testo integrale con note e bibiografia
Accanto ai rapporti di pubblico impiego privatizzato si individuano rapporti di lavoro dipendente di diritto privato con enti pubblici o di rilevanza pubblica che presentano carattere «ibrido», in quanto tendenzialmente regolati dal diritto privato ma connotati da tratti di specialità, in particolare quanto alle modalità assunzionali, nei quali riemerge la rilevanza pubblica degli interessi affidati all’ attività dell’ente. Possono individuarsi le ipotesi di seguito esaminate.
- Il rapporto di lavoro alle dipendenze degli enti pubblici economici
L’art. 2093 c.c., prevede, al comma 1, l’applicabilità dell’intero libro V agli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali ed, al comma 2, l’applicazione della medesima disciplina agli enti non inquadrati nelle associazioni professionali limitatamente alle imprese esercitate.
Dopo il venir meno dell’inquadramento previsto dal sistema corporativo, la distinzione fra il primo e ed il secondo comma è stata ricondotta a quella fra un ente pubblico che svolge esclusivamente o prevalentemente un’attività di impresa ed un ente pubblico che svolge un’attività d’impresa in via marginale. Quelli di cui al comma 1— cioè che esercitano esclusivamente o prevalentemente un’attività economica— sono stati definiti come enti pubblici economici, assoggettati al diritto del codice civile, salvo, come dispone il comma terzo, che sia diversamente previsto dalla legge.
L’articolo 2129 cod.civ., con riferimento a tutti gli enti pubblici, dispone ugualmente che, salvo diverse disposizioni di legge, si applicano ai rapporti di lavoro dipendente le disposizioni del codice civile.
In base alle norme citate, ai rapporti di lavoro degli enti pubblici economici si applicano, salvo disposizioni speciali, le norme del lavoro privato, poiché uno statuto diverso ex lege del rapporto di lavoro si rinviene oggi soltanto per gli enti individuati dall’articolo 1, comma due, del d.l.gs n. 165/2001.
La rilevanza della categoria si è ridotta dopo che il legislatore ha realizzato una vasta opera di trasformazione degli enti pubblici economici in società per azioni. Il regime del rapporto di lavoro alle dipendenze di un ente pubblico economico è venuto, tuttavia, più volte all’ esame della giurisprudenza in relazione alle AZIENDE (o AGENZIE) PER LA EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA/ATER, che hanno sostituito gli ex ISTITUTI AUTONOMI CASE POPOLARI-IACP: mentre questi ultimi avevano natura di Ente pubblico non economico, le nuove Aziende sono disciplinate dalle leggi regionali, che le hanno qualificate come Enti pubblici economici.
Tra gli enti qualificati ex lege come enti pubblici economici si ricordano, altresì, la AGENZIA DELLE ENTRATE-RISCOSSIONE (d.l. 193/2016, conv. in l. n. 225/2016, art.1, c.3), la SIAE (l. n. 2/2008, art.1, c.1) la AGENZIA DEL DEMANIO (d.l.gs. 173/2003, art.1, c.1, lett. f) , l’ ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo (d.l. n. 83/2014, conv. in l. n. 106/2014, art. 16, c.1).
In mancanza di qualificazione normativa, l’interprete è tenuto ad una duplice indagine: sulla natura pubblica dell’ente ed, in via logicamente successiva, sul suo carattere di ente economico .
Non costituiscono, ad esempio, enti pubblici economici le CAMERE DI COMMERCIO, in quanto, pur avendo esse la possibilità di gestire direttamente infrastrutture e servizi in regime di impresa, queste funzioni non sono da considerarsi principali .
