testo integrale con note e bibliografia

1. L’attività sindacale nella pubblica amministrazione
L’esonero dalla prestazione per l’esercizio delle funzioni sindacali è vicenda assai tormentata nella pubblica amministrazione, in virtù dell’idea che le rivendicazioni sindacali siano tese alla «stabilizzazione dei fattori operanti nelle strutture pubbliche e perpetuazione di privilegi normativi e sociali» anziché al miglioramento delle condizioni di lavoro , di tal ché l’attenzione riservata a questo tema ha spesso finito per indagare il fenomeno con occhio malevolo, alla ricerca dello scandalo.
Già nella l. quadro sul pubblico impiego si prevedeva che la relazione del Governo al Parlamento sullo stato della pubblica amministrazione e sul monitoraggio di costi e organici (art. 30, l. n. 775 del 1970) indicasse anche «l’attuazione degli accordi, la produttività, le disfunzioni, i tempi e i costi dell’azione amministrativa, il confronto con i rapporti di lavoro nel settore privato» (art. 16, l. n. 93 del 1983).
Tali accordi avevano consentito prerogative sindacali smisurate, nel senso che i dipendenti pubblici avevano potuto fruire di aspettative e permessi retribuiti, con la possibilità di cumulo tra le diverse tipologie e senza alcun limite massimo, come previsto ex art. 9 del Contratto collettivo nazionale quadro (d’ora in poi, CCNQ) del 7 agosto 1988 (recepito nel d.P.R. n. 395 del 1988) . In tempi relativamente recenti, la regolamentazione era, dunque, ben più vantaggiosa rispetto a quella del settore privato e prestava il fianco alle critiche, affatto velate, sopra esposte.
Di seguito e per tutti gli anni Novanta, vi erano state oscillazioni , sia per il contenuto, sia per la competenza a definirne gli aspetti , sino alla definitiva ed espressa contrattualizzazione avvenuta ex d.lgs. n. 80 del 1998.
L’attrazione della disciplina alla contrattazione collettiva ne determinò, in primis, la limitazione, in omaggio ai principi di buon andamento e di efficienza dell’azione amministrativa: l’art. 54, d.lgs. n. 29 del 1993 formalizzava, per la prima volta, la necessità di determinare un limite massimo all’utilizzo dei permessi e distacchi, demandando tale compito alla contrattazione collettiva.
Di seguito, gli accordi avviarono la difficile attività di riduzione della spesa, essendo stati giudicati insufficienti tanto il divieto di cumulo dei diversi permessi, quanto il taglio del 50% di aspettative e i permessi sindacali, operato con la l. n. 537 del 1993.
Di rinnovo in rinnovo , l’odierna disciplina è contenuta nel CCNQ del 4 dicembre 2017, che, pur emendato dai successivi accordi del 19 novembre 2019 e del 30 novembre 2023, rappresenta il testo di riferimento per la regolamentazioni dell’attività sindacale per «dipendenti e dirigenti di cui all’articolo 2, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e s.m.i. in servizio nelle Amministrazioni pubbliche indicate nell’articolo 1, comma 2, dello stesso decreto, ricomprese nei comparti di contrattazione collettiva e nelle relative autonome aree della dirigenza» nonché per il «personale in servizio presso le rappresentanze diplomatiche e consolari nonché presso gli istituti italiani di cultura all’estero (…)» .
La formulazione vigente ha il pregio di indicare in modo analitico le tipologie delle prerogative sindacali “superstiti”, quali: i distacchi sindacali (artt. 7, 8, 9, 16, 21, 22, 23, 24 CCNQ); i permessi sindacali per l’espletamento del mandato (artt. 10, 11, 12, 13, 14, 22, 23, 24 CCNQ); le aspettative e i permessi sindacali non retribuiti (artt. 15, 21 CCNQ) .
All’elencazione segue il riparto operato, da ultimo, dal CCNQ del 30 novembre 2023, che, nel Titolo III, disciplina «distacchi e permessi tra le associazioni sindacali rappresentative nei comparti nel triennio 2022-2014» e assegna, al successivo Titolo IV, la «ripartizione dei distacchi e permessi tra le associazioni sindacali rappresentative nelle aree dirigenziali nel triennio 2022-2024».
