non senza considerare – in disparte la peculiare situazione dei ricercatori già poc’anzi evidenziata –
che la clausola 5 è pertinente unicamente in caso di successione di contratti a tempo determinato stipulati da un ricercatore in seno a una stessa università.
3. Altre forme di flessibilità
3.1. Somministrazione a termine
La S.C. ha mostrato di recepire l’interpretazione resa dalla Corte di Giustizia con sentenza del 14 ottobre 2020, JH v KG, C-681/18, affermando la natura necessariamente temporanea del lavoro tramite agenzia ai fini della legittimità della successione dei contratti di somministrazione a tempo determinato pur in assenza di un preciso limite temporale, ai sensi del combinato disposto dell’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 e della disciplina di cui al d.lgs. n. 81 del 2015 (già d.lgs. n. 273 del 2006), dovendo attribuirsi alla normativa in materia un significato conforme alla direttiva 2008/104/CE sulla somministrazione (Cass. Sez. L 03/05/2022, n. 13982).
3.2. Collaborazione coordinata e continuativa
In riferimento al contratto di collaborazione coordinata e continuativa è stato confermato che ove, in seguito ad accertamento giudiziario, emerga la sostanza di un rapporto di lavoro subordinato, il lavoratore non può conseguire la conversione a tempo indeterminato con la P.A., ma ha diritto ad una tutela risarcitoria, nei limiti di cui all’art. 2126 c.c., nonché alla ricostruzione della posizione contributiva previdenziale ed alla corresponsione del trattamento di fine rapporto per il periodo pregresso (Cass. Sez. L 13/02/2023, n. 4360)
4. Misure sanzionatorie: danno eurounitario
Sulle misure sanzionatorie per il caso di abusiva reiterazione del termine e, in particolare, sul cd. danno eurounitario, quale prefigurato dalle Sezioni Unite nella fondamentale sentenza n. 5072 del 15 marzo 2016, sono intervenute diverse decisioni che hanno contribuito a delineare meglio la portata ed il carattere di tale peculiare forma risarcitoria, di elaborazione prettamente giurisprudenziale.
4.1. Ambito di applicazione
In primo luogo, è stato chiarito che rientra nella sfera di applicazione della direttiva e dell’allegato accordo quadro l’ipotesi dell’unico contratto seguito da proroga, cosicché ove l’abuso sia riconducibile a tale fattispecie, dovrà darsi luogo al risarcimento secondo le caratteristiche proprie del per danno eurounitario (Cass. Sez. L 04/02/2020 n. 2534).
Inoltre, il medesimo regime va applicato anche nell’ipotesi di abusiva successione di contratti di somministrazione a termine (Cass. Sez. L 16/01/2019 n. 992).
Infine, alla medesima logica di prevenzione dell’abusivo ricorso al termine, va ricondotta anche l’ipotesi di mancata conversione del rapporto in virtù di norme settoriali diverse dall’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, secondo il principio generale elaborato dalla recente sentenza elle Sezioni Unite (Cass. Sez. U 22/02/2023 n. 5542).
4.2. Profili processuali
La domanda intesa al riconoscimento del cd. danno eurounitario rappresenta una forma di tutela per equivalente, da reputare ricompresa nella domanda di tutela in forma specifica, sicché non costituisce un’inammissibile domanda nuova (Cass. Sez. L 11/05/2022, n. 15027).
L’impugnazione della statuizione relativa all’illegittimità del termine impedisce la formazione del giudicato interno sulle conseguenze risarcitorie (Cass. Sez. L 05/11/2021 n. 32179).
4.3. Criteri di liquidazione e prescrizione
Secondo Cass. Sez. L 01/02/2021 n. 2175, la liquidazione del danno va effettuata una sola volta e non riferita ad ogni contratto, anche se il risarcimento va personalizzato in base alle circostanze del caso concreto (Cass. Sez. L 14/12/2022 n. 36659).
In relazione alla affermata natura contrattuale della responsabilità da abusiva reiterazione del contratto a tempo determinato, il diritto al danno risarcibile è stato di conseguenza assoggettato all’ordinario termine di prescrizione decennale (Cass. Sez. L 03/03/2020 n. 5740).