E’ diversa invece la qualificazione delle Aziende speciali delle Camere di Commercio; la Suprema Corte (Cass. 21 giugno 2021, n.17601 e giurisprudenza ivi citata) ha evidenziato che esse sono caratterizzate da una organizzazione distinta da quella, tipicamente pubblicistica, dell'ente di riferimento, i cui tratti distintivi si sostanziano nel conferimento di pieni poteri deliberativi all'organo di vertice, in ampia libertà di azione, nella massima semplificazione delle procedure, in una notevole attenuazione dei controlli, in una quasi completa autonomia patrimoniale, finanziaria e contabile, nell'avere proprio personale, senza che rilevi il fatto che all'azienda non sia conferita una distinta personalità giuridica e neppure l'assenza del fine di lucro, siccome lo svolgimento dell'attività economica con modalità e strumenti tipicamente imprenditoriali vale a produrne l'equiparazione agli enti pubblici economici.
E’ stato dunque affermato che in caso di eccedenze di personale le aziende speciali delle Camere di commercio possono procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo senza alcun obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali, attesa l'inapplicabilità della disciplina di cui all'art. 3 del d.lgs. n. 219 del 2016, riservata unicamente alle Camere di Commercio.
Si è detto che la qualificazione di un ente come ente pubblico economico determina la generale applicazione della disciplina privatistica.
Deve peraltro precisarsi che, secondo una consolidata giurisprudenza di legittimità (Cass. SU. 6 marzo 2018 n. 5304; Cass. SU 10 ottobre 2002, n. 14475; Cass. SU 01 dicembre 2000, n. 1243; Cass. SU 22 dicembre 1999 n. 929; Cass. SU 01 dicembre 1994 n. 10239), gli enti pubblici economici, pur operando in aree prevalentemente sottoposte al regime privatistico, sfuggono a detto regime, per rientrare in quello di diritto pubblico, con riguardo alle attività che discendono dalla potestà autoritativa dell'ente di disporre la propria organizzazione, quale espressione di un potere di supremazia inerente alla organizzazione e, cioè, allo svolgimento di una funzione pubblica.
Si è ritenuto essere espressione di un potere pubblicistico la nomina e la revoca degli organi di un ente pubblico economico (Cass. SU n. 5304/2018; n. 14475/2002; n. 929/1999; n. 10239/1994) così come la nomina da parte del Consiglio di Amministrazione di un ente pubblico economico dei membri del Consiglio di Amministrazione e del Collegio sindacale di una società controllata (Cass. SU n. 10239/1994).
Cass., sez. lav. 03 febbraio 2021, n.2485 ha affermato essere oggetto della potestà autoritativa di autorganizzazione anche la nomina del direttore generale dell'ente pubblico economico AZIENDA TERRITORIALE EDILIZIA RESIDENZIALE della PROVINCIA di ROMA ( L.R. Lazio n. 30 del 2002), benchè non si tratti di un organo dell’ente.
Si è detto, comunque, della natura privatistica dei rapporti di lavoro costituiti alle dipendenze degli enti pubblici economici, in quanto attinenti all’esercizio dell’attività di impresa e non alla potestà di auto-organizzazione.
Tra le previsioni della legge speciale derogatorie della comune disciplina di diritto privato può riscontrarsi l’obbligo di esperire procedure selettive o concorsuali per la assunzione del personale.
Assumono rilievo anche le disposizioni statutarie dell’ente di analogo tenore, giacchè, a norma dell’art. 4 bis, c.1, d.lgs. n. 181/2000: «I datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici, procedono all'assunzione diretta di tutti i lavoratori per qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro, salvo l'obbligo di assunzione mediante concorso eventualmente previsto dagli statuti degli enti pubblici economici».
In presenza di previsioni di tal genere, i rapporti di lavoro costituiti in violazione delle procedure assunzionali sarebbero nulli, ferma l’applicazione ai fini retributivi dell’articolo 2126 c.c.; per le stesse ragioni sarebbe preclusa la conversione a tempo indeterminato di rapporti di lavoro flessibile illegittimamente instaurati.
Il principio è stato affermato da Cass. SU 9 marzo 2015 n. 4685 in relazione agli enti pubblici economici della Regione Sicilia; la convertibilità del rapporto di lavoro a termine in rapporto subordinato a tempo indeterminato, seppure regolato dal diritto privato, è stata esclusa nell’ ipotesi di vigenza nel periodo di riferimento di una disciplina legislativa che impone procedure concorsuali o selettive per il reclutamento del personale.