Le previsioni sono affiancate dalle relative tabelle di attribuzione, concordate tra le parti. Infatti «entro 45 giorni dalla firma dell’ipotesi di accordo sulla ripartizione delle prerogative» le confederazioni sindacali rappresentative, o le organizzazioni sindacali rappresentative che non aderiscano ad alcuna confederazione, comunicano formalmente all’Aran, la percentuale di permessi che intendono utilizzare in forma cumulata a livello nazionale (art. 12, CCNQ 2017). Di seguito, l’Aran pubblica sul proprio sito una tabella di sintesi delle comunicazioni ricevute, al fine di garantire la massima trasparenza e verificabilità del processo, nonché per consentire alle singole amministrazioni di conoscere la percentuale per il riparto dei permessi sindacali per l’espletamento del mandato.
Quanto alla titolarità delle prerogative sindacali, l’art. 50 del d.lgs. n. 165 del 2001 deve essere letto tenendo conto dell’art. 42, che attribuisce alle RSA, ovvero alle RSU, le guarentigie previste dallo Statuto agli artt. 23 (permessi retribuiti), 24 (permessi non retribuiti) e 30 (permessi retribuiti per la partecipazione alle riunioni degli organi direttivi nazionali e provinciali del sindacato di appartenenza), nonché le migliori condizioni riconosciute in sede di contrattazione collettiva. Altresì, il successivo art. 43 riconosce alle confederazioni e alle organizzazioni sindacali, ammesse alla contrattazione collettiva nazionale, in proporzione alla loro rappresentatività nel comparto o nell’area, il diritto a godere di aspettative, permessi e distacchi.
Spetta al sindacato segnalare «tempestivamente» e «per iscritto» all’amministrazione di appartenenza, i nominativi dei dirigenti in carica, la loro decadenza e/o la sostituzione con altri, affinché possano fruire delle prerogative sindacali, entro il limite massimo del contingente attribuito. Il punto di partenza è, dunque, l’individuazione del sacrificio richiesto alle amministrazioni (e agli utenti), che viene formalizzato nel CCNQ di «ripartizione dei distacchi e dei permessi tra le associazioni sindacali rappresentative nei comparti e nelle aree di contrattazione».
La misura più imponente sono i distacchi, prerogativa esclusiva delle associazioni sindacali rappresentative, il cui contingente complessivo si è da tempo cristallizzato in complessive 1223 unità, ripartite nei diversi comparti (1137 distacchi, ex art. 27, CCNQ 2023) e aree (86 distacchi, ex art. 32, CCNQ 2023). Possono goderne i componenti degli organismi direttivi statutari delle associazioni sindacali rappresentative, in servizio quali dipendenti o dirigenti, assunti a tempo indeterminato, anche part-time, con mantenimento della retribuzione per tutto il periodo di durata del mandato. Si tratta della più vistosa differenza con l’impiego privato, trattandosi di una aspettativa retribuita, posta a carico della p.a. datrice di lavoro, equiparata a tutti gli effetti al servizio prestato nell’amministrazione, anche ai fini della mobilità, eccezion fatta per il godimento delle ferie e il compimento del periodo di prova (art. 7, c. 2, CCNQ 2017). I distacchi possono essere fruiti in modo frazionato, sia per periodi (non inferiori a tre mesi, ex art. 8, c. 1, come riscritto dal CCNQ 2019), sia per rimodulare la prestazione da tempo pieno a tempo parziale (art. 8, c. 3).
Il sistema è simile per il godimento dei permessi retribuiti per l’attività sindacale esterna e di RSU. L’art. 10 CCNQ riconosce il diritto a fruire di permessi retribuiti, giornalieri, oppure frazionati a orari, per l’espletamento del mandato, secondo il riparto tra le organizzazioni sindacali rappresentative e la RSU, per comparti (art. 28, CCNQ 2023) e aree dirigenziali (art. 33, CCNQ 2023). Generalmente, e in rottura rispetto al passato, le diverse tipologie di permessi non sono cumulabili tra loro (art. 8, c. 7), con alcune eccezioni: la prima riguarda il dirigente sindacale in distacco part-time con percentuale lavorativa pari o superiore al 50%, a cui è concessa l’ulteriore fruizione dei permessi come componente della RSU (art. 8, c. 7-bis, introdotto dal CCNQ 2019). Nelle sole istituzioni scolastiche, educative e di alta formazione, ove la precedente eccezione non è applicabile, il dirigente sindacale in distacco part-time, che sia anche componente della RSU, può fruire dei permessi sindacali per partecipare alle riunioni convocate dall’amministrazione (art. 8, c. 7-ter, introdotto dal CCNQ 2019).