4.4. Misure alternative satisfattive
Nel settore scolastico, è stato ribadito che costituisce misura satisfattiva anche la stabilizzazione intervenuta in base alla disciplina di reclutamento anteriore alla l. n. 107 del 2015 (Cass. Sez. L, 12/02/2020 n. 3472).
Va, tuttavia, sottolineato che, in generale, la successiva immissione in ruolo costituisce misura sanzionatoria idonea a reintegrare le conseguenze pregiudizievoli dell’abuso solo se ricollegabile alla successione dei contratti a termine con rapporto di causa-effetto, il che si verifica quando l’assunzione a tempo indeterminato avvenga o in forza di specifiche previsioni legislative di stabilizzazione del personale precario vittima dell’abuso o attraverso percorsi espressamente riservati a detto personale e non già perché semplicemente agevolata dall’esperienza maturata nelle precedenti assunzioni a termine (Cass. Sez. L 17/07/2020 n. 15353; conforme, Cass. Sez. L 27/05/2021 n. 14815).
5. Computo anzianità di servizio pre-ruolo
5.1. Stabilizzazione e riconoscimento anzianità: condizioni
La questione si è posta soprattutto nel settore scolastico.
Per l’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell’amministrazione scolastica, è stata affermata la necessità di disapplicare l’art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994, per contrasto con la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, nei casi in cui l’anzianità risultante dall’applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall’art. 489 dello stesso decreto, come integrato dall’art. 11, comma 14, della l. n. 124 del 1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato, dovendo il giudice del merito, comparare il trattamento riservato all’assunto a tempo determinato poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato, senza valorizzare, pertanto, le interruzioni fra un rapporto e l’altro, né applicare la regola dell’equivalenza fissata dal richiamato art. 489, e, in caso di disapplicazione, computare l’anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, sulla base dei medesimi criteri che valgono per l’assunto a tempo indeterminato (Cass. Sez. L 28/11/2019, n. 31149), senza che l’assenza del titolo abilitante all’insegnamento possa escludere l’applicazione di detto principio (Cass. Sez. L 27/03/2023, n. 8672).
Sulla posizione del personale docente è intervenuta anche la recentissima sentenza della Corte di Giustizia UE 30 novembre 2023, G.D. e altri, C-270-22, che pare porre l’accento sul numero effettivo delle ore lavorate.
Per il personale amministrativo, invece, per il quale rilevano le disposizioni dettate dagli artt. 569 e 570 del T.U., è stato ribadito che la clausola 4 dell’accordo quadro, di diretta applicazione, impone di riconoscere l’anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini dell’attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, sicché vanno disapplicate le disposizioni dei richiamati c.c.n.l. che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato (Cass. Sez. L 05/08/2019, n. 20918).
Quanto al regime di prescrizione per la domanda intesa a rivendicare il medesimo trattamento retributivo previsto per l’assunto a tempo indeterminato, è stato individuato nel termine quinquennale previsto dall’art. 2948 nn. 4 e 5 c.c. (Cass. Sez. L 28/05/2020 n. 10219).
5.2. Contratti a termine antecedenti all’entrata in vigore della direttiva 99/70/CE
L’anzianità per il servizio pre-ruolo è stata riconosciuta anche nell’ipotesi in cui il rapporto a termine sia anteriore all’entrata in vigore della direttiva in materia perché, in assenza di espressa deroga, il diritto dell’Unione si applica agli effetti futuri delle situazioni sorte nella vigenza della precedente disciplina (Cass. Sez. L 16/07/2020 n. 15231).
In proposito, va tuttavia segnalato che è stato disposto il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, in ordine all’applicabilità della clausola 4 dell’accordo quadro ai rapporti di lavoro subordinato a tempo determinato costituiti e conclusi per scadenza del termine contrattuale in data antecedente all’entrata in vigore della direttiva (Trib. Padova 22/06/2023).