Tanto sul presupposto della imperatività di tali previsioni di legge, in quanto riconducibili agli interessi posti a base del principio costituzionale di buona amministrazione degli uffici pubblici (art. 97 Cost.), che àncora la regola del concorso per l'accesso alle amministrazioni pubbliche alla natura giuridica dei soggetti e non a quella del rapporto.
Analoghe conclusioni sono state raggiunte da Cass. sez. lav. 12 aprile 2021, n.9565 in relazione dell’ente pubblico economico-A.T.E.R. di Chieti, all’esito dell’accertamento, sulla base di una lettura sistematica della disciplina legislativa regionale , di un obbligo di assunzione tramite procedura concorsuale.
Il medesimo effetto di non convertibilità dei rapporti di lavoro flessibile illegittimamente instaurati in rapporti di lavoro a tempo indeterminato è stato predicato anche in presenza di normative di settore che in assoluto fanno divieto di assunzione a tempo indeterminato.
E’ il caso dei consorzi di bonifica della regione Sicilia, enti pubblici economici, in relazione ai quali l’impossibilità della conversione è stata desunta dal divieto di assunzione a tempo indeterminato dettato per tali consorzi dalla L.R. SICILIA n. 45 del 1995, art. 32 ( Cass. 9 gennaio 2019, n. 274, seguita da numerosi altre conformi).
In difetto di diverse disposizioni di legge, la natura privatistica del rapporto di lavoro comporta l’applicabilità all’ente pubblico economico della disciplina delle mansioni superiori di cui all’articolo 2103 cod.civ.
Cass. 20 giugno 2023 n. 17631 nell’affermare tale principio ha precisato che neppure la eventuale selezione concorsuale prevista per la instaurazione del rapporto di lavoro sarebbe impeditiva della acquisizione della qualifica per effetto dello svolgimento di mansioni superiori. In sostanza, non si può fare leva sulle procedure di reclutamento per ritenere derogata, in assenza di un’espressa previsione normativa, la disciplina delle mansioni del rapporto già costituito.
Tanto in base alla considerazione che nei rapporti di impiego privati, quale è quello con un ente pubblico economico, il mutamento delle mansioni originarie costituisce una mera modifica della prestazione e non una novazione oggettiva del rapporto di lavoro ; detto principio resta valido anche nell’ipotesi in cui all’attribuzione dell’ inquadramento superiore consegua l’applicazione di una diversa normativa collettiva, come nel caso del passaggio a qualifica dirigenziale ( nella fattispecie esaminata da Cass. n. 1731/2023 veniva in rilievo l’acquisizione automatica della qualifica di dirigente dell’ATER TERAMO).
La disciplina di legge dell’ente pubblico economico deve essere, tuttavia, attentamente vagliata per escludere la esistenza di disposizioni derogatorie.
Così, Cass. 20 luglio 2023 n. 21525 ha ritenuto inapplicabile la disciplina della promozione automatica per effetto dell’esercizio di mansioni superiori in riferimento a rapporti di lavoro egualmente costituti da una Azienda per l’edilizia residenziale pubblica, la Azienda Regionale per l'Edilizia Residenziale/A.R.E.R. della Regione Valle d’Aosta.
In questo caso, la Suprema Corte ha rilevato che la legge istitutiva— L.R. 9 settembre 1999, n. 30— all’ articolo 18, conteneva una disposizione sui rapporti di lavoro del personale intesa a mantenere l'applicazione della disciplina legale e contrattuale del pubblico impiego contrattualizzato; tale regime, previsto nell'originaria impostazione come transitorio, era stato in seguito stabilizzato dalla L.R. 19 marzo 2018, n. 2, art. 16, c.5 e 6.
- IL RAPPORTO DI LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLE AUTORITA’ DI SISTEMA PORTUALE (AdSP).
Il fenomeno della commistione pubblico/privato si presenta anche nelle forme della sottoposizione dei rapporti di lavoro instaurati da alcuni enti pubblici non economici ad un regime di diritto privato in virtù di previsioni speciali, che derogano alla previsione generale dell’articolo 1, co. 2, d.l.gs. 165/2001.