2. La digitalizzazione al servizio dell’economicità: dalla opacità alla trasparenza efficace

Il bilanciamento tra le posizioni in gioco nel godimento delle prerogative sindacali deve essere condotto, in primo luogo, tenendo sotto controllo i costi diretti, cioè le ore retribuite ma sottratte all’attività lavorativa, che gravano sui bilanci pubblici. Altresì, la consapevolezza di dover soppesare efficienza, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa porta all’evidenza per cui la compressione del servizio (derivante dalla legittima fruizione delle prerogative sindacali) deve avvenire attraverso modalità verificabili, sia in ordine al vaglio contabile, sia per il controllo diffuso da parte della collettività . Per le pp.aa. si tratta di una seria sfida, che si inserisce nel più ampio filone della trasparenza dell’amministrazione, vexata quaestio sin dagli albori dello Stato , in seguito riconosciuta come «principio del patrimonio costituzionale comune dei Paesi europei» e, oggi, posta a fondamento dell’amministrazione, quale baluardo democratico e fulcro delle politiche anticorruzione .
Relativamente alla fruizione dei permessi sindacali, già l’originario art. 54 del d.lgs. n. 29 del 1993 ne prevedeva un attento vaglio «al fine del contenimento, della trasparenza e della razionalizzazione» (c. 1), da realizzare fornendo «alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica il numero complessivo ed i nominativi dei beneficiari dei permessi sindacali» (c. 4) e «gli elenchi nominativi, suddivisi per qualifica, del personale dipendente collocato in aspettativa, in quanto chiamato a ricoprire una funzione pubblica elettiva, ovvero per motivi sindacali».
Nel tempo, lo strumento che si rivelato più idoneo a realizzare queste attività è stata l’introduzione di procedure digitali, atte a consentire un’ordinata raccolta dei dati, indispensabile per l’agevole rielaborazione, monitoraggio e correlata diffusione. Allo scopo, le pp.aa. si sono dotate di programmi gestionali, che hanno consentito l’interoperabilità tra uffici e anche tra amministrazioni diverse, le quali hanno potuto scambiarsi informazioni e rielaborarle. I vari software sono, oggi, inseriti in un portale unitario denominato «PerlaPA», che ospita, tra gli altri, la piattaforma GEDAP, destinata alla «Gestione Distacchi Aspettative e Permessi», che consente l’adempimento degli oneri di comunicazione.
L’art. 21, c. 5, CCNQ prevede che, entro il 31 gennaio di ogni anno, le organizzazioni sindacali debbano comunicare alle amministrazioni interessate le sole variazioni rispetto ai distacchi e alle aspettative in atto, e non anche le conferme. Si tratta di una semplificazione delle procedure, che consentono alle pp.aa. di comunicare tempestivamente (entro il 31 marzo) gli estremi dei provvedimenti di concessione, modifica o revoca dei distacchi, attraverso la piattaforma GEDAP . È compito del Dipartimento della Funzione pubblica verificare il rispetto dei contingenti dei distacchi (art. 21, c. 1, CCNQ 2017).
Ai sensi dell’art. 4, comma 4, d.m. 23 febbraio 2009, le amministrazioni debbono inviare al Dipartimento della funzione pubblica immediatamente e, comunque, non oltre due giornate lavorative successive all’adozione dei relativi provvedimenti di autorizzazione «le comunicazioni riguardanti la fruizione dei distacchi, aspettative e permessi sindacali da parte dei propri dipendenti».
Ai sensi dell’art. 50, c. 3 e 4 del d.lgs n, 165 del 2001, entro il 31 marzo dell’anno successivo, le pp.aa. comunicano, a consuntivo, l’effettivo utilizzo delle guarentigie. Questo invio è necessario per predisporre l’annuale «Relazione sull’andamento della spesa relativa all’applicazione degli istituti connessi alle prerogative sindacali concesse ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni»., che il Governo trasmette al Parlamento e alla Corte dei conti (art. 12 della l. 4 marzo 2009, n. 15). Attraverso la tecnologia, il richiesto report è diventato assai agevole e le fonti sono, oggi, complete e facilmente verificabili.
