TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA

1. La trasparenza sull’organizzazione degli uffici e sull’utilizzo delle risorse umane e finanziarie destinate al perseguimento delle funzioni istituzionali costituisce uno degli strumenti per garantire e controllare il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione .
Le informazioni acquisite e pubblicate secondo le modalità previste dalla disciplina al riguardo, il cui sviluppo copre ormai l’ultimo quindicennio, hanno il duplice scopo di permettere all’amministrazione stessa di potere compiere scelte consapevoli sul piano organizzativo, ed eventualmente sanzionare comportamenti scorretti dei propri dipendenti, nonché di consentire ai cittadini (sia come lavoratori che come utenti dei servizi) di esercitare un controllo più ampio e diffuso sulla gestione delle risorse pubbliche.
Nell’esporre pregi e problemi relativi al flusso e al controllo dei dati rilevanti vanno innanzitutto segnalati i rischi derivanti dalla diffusione incontrollata di un eccesso di informazioni. In particolare, sussiste il pericolo – evidenziato anche dalla giurisprudenza costituzionale - che la pubblicazione di una massa di dati, in relazione ai quali non siano disponibili “efficaci strumenti di elaborazione, che non è ragionevole supporre siano a disposizione dei singoli cittadini” ai fini della selezione delle informazioni necessarie al raggiungimento dei legittimi obiettivi perseguiti dal legislatore, determini la c.d. “opacità per confusione” .
Vi sono tuttavia rischi ulteriori, segnalati anche da autori meno considerati sul piano letterario di quelli ai quali si fa abitualmente riferimento in materia di letteratura distopica, discendenti da una eccessiva dipendenza delle scelte finali da flussi informativi, il cui corretto inserimento e la cui leale diffusione costituiscono l’elemento imprescindibile per il raggiungimento delle finalità perseguite. Infatti, qualora la provenienza e la fondatezza delle informazioni non fossero attentamente verificate, i soggetti che le ricevono rischierebbero di subire inconsapevolmente condizionamenti anche rilevanti del loro comportamento .
La disciplina relativa agli obblighi in esami presenta peraltro spesso quel difetto – rilevato nella lingua in uso nel suo tempo da un altro noto autore di letteratura distopica – di “ovvietà delle immagini e di mancanza di precisione”, che sostituisce all’esattezza del linguaggio l’approssimazione discendente da un uso bulimico e non sorvegliato dei termini offerti dalla lingua italiana . Ciò rende l’interpretazione delle disposizioni non sempre agevole, e rende plausibili letture della disciplina che vanno oltre quelli che dovrebbero essere gli scopi dichiarati dal legislatore.