E’ il caso dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle AUTORITA’ DI SISTEMA PORTUALE, già AUTORITA’ PORTUALI.
La Suprema Corte, con orientamento consolidato , ha qualificato, infatti, le Autorità Portuali enti pubblici non economici ancor prima della esplicita qualificazione in tal senso operata dal legislatore. Ed invero le Sezioni Unite (Cass. S.U. n. 3733/2016 e Cass. S.U. n. 17930/2013), superando un precedente orientamento espresso dalla Sezione Lavoro, hanno escluso che a seguito del riordino del sistema portuale le Autorità istituite dalla L. n. 84 del 1994 avessero conservato la natura di ente pubblico economico propria dei soppressi enti portuali .
Secondo la attuale formulazione normativa (articolo 6 L. n. 84/1994), l’AdSP è ente pubblico non economico di rilevanza nazionale ad ordinamento speciale ed è dotato di autonomia amministrativa, organizzativa, regolamentare, di bilancio e finanziaria.
La disciplina dei rapporti di lavoro che si instaurano con le Autorità risente, peraltro, delle peculiarità dell'ente e delle sue radici storiche; la l. n. 84 del 1994, art. 10, comma 6, prevede che il rapporto di lavoro del personale delle Autorità di Sistema portuale è di diritto privato ed è disciplinato dalle disposizioni del codice civile libro V - titolo I - capi II e III, titolo II - capo I, e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. Il suddetto rapporto è regolato da contratti collettivi nazionali di lavoro, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti stipulati dall'associazione rappresentativa delle Autorità di Sistema Portuale per la parte datoriale e dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative del personale delle Autorità di sistema portuale per la parte sindacale.
Dall'affermata natura privatistica non discende, comunque, l'integrale sottrazione ai principi che, pur all'esito della contrattualizzazione, continuano a contraddistinguere l'impiego pubblico da quello privato.
In primo luogo, secondo l’analisi compiuta da Cass. SU 24 luglio 2013 n. 17930, l'ente pubblico non economico-Autorità portuale costituisce rapporti di lavoro subordinato che nella fase del reclutamento sono regolati dal diritto pubblico, in ossequio all'art. 97 Cost. e soltanto nella fase successiva di gestione del rapporto, una volta costituito, sono regolati interamente dal diritto privato.
Tale principio ha successivamente trovato disciplina a livello legislativo nel testo dell’articolo 6, comma 5, l. n. 84/1994 sostituito dalla riforma del 2016 , a tenore del quale le Autorità di Sistema Portuale adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale dirigenziale e non dirigenziale nel rispetto dei principi di cui all'articolo 35, comma 3, del d.l.gs. n. 165/2001; il personale dirigenziale e non dirigenziale è assunto mediante procedure selettive di natura comparativa, secondo principi di adeguata pubblicità, imparzialità, oggettività e trasparenza.
La distinzione tra la fase del reclutamento e la fase della gestione del rapporto di lavoro è stata valorizzata da Cass. 25 giugno 2020 n. 12627 per escludere che il contratto di lavoro a termine concluso da una Autorità portuale possa dare luogo, in ipotesi di illegittima apposizione del termine, ad un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
La specialità del rapporto di lavoro alle dipendenze delle Autorità è stata evidenziata, ancora, da Cass. 21 febbraio 2022, n.5673 (ed altre conformi) per affermare che al personale delle Autorità portuali si applicano, nonostante la natura privatistica del rapporto di lavoro, le disposizioni di legge sul contenimento della spesa pubblica (nella specie veniva in discussione la fissazione di un tetto al trattamento economico complessivo ed al valore del buono pasto o dell'indennità sostitutiva di mensa).
Si è ritenuta rientrare, invece, nella fase di gestione del rapporto di lavoro, soggetta alla disciplina di cui all’art. 2103 cod.civ., l’ipotesi dell’esercizio di mansioni superiori.