6. Decorrenza della prescrizione
Con ordinanza interlocutoria n. 6051 del 28/02/2023 la Sezione Lavoro ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione di massima di particolare importante, articolata come segue: a) se la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato debba decorrere dalla fine del rapporto di lavoro, a termine o a tempo indeterminato o, in caso di successione di rapporti, dalla cessazione dell’ultimo, come accade nel lavoro privato; b) se, nell’eventualità di abuso nella reiterazione di contratti a termine, seguita dalla stabilizzazione presso la stessa p.a. datrice di lavoro, la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato debba decorrere dal momento di tale stabilizzazione; c) se la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato, nell'ipotesi sub b), sia comunque preclusa, interrotta o sospesa ove la p.a. neghi il riconoscimento del servizio pregresso dei dipendenti.
La questione è stata decisa dalle Sezioni Unite con sentenza del 28/12/2023, n. 36197, con cui, in conformità al consolidato indirizzo della giurisprudenza costituzionale e di legittimità in materia, è stata ribadita la non piena parificazione dei rapporti di lavoro privato e pubblico contrattualizzato, con affermazione del seguente principio di diritto: «La prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico
impiego contrattualizzato decorre sempre – tanto in caso di rapporto a tempo indeterminato, tanto di rapporto a tempo determinato, così come di successione di rapporti a tempo determinato – in costanza di rapporto (dal momento di loro progressiva insorgenza) o dalla sua cessazione (per quelli originati da essa), attesa l’inconfigurabilità di un metus. Nell’ipotesi di rapporto a tempo determinato, anche per la mera aspettativa del lavoratore alla stabilità dell’impiego, in ordine alla continuazione del rapporto suscettibile di tutela». In motivazione, dopo aver puntualizzato la distinzione, per così dire, “ontologica”, fra il lavoro privato ed il lavoro pubblico, il Supremo Collegio ha ritenuto che «nonostante l’evoluzione socio-economica dei rapporti di lavoro e dei significativi mutamenti normativi che hanno interessato la materia del pubblico impiego, per effetto della sua contrattualizzazione, bene evidenziati con perspicua sensibilità dall’ordinanza interlocutoria, la disciplina del pubblico impiego
contrattualizzato non può, tuttavia, che continuare a muoversi nel segno della continuità rispetto alle linee tracciate, in primis, da Cass. S.U. 16 gennaio 2003, n. 575 e successivamente da Cass. 28 maggio 2020, n. 10219 e dalla consolidata giurisprudenza conforme (tra le altre: Cass. 24 giugno 2020, n. 12443; Cass. 30 novembre 2021, n. 37538; Cass. 29 dicembre 2022, n. 38100; Cass. 18 luglio 2023, n. 20793)».
L’importante arresto conferma così un chiaro criterio ermeneutico che, a ben vedere, assume valenza generale anche oltre la specifica questione della prescrizione, rimarcando le peculiarità che, nonostante l’avvenuta contrattualizzazione, continuano a caratterizzare il lavoro pubblico.
7. Carta docenti: insegnanti non di ruolo.
Non può non farsi menzione della recentissima pronuncia (Cass. Sez. L 27/10/2023, n. 29961) che, nell’ambito del nuovo istituto del rinvio pregiudiziale previsto dall’art. 363-bis c.p.c., ha affrontato la questione dell’ambito di applicazione della carta docente. In questa sede, ci si limita ad evidenziare che in esito ad ampia disamina della normativa di riferimento e delle finalità dello speciale beneficio in esame, la S.C. ha affermato che la carta docente spetta anche ai docenti non di ruolo che ricevano incarichi annuali fino al 31 agosto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, l. n. 124 del 1999 o incarichi per docenza fino al termine delle attività di didattiche, ovverosia fino al 30 giugno, ai sensi dell’art. 4, comma secondo, della l. n. 124 del 1999, senza che rilevi l’omessa presentazione, a suo tempo, di una domanda in tal senso diretta al Ministero, non senza corredare la pronuncia da puntuali indicazioni per l’adempimento, in forma specifica o risarcitoria, dell’obbligo così riconosciuto a carico dell’amministrazione.