TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

1. L’attuale quadro normativo in materia di precettazione nei servizi pubblici essenziali e le sue ambiguità.
La sentenza del TAR del Lazio n. 6084, del 28 marzo 2024, costituisce sicuramente un punto di svolta (o, quantomeno, di chiarimento) nel delicato rapporto, in materia di procedura di precettazione, tra Commissione di garanzia a Autorità titolari del potere di ordinanza. La puntuale disamina della sentenza del giudice amministrativo è oggetto dei contributi di Maria Paola Monaco, che, recentemente, si è soffermata sul tema , e di Umberto Izzo, che oltre a un’attenta ricostruzione della vicenda che ha generato tale intervento del giudice amministrativo, si interroga sui possibili aspetti critici legati alla procedura della precettazione e alle esigenze interpretative relative alla nozione di necessità e urgenza.
In questa breve introduzione si tenterà di porre in evidenza i dubbi e le possibili contraddizioni che il ricorso a tale antica procedura di limitazione/repressione del diritto di sciopero ha rappresentato, nel suo recente passato, nel sistema di regolamentazione del conflitto nei servizi pubblici essenziali.
Come è noto, la legge 146 del 1990 e ss.mm., assegna alla valutazione della Commissione di garanzia la precisa prerogativa di segnalare, al Governo o al Prefetto – titolari del potere di precettazione, a seconda della rilevanza, nazionale o locale, dello sciopero – le situazioni dalle quali possa verificarsi un imminente e fondato pericolo di pregiudizio ai diritti della persona costituzionalmente tutelati (artt. 8 comma 1 e 13, lett. f). Oltre questo principio base, la norma mantiene poi, in via residuale, la possibilità di un ricorso autonomo alla precettazione, da parte delle suddette autorità, le quali, in casi di necessità e urgenza, possono procedere di propria iniziativa, informando previamente la Commissione.
Alla Commissione, pur non essendo essa titolare del potere di precettazione, la legge 146 riconosce, comunque (seppur in modo non adeguatamente definito), un certo potere di differimento dello sciopero. Ciò avviene nel momento in cui l’Authority può invitare i soggetti che proclamano a riformulare o differire la data di attuazione, qualora riscontri violazioni di norme legali o contrattuali (art. 13, lett. d); o ancora, qualora rilevi delle concomitanze con altre astensioni in servizi alternativi nello stesso bacino d’utenza (ad es. treni e aerei), invitare i soggetti che hanno proclamato per ultimi lo sciopero, a differire lo stesso (art. 13, lett. e).
Non solo, ma anche nell’esercizio del potere di propiziare la precettazione, tramite la segnalazione, alle autorità preposte, delle situazioni dalle quali possa derivare un pregiudizio grave ed imminente ai diritti costituzionali della persona (artt. 8, comma 1e 13 lett. f), la Commissione formula delle proposte, che dovranno essere tenute in considerazione da Governo e/o Prefetti, in ordine all’adozione delle ordinanze. Ciò sta a significare come il legislatore non abbia solamente riconosciuto ai Garanti la prerogativa di avviare il procedimento di precettazione, individuando l’esistenza dei presupposti per l’adozione di detta ordinanza, ma le abbia anche assegnato specifici poteri propositivi riguardo al contenuto dell’ordinanza.
Appare evidente come una simile configurazione delle prerogative in capo alla Commissione di garanzia e alle autorità governative, di fatto, finiscano con interferire reciprocamente, ponendo in essere, nella prassi attuativa, delle oggettive situazioni di confusione, nel senso che, sovente, scioperi ritenuti legittimi dai Garanti, sono stati poi oggetto di precettazione. Peraltro, non sempre il potere autonomo di ordinanza è stato esercitato dalle Autorità preposte al verificarsi di “fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente ai diritti della persona… ovvero… nei casi di necessità ed urgenza”, che il legislatore presuppone quale requisito essenziale. Piuttosto, il ricorso alla precettazione, per alcuni scioperi, si è avuto spesso anche a seguito di un fumus che il Ministro o il Prefetto hanno inteso interpretare anche in distonia con le valutazioni espresse dalla Commissione . a ben guardare, nella prassi, tale potere di precettazione, è stato spesso esercitato in modo autonomo dal Governo, in assenza del suddetto fondato pericolo di un pregiudizio grave ed imminente, a seguito di valutazioni su possibili addensamenti o su intervalli tra azioni di sciopero, sulla durata dell’astensione, situazioni queste il cui accertamento dovrebbe essere demandato soltanto alla Commissione, con gli strumenti che la legge le riconosce.