Muovendo da tale presupposto interpretativo, la Corte di Cassazione ha sollevato incidente di costituzionalità, dubitando del rispetto dei limiti individuati dal giudice costituzionale per la derogabilità in via legislativa della regola costituzionale del concorso (regola applicabile, sempre secondo giurisprudenza costituzionale, anche al passaggio ad un inquadramento superiore nei ruoli di una pubblica amministrazione).
La Corte Costituzionale (sent. 30 giugno 2023 n. 133) ha respinto il dubbio sottopostole, ritenendo che la scelta del legislatore del 1994 di regolare i rapporti di lavoro secondo modelli privatistici, con conseguente applicabilità dell’articolo 2103 c.c., sia giustificata dal perseguimento del buon andamento e dell’efficienza dell’amministrazione, tenuto conto della natura delle attività delle Autorità portuali, anche di carattere economico ed imprenditoriale, richiedenti flessibilità di impiego del personale.
Sotto il profilo della ragionevolezza sono stati apprezzati la genesi privatistica del rapporto di lavoro instaurato alle dipendenze delle preesistenti organizzazioni portuali e l’affidamento maturato dal personale nella permanenza di tale disciplina dopo il transito ex lege alle dipendenze delle Autorità portuali.
Resta dunque confermata dalla pronuncia del giudice costituzionale l’applicabilità ai dipendenti delle AdSP dell’art. 2103 cc., presupposto dal quale muoveva l’incidente di costituzionalità.
Va precisato che la Suprema Corte è giunta ad esiti diversi quando ha esaminato la questione dell’applicabilità dell’art. 2103 cc. ai fini della acquisizione della qualifica di dirigente di una Autorità di Sistema Portuale.
Nell’ arresto del 6 ottobre 2020 n. 21484, il giudice di legittimità ha infatti escluso che la qualifica dirigenziale presso una Autorità portuale possa essere acquisita in via automatica, sulla base dell'art. 2103 cod.civ. e dell’art. 6 L. n. 190 del 1985; in questo caso ha assunto rilevanza decisiva un argomento di diversa natura e cioè la specialità dello statuto della dirigenza nel lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione sicchè il passaggio dallo status di funzionario alla qualifica dirigenziale equivale ad un nuovo reclutamento dall’esterno (cfr. Cass. sez. lav. 21 febbraio 2007 n. 4012).
- IL RAPPORTO DI LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLE AZIENDE SPECIALI E DEI CONSORZI TRA ENTI LOCALI
In passato, la gestione di servizi pubblici o di rilevanza pubblica era curata attraverso le Aziende Autonome; alle aziende Autonome dello Stato si affiancavano le Aziende Municipalizzate (art. 2 r.d. 15 ottobre 1925 n. 2578): si trattava di un organo dell'ente pubblico privo di autonoma personalità giuridica e dotato di autonomia gestionale, finanziaria e contabile.
La giurisprudenza si era pronunciata nel senso della natura privatistica del rapporto di lavoro con le aziende Municipalizzate , in quanto strutture con connotati d'impresa, autonome rispetto all'organizzazione pubblicistica del Comune; ne derivava la giurisdizione del giudice ordinario sulle relative controversie, anche in ordine all’espletamento delle procedure concorsuali di assunzione (Cassazione civile sez. un., 10 marzo 2011, n. 5685; Cass. n. 14852/2006; n. 14672/2003; n. 10604/1993; n. 8173/1990).
Successivamente la l. 8 giugno 1990 n. 142 (artt. 22 e 23) ha sostituito le Aziende Municipalizzate con le aziende speciali, enti strumentali dell'ente locale dotati di personalità giuridica ed autonomia imprenditoriale; la disciplina è poi confluita nel Testo Unico degli Enti Locali (d.l.gs. n. 267/2000).
La azienda speciale è a tutt’oggi disciplinata dall’art. 114 del d.l.gs n. 267/2000; si tratta di un ente strumentale dell’ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale. L’azienda, a norma del comma 4 dello stesso articolo, conforma la sua attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed ha l’obbligo dell’equilibrio economico― considerando anche i proventi derivanti dai trasferimenti― e del pareggio finanziario.