Con riferimento alle prerogative sindacali, l’indagine più recente disponibile è stata inviata alle Camere nel dicembre 2022 . Essa fa riferimento all’anno 2021 e si basa sui dati trasmessi a giugno 2022, che riguardano oltre il 95% delle amministrazioni. Il quadro che si staglia è molto chiaro circa quantità e qualità del loro godimento, anche in ordine alla diffusione e distribuzione nei comparti e nelle aree monitorate, per genere del personale. Con riferimento al solo impiego pubblico contrattualizzato, ai distacchi (oltre 436mila giornate) si sommano i permessi retribuiti (oltre 96mila) e non retribuiti (285mila), i permessi retribuiti per l’espletamento del mandato (125mila giorni, di cui 30mila destinati alle RSU), i quasi 15mila giorni di permesso sindacale retribuito per le riunioni di organismi direttivi sindacali e i quasi 1700 giorni per altri permessi non retribuiti. Queste assenze sono costate quasi 75milioni di euro, con un incremento di 6 milioni rispetto all’anno precedente (in virtù dei rinnovi contrattuali) , dopo il decremento intervenuto dal 2018 al 2020 e pari a circa 9 milioni di euro.
Invero, questa vittoria della digitalizzazione della pubblica amministrazione, che ha convertito in procedura telematica ciò che ante veniva effettuato attraverso la modulistica cartacea, non è stata una rivoluzione né semplice, né indolore per la p.a. , ma certamente necessaria per rendere i processi più trasparenti e, quindi, meglio erogabili e verificabili.
L’introduzione e lo svolgimento delle complesse procedure descritte e la conseguente analisi dei dati che da esse promanano consentono di svolgere facilmente i controlli necessari per l’auspicata “trasparenza” nell’utilizzo delle prerogative sindacali. La dettagliata relazione che il Dipartimento della funzione pubblica invia alle Camere potrebbe, infatti, agevolare la valutazione politica circa l’andamento della spesa, relativa all’applicazione degli istituti connessi alle prerogative sindacali concesse ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni. In caso di valutazione negativa circa il rapporto tra costi e benefici sarà compito dei Comitati di settore esprimere collegialmente l’intenzione di modificare l’assetto vigente, proporlo all’Aran e, per mezzo di essa, portarlo al tavolo negoziale. Altresì, questo sistema di controlli consentirebbe di verificare se vi fossero stati abusi nella fruizione di aspettative e permessi e soppesarne le responsabilità, anche in ordine a un dovere del sindacato di controllare che le prerogative sindacali siano legittimamente esercitate.
Si affacciano oggi questioni nuove, allorché le amministrazioni iniziano ad affrontare la questione della fruizione dei permessi da parte del personale che svolga la prestazione in modalità agile (cd. smart working). Nel merito, l’Aran, investita della vicenda, ha correttamente concluso per la compatibilità, a priori, delle due fattispecie, specie ove siano state individuate le fasce di reperibilità, nelle quali il lavoratore deve rendersi contattabile e disponibile per l’amministrazione. In tali fattispecie, secondo l’Agenzia, «anche nella modalità lavorativa agile potrebbe risultare necessaria la fruizione su base oraria dei permessi retribuiti previsti dal vigente CCNQ in tema di prerogative sindacali. Infatti, essi nella fattispecie in esame, si concretizzerebbero nella possibilità per il dipendente, in relazione ad un intervallo temporale determinato, di poter svolgere attività sindacale in orario coincidente con le predette fasce di reperibilità» .
Queste ipotesi, da un lato, rendono più difficili i controlli e le comunicazioni istituzionali “classiche”; dall’altro, spingono verso nuove forme di organizzazione dell’attività del sindacato, che sembrerebbero maggiormente idonee a tradursi in un coinvolgimento più efficace dei lavoratori e in una fruizione più economica delle prerogative sindacali, in una prospettiva win-win, di sicuro interesse per tutte le parti in campo, stakeholder e utenti del servizio compresi. La sensazione è, però, di essere perennemente “a metà del guado”, ove gli obblighi digitalizzati di gestione delle prerogative sindacali siano interpretati più come compliance che come tasselli indispensabili per una migliore adeguata erogazione dei servizi pubblici , in un eterno ritorno alle originarie esigenze di efficienza, efficacia ed economicità, ancora non completamente soddisfatte.

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