Non si può nemmeno nascondere la sensazione che ciò sia avvenuto anche a seguito di una maggiore o minore sensibilità, dimostrata da qualche Ministro, verso prospettive di risanamento di qualche “Compagnia di bandiera”. Si aggiunga, inoltre, la possibilità che qualche Autorità precettante, potrebbe anche trovarsi nella posizione di parte nel conflitto (si pensi, ad esempio, al Ministero dei Trasporti, nelle vertenze riguardanti il personale amministrativo degli aeroporti).

2. Le possibili prospettive di riforma emerse in sede di approvazione della legge 146/1990
Questa possibile sovrapposizione di prerogative venne intuita da quel grande maestro che è stato (e continua ad essere!) Gino Giugni, il quale, da Presidente della Commissione lavoro del Senato, durante i lavori parlamentari della legge 146, tentò di prospettare la possibilità di una soluzione che avrebbe portato gradatamente – intanto a cominciare dai servizi pubblici essenziali nei quali l’esercizio del diritto di sciopero veniva ora regolato da un’apposita legge – ad una abolizione dell’istituto precettazione . Tale istituto, in verità, non può non far pensare ad un vecchio arnese di ordine pubblico, culturalmente collegato ad una concezione più repressiva che regolativa di un diritto costituzionale. In altre occasioni, Giugni aveva già rilevato dei problemi logistici collegati alla precettazione, nel momento in cui, ad esempio, i lavoratori potrebbero non farsi trovare nei luoghi di lavoro, dove, materialmente, viene notificata l’ordinanza . Non solo, ma principalmente era stata percepita l’anzidetta situazione di intersecazione tra le prerogative del Governo e/o Prefetto e quelle della Commissione di garanzia, con l’oggettivo rischio che la precettazione finisse per debordare dai limiti che la stessa legge 146 le avrebbe assegnato.
Naturalmente, l’ipotesi del superamento della precettazione avrebbe comportato anche la fine della competenza del Potere esecutivo, e delle sue diramazioni, in materia di regolamentazione dello sciopero. Ciò, anche in coerenza con l’evoluzione dell’Ordinamento costituzionale, nella quale al diritto di sciopero, attuato nel rispetto dei suoi limiti esterni (interessi generali tutelati nella stessa Costituzione) , non sono riconducibili residui profili di responsabilità penale. Nell’ambito dei servizi pubblici essenziali, Governo e Prefetto avrebbero potuto essere sostituiti da soggetti maggiormente riconducibili all’obiettivo fondamentale della legge di salvaguardare i diritti degli utenti. In tal senso, con il rafforzamento, ad esempio, del potere di differimento degli scioperi, già previsto per talune ipotesi in capo alla Commissione di garanzia, organismo istituzionale che, indubbiamente, ha una maggiore cognizione delle varie fasi che precedono l’eventuale adozione del provvedimento di precettazione (per dirla con Mimmo Carrieri, uno dei maggiori osservatori, forse il maggiore, delle relazioni industriali ) e che si trova in una posizione indipendente e super partes anche rispetto ai soggetti titolari dell’ordinanza di precettazione.
Naturalmente, tale prospettiva di riforma non andò in porto, soprattutto per la resistenza del Governo e, in particolare, del Ministero dell'Interno, volta a salvaguardare le prerogative delle proprie Prefetture. Tuttavia, si cercò, almeno in subordine, di ancorare l’attività delle autorità precettanti al controllo della Commissione di garanzia, con il preciso intento di arginare il rischio che la precettazione finisse per essere esercitata al di fuori di ragioni straordinarie ed urgenti, su scioperi del tutto legittimi .