Sulla base di tali disposizioni, si è discusso in giurisprudenza se l’Azienda Speciale si qualifichi come ente pubblico economico.
Secondo Cass Sez. Un., 09 agosto 2018, n.20684― cui si rinvia per una ricostruzione degli orientamenti sul punto di dottrina e giurisprudenza― se è tendenzialmente pacifico che l'azienda speciale abbia cessato, con la riforma del 1990, di essere una «azienda organo» per assumere un'alterità soggettiva, esaltata dal conferimento di personalità giuridica autonoma e della qualifica di ente, come dall'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, non può disconoscersi la rilevante persistenza di importanti connotati pubblicistici, che impedisce una piena o perfetta assimilazione agli imprenditori privati.
La giurisprudenza è alla attualità attestata nel senso della natura peculiare di tali Aziende, che costituiscono parti dell’ente locale, cui sono riferibili le relative determinazioni (Cass. 09 febbraio 2023 n. 3984; Cass. n. 30744/2021).
Ferma la questione qualificatoria, è pacifica la sottoposizione del rapporto di impiego costituito dalle Aziende speciali alla disciplina di diritto privato.
La giurisprudenza ha, tuttavia, precisato che per le assunzioni presso le Aziende speciali vige l’obbligo del concorso, tanto per la loro natura giuridica che secondo quanto specificamente previsto per le province, i comuni, i consorzi «e le rispettive aziende» dal D.L. 10 novembre 1978, n. 702, art. 5, convertito, con modificazioni, nella L. 8 gennaio 1979, n. 3 (comma 12 e comma 18 ), norma la cui perdurante vigenza è stata confermata dal d.l. n. 153 del 1980, art. 8, convertito in L. n. 299 del 1980 (Cass. SU 19.12.2014, n. 26939).
E’ stato dunque enunciato il divieto di conversione a tempo indeterminato del rapporto a termine illegittimamente costituito da una azienda speciale, con salvezza dei soli effetti ex art. 2126 c.c. (ex aliis: Cass. n. 30744/2021; Cass. n.25223/2020).
In applicazione dello stesso principio, la Suprema Corte (Cass. 9 febbraio 2023 n. 3984) ha affermato che la nomina del direttore generale delle aziende speciali deve avvenire previa procedura concorsuale sicchè deve ritenersi nulla ove non preceduta da pubblico concorso, da intendersi come selezione trasparente, comparativa, basata esclusivamente sul merito ed aperta a tutti i cittadini in possesso di requisiti previamente ed obiettivamente definiti.
La gestione dei servizi assunti dagli enti locali può avvenire anche attraverso un consorzio tra più enti locali, ai sensi del d.lgs. n. 267 del 2000, art. 31, comma 1 .
Vanno distinti i consorzi che esercitano in maniera associata funzioni, che sono ordinari enti pubblici, dai Consorzi di servizi, finalizzati alla gestione dei servizi pubblici locali.
La natura giuridica di questi ultimi Consorzi è controversa.
La Corte di Cassazione, ribadendo che i consorzi che esercitano in maniera associata funzioni sono ordinari enti pubblici, ha affermato che i consorzi che gestiscono servizi aventi rilevanza economica possono tanto essere enti pubblici economici che rientrare tra le amministrazioni pubbliche previste dall’articolo 1, comma 2, d.l.gs. 165/2001, che fa riferimento a Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, «e loro consorzi e associazioni».
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, la mancanza di una esplicita distinzione tra le diverse categorie di consorzi nell'art. 1, comma 2, del richiamato d.l.gs. n. 165/2001 non è idonea a determinare l’applicazione della disciplina del pubblico impiego contrattualizzato a tutti i consorzi tra enti locali, essendo prevalente il senso complessivo e la ratio della disposizione, la quale esclude, comunque, dalla tutela apprestata dal compendio normativo gli enti pubblici economici (Cass. 14 dicembre 2016, n.25749 e giurisprudenza ivi citata).
La indagine sulla natura del consorzio, in ipotesi di esercizio di una attività avente rilevanza economica, va dunque compiuta secondo gli ordinari criteri di classificazione di un ente pubblico come ente pubblico economico, avendo riguardo alla disciplina legale e statutaria.
La Suprema Corte (Cass. 1 agosto 2022, n. 23884), ad esempio, ha qualificato come ente pubblico economico il CONSORZIO INTERCOMUNALE SERVIZI ISCHIA- CISI, avente ad oggetto la gestione dei servizi idrici e fognari dell’isola d’Ischia, aggiungendo che tale qualificazione non è esclusa dalla concessione in gestione dei servizi svolti dal Consorzio ad una società di capitali dietro pagamento di un canone.
Sono stati qualificati, invece, come enti pubblici non economici i consorzi costituiti per la gestione dei rifiuti urbani ex art. 45 della l.r. Sicilia n. 2 del 2007, negli ambiti territoriali individuati dalla stessa legge (Consorzi Intercomunali Rifiuti Energia Servizi – CO.IN.RES), con conseguente esclusione della possibilità di costituire rapporti a tempo indeterminato in violazione della regola del concorso pubblico (Cassazione civile sez. lav., 14 dicembre 2016, n.25749).
- IL RAPPORTO DI LAVORO ALLE DIPENDENZE DELE ASSOCIAZIONI E FONDAZIONI DI DIRITTO PRIVATO A PARTECIPAZIONE PUBBLICA
Molte associazioni e fondazioni sono state costituite con l’apporto degli enti pubblici, che provvedono alla nomina dei consiglieri, erogano i fondi di dotazione e quelli di gestione, esprimono il loro parere per l’approvazione delle modifiche statutarie.
Il fenomeno è stato talora promosso dal legislatore, come nel caso delle fondazioni liriche (articolo 10, comma 2, D.L.gs. 367/1996), delle Ipab trasformate in fondazioni (art. 17 primo comma lett. c d.l.gs. 207/2001), delle fondazioni universitarie (art. 2, comma 3, D.P.R. 254/2001).
Secondo un principio già affermato dalle Sezioni unite con la sentenza 23 novembre 1993, n. 11541: «La natura pubblica degli enti che concorrono a formare un nuovo ente non è sufficiente ad attribuire natura pubblicistica a quest'ultimo, sebbene esso risulti costituito per perseguire anche finalità riguardanti i soggetti che lo compongono; nè può ritenersi indicativa della natura pubblica di un'associazione la partecipazione ai suoi organi di rappresentanti dei soggetti pubblici che l'hanno formata» .
Rilevano al riguardo gli ordinari criteri in tema di individuazione degli enti pubblici.
Le Sezioni Unite nell’ arresto del 19 aprile 2021, n.10244, pronunciandosi in punto di giurisdizione, hanno, ad esempio, affermato la natura di soggetto di diritto privato della Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI)— seppur titolare di compiti di natura tendenzialmente amministrativa, svolti su mandato e dietro finanziamento statale, oltre che attribuiti da norme di natura pubblicistica— sulla base della forma giuridica prescelta, delle previsioni statutarie, della libertà di adesione e recesso degli associati, della sua funzione, tipica delle associazioni di categoria, di rappresentanza e tutela degli interessi dei Comuni associati.
Qualora debba essere esclusa la natura di ente pubblico, la associazione o fondazione costituita in forma civilistica resta integralmente soggetta alle norme del diritto privato, in assenza di norme specifiche che la sottraggono a queste ultime.
Tra gli elementi di specialità vengono in rilievo in primo luogo le modalità assunzionali, che possono prevedere lo svolgimento di procedure selettive, anche concorsuali; né è escluso un intervento legislativo per vietare o limitare le nuove assunzioni, per esigenze di contenimento della spesa pubblica.
Importanti principi sono stati di recente enunciati da Cass. SU 22 febbraio 2023 n. 5542 in relazione alla convertibilità dei rapporti di lavoro a termine illegittimamente instaurati dalle fondazioni lirico sinfoniche, enti di diritto privato derivanti dalla trasformazione ex lege, degli ex-enti lirici autonomi e delle istituzioni concertistiche assimilate (di cui all’articolo 5 L. n. 800/1967).