Così, la legge 146, più che riformare il tradizionale istituto della precettazione, optò, piuttosto, per una rivisitazione dello stesso, sottoponendone l’esercizio a precise regole procedimentali, preparatorie all’emanazione del provvedimento . Peraltro, non si può dire che tale rivisitazione abbia abrogato del tutto la disciplina precedente in materia, non ritrovandosi, nella legge un’esplicita disposizione in tal senso . Non è mancata, nella prassi, ad opera di alcuni Prefetti, qualche ordinanza emessa ai sensi del T. U. delle Leggi Comunali e Provinciali n.383/1934 e dall’art.66 della legge n.142 del 1990, sull’ordinamento delle autonomie locali.
Alla base delle regole che governano l’istituto della precettazione, vi è il coinvolgimento diretto della Commissione, con il riconoscimento ad essa del potere di segnalare le situazioni nelle quali dallo sciopero può derivare un pregiudizio grave ed imminente ai diritti costituzionali della persona (art.13 lett. f e art.8 comma 1); oltre che quello di formulare precise proposte, che dovranno essere tenute in considerazione nei contenuti dell’ordinanza emessa dalle autorità precettanti. De iure condito, dette autorità non possono discostarsi da tali proposte formulate dalla Commissione, se non per elementi di giudizio che la Commissione non ha potuto considerare, circostanza questa da motivare adeguatamente, per non configurare l’ipotesi dell’eccesso di potere.

3. Il potere autonomo di precettazione di Governo e Prefetti, dopo la recente giurisprudenza del TAR Lazio: Que reste‐t‐il?
Fermo restando che la soluzione più auspicabile sarebbe quella di devolvere l’intera competenza sul conflitto nei servizi pubblici essenziali, all’Autorità di garanzia – lasciando, al limite, la precettazione, ai sensi dell’art.20 del TULCP, n.383/1934 «ordinanze di natura contingibile ed urgente … per motivi di sanità o di sicurezza pubblica», per gli scioperi non rientranti nel campo di applicazione della legge 146, nei quali non si pone un problema di garanzia di servizio minimo – si rende opportuna un’ulteriore riflessione sul residuale potere, di Governo e Prefetti, di procedere autonomamente alla precettazione, alla luce della sentenza del TAR lazio, qui oggetto di approfondimento.
Rinviando, a tal proposito, alle considerazioni che sono sviluppate nei contributi che seguono a questa introduzione, si può comunque convenire che tale intervento autonomo delle autorità precettanti, debba essere, appunto, sorretto da ragioni di necessità e urgenze, ulteriori e sopravvenute, non considerate per una procedura ordinaria di precettazione che, come si è visto, rimane legittimata dall’iniziativa della Commissione di garanzia.
Questo profilo sembra essere il punto dirimente per legittimare l’iniziativa autonoma del Potere esecutivo, in materia di limitazione del diritto di sciopero. Se non ricondotto nell’ambito di ragioni di necessità e urgenza, ulteriori e sopravvenute, rispetto alla procedura ordinaria, propiziata dalla Commissione, tale potere autonomo potrebbe configurarsi senza limiti.
Proprio dalle motivazioni della sentenza in questione, appare confermato come l’assenza di ragioni di necessità e di urgenza per “fatti sopravvenuti, eventualmente occorsi a ridosso dell’astensione, tali da legittimare l’intervento del Ministro”, non possa legittimare l’ordinanza adottata, al di fuori della segnalazione della Commissione. Tale ordinanza, infatti, non contiene nuove motivazioni, se non quelle che sono state (o potevano essere) oggetto delle competenze istituzionali della Commissione, nella governance del conflitto nei servizi pubblici essenziali. Organismo al quale, come ribadisce il TAR, deve ritenersi devoluta la normale valutazione e verifica delle modalità̀ dello sciopero, nonché́ il potere di adottare le misure necessarie.
Solo in una simile chiave di lettura si può evitare quella situazione di sovrapposizione tra le prerogative delle diverse autorità e restituire alla precettazione quel carattere di straordinarietà e urgenza e non, invece, di ordinario strumento di regolamentazione dello sciopero. Deve convenirsi, dunque, come a seguito della richiamata sentenza del TAR del Lazio, si possa ritenere più rafforzato il ruolo della Commissione di garanzia, rispetto all’autonomia decisionale del Governo o del Prefetto, pur contemplata nell’art. 8 della legge 146.

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