Nel citato arresto le Sezioni Unite hanno ricordato che la disciplina settoriale ha imposto alle fondazioni lirico sinfoniche il divieto di assunzione a tempo indeterminato, in termini assoluti o relativi, a partire all’anno 2005, divieto riproposto, attraverso successivi interventi normativi , sino a tutto l’anno 2011, stabilendosi poi, a regime, dall’anno 2012, limitazioni alle facoltà assunzionali, riconosciute solo nel rispetto del turn over e della compatibilità di bilancio.
Hanno altresì dato conto della previsione contenuta nel DL 8 agosto 2013 n.91 conv. dalla L. 7 ottobre 2013 n. 112, articolo 11, comma 19, a tenore del quale il contratto di lavoro subordinato presso le fondazioni lirico-sinfoniche è instaurato «esclusivamente» a mezzo di apposite procedure selettive pubbliche.
Hanno affermato che le conseguenze della violazione del divieto di assunzione, diversamente da quanto ritenuto da un orientamento giurisprudenziale formatosi in seno alla sezione lavoro, non restano circoscritte alla responsabilità degli amministratori bensì determinano la nullità del contratto— con conseguente non convertibilità a tempo indeterminato del contratto di lavoro a termine— per violazione di norma imperativa, ex art. 1418 c.1 c.c.; è stato richiamato al riguardo il principio espresso da Cass. SU n. 26704/2007, secondo il quale ha natura di norma imperativa una norma di legge che vieta di concludere il contratto.
Analoghi effetti sono stati collegati anche alla previsione dell’obbligo di reclutamento previo esperimento di procedure selettive pubbliche, ancor prima che la sanzione di nullità venisse testualmente prevista dall’articolo 22, comma 2 bis, D. Lgs. 367/1996, introdotto dall'articolo 1, comma 2, del D.L. 28 giugno 2019, n. 59, convertito con modificazioni dalla Legge 8 agosto 2019, n. 81.
A fondamento della nullità virtuale del contratto di lavoro concluso in violazione delle procedure selettive prescritte ex lege le Sezioni Unite hanno posto il principio secondo cui hanno il crisma della imperatività non solo le norme che vietano di concludere il contratto ma anche quelle che— pur non attenendo alla struttura del negozio — «limitano il potere di autonomia contrattuale e ne consentono l'esplicazione solo in presenza delle condizioni richieste, sempre che quest'ultime rispondano ad interessi pubblici fondamentali rispetto ai quali, secondo il bilanciamento operato dal legislatore, l'autonomia del singolo viene ad essere subvalente» (sent. cit., punto 21).
Le Sezioni Unite hanno infine chiarito che il momento di riferimento per valutare la esistenza di una disciplina imperativa impeditiva della instaurazione del rapporto a tempo indeterminato è quello della conclusione del contratto di lavoro in contestazione.
Il richiamato arresto delle Sezioni Unite risolve la delicata questione dei criteri di ricognizione del carattere imperativo della norma, ai fini della sanzione di nullità— ex art. 1418, c.1, cod.civ.— del contratto di lavoro in contrasto con essa.
La soluzione accolta— la rilevanza pubblica dell’interesse coinvolto e la sua prevalenza sul dispiegarsi della autonomia contrattuale—suggerisce la tendenziale natura imperativa delle prescrizioni che limitano l’autonomia contrattuale delle associazioni e fondazioni nella fase di costituzione del rapporto di lavoro, a tutela di interessi pubblici.
Resta ancora aperta, invece, la questione degli effetti sul contratto di lavoro della violazione di divieti di assunzione o di prescrizioni relative all’espletamento di procedure selettive pubbliche non previsti in via legislativa ma nello statuto della associazione o della fondazione; la rilevanza pubblica dell’interesse coinvolto deve, infatti, in questa eventualità, fare i conti con il principio generale dell’art. 1372 c.c., secondo cui il contratto ha forza di legge tra le sole parti c