2. Il monitoraggio dell’impiego del lavoro flessibile, previsto dall’art. 36, c. 3 del D. lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e che va comunque condotto nel rispetto della disciplina sulla protezione dei dati personali, è stato introdotto al fine – dichiarato espressamente dal legislatore – di combattere gli abusi nell’utilizzo delle tipologie di contratto di lavoro diverse da quello a tempo indeterminato .
Il piano di intervento è stato asseritamente spostato da soluzioni di tipo restrittivo, vincolanti in modo aprioristico l’operato delle amministrazioni, in una logica di sfiducia nella capacità della dirigenza pubblica di gestire correttamente gli strumenti messi a disposizione dall’ordinamento, a misure di responsabilizzazione dei dirigenti stessi. Queste però consistono in ogni caso nell’applicazione di sanzioni di natura economica, da comminare all’esito dell’eventuale giudizio di valutazione negativa del dirigente, fondato sull’esistenza di tali violazioni.
Ai fini della realizzazione del monitoraggio è stata prevista l’introduzione di una procedura informatica, richiedente l’inserimento di una serie di informazioni e di risposte a quesiti standard, volte ad accertare la rispondenza dell’utilizzo dei contratti di lavoro flessibili alla disciplina di fonte legale. Tale forma di controllo, peraltro, non trova applicazione a tutte le amministrazioni pubbliche, in quanto esclude settori caratterizzati da un ampio uso del contratto di lavoro a tempo determinato, come il comparto della scuola, nonché il personale operante in regime di diritto pubblico, al cui interno sono presenti ampie fasce di lavoratori fortemente precarizzati.
La procedura prevede – per sommi capi – innanzitutto la rilevazione della dotazione organica dell’amministrazione, e il controllo degli adempimenti e del rispetto dei vincoli in materia di programmazione e finanza pubblica.
Va poi inserita l’indicazione delle tipologie contrattuali utilizzate, in relazione alle quali si chiedono una serie di informazioni tramite le quali valutare il rispetto della disciplina legale limitativa del loro utilizzo. Sulla base di tali informazioni, l’applicazione produce in automatico il rapporto informativo richiesto dalla disposizione.
Di tale rapporto va data informativa alle organizzazioni sindacali, tramite invio all’Osservatorio paritetico costituito presso l’Aran. Va inoltre trasmesso i nuclei di valutazione e agli organismi indipendenti di valutazione, nonché al Dipartimento della Funzione pubblica, che sulla base dei rapporti ricevuti predispone una relazione annuale per il Parlamento.
Il rapporto va integrato con l’inserimento, in formato pdf, dei file contenenti il provvedimento che ha previsto la dotazione organica, il provvedimento di nomina dei dirigenti scelti senza selezione pubblica e del loro curriculum vitae, nonché la relazione con cui il nucleo di valutazione, o l’organismo indipendente di valutazione, esprimono le loro considerazioni.
Tra queste assume particolare rilevanza quella sulle eventuali anomalie nell’utilizzo delle forme di lavoro flessibile, che dovessero essere state rilevate dall’applicazione informatica. In questo modo è possibile per l’amministrazione fornire le ragioni giustificatrici di quella che diversamente risulterebbe essere un’immotivata violazione della disciplina delle forme flessibili di utilizzo della manodopera.

3. L’art. 1, c. 1 del D. lgs. 14 marzo 2013, n. 33 (provvedimento che disciplina tra gli altri gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni da parte delle amministrazioni pubbliche), definisce la trasparenza come “accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”. Viene dunque valorizzata la realizzazione di forme diffuse di controllo e di partecipazione, rispetto alla verifica a posteriori della correttezza dell’operato delle amministrazioni da parte del Dipartimento delle Funzione Pubblica, che caratterizza invece il monitoraggio del lavoro flessibile.
L’ambito soggettivo di applicazione della normativa in esame è più ampio delle pubbliche amministrazioni, come individuate dall’art. 1, c. 2 del D. lgs. 165 del 2001. Sono infatti obbligati al rispetto di tale disciplina anche gli enti pubblici economici, gli ordini professionali (i quali rientrano nella nozione di pubblica amministrazione, ma a quali la relativa disciplina è applicabile con numerose deroghe), le società pubbliche di cui all’art. 2, c. 1 lett. m) del D. lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (ad esclusione delle società quotate e di quelle da esse partecipate, a meno che il controllo di queste o una quota della loro partecipazione non sia in capo a pubbliche amministrazioni), nonché i soggetti di diritto privato (come ad esempio le fondazioni liriche), anche se privi di personalità giuridica, che abbiano un bilancio annuale superiore a cinquecentomila euro, la cui attività sia finanziata in modo maggioritario per almeno due esercizi finanziari consecutivi nell'ultimo triennio da pubbliche amministrazioni, e nei quali tutti gli amministratori o i componenti degli organi di indirizzo siano scelti da amministrazioni pubbliche.
Tali soggetti, fermi restando gli obblighi previsti dalle disposizioni in materia di concorsi pubblici (e dunque ad esempio la pubblicazione nel portale di cui all’art. 35 ter del D. lgs. 165 del 2001, e all’art. 4 del D.p.r. 9 maggio 1994 n. 487, entrato a regime nel luglio del 2023) sono obbligati dall’art. 19 del D. lgs. 33 del 2013 a pubblicare sul proprio sito i criteri di valutazione dei candidati formulati dalle commissioni di concorso, le tracce delle prove scritte, e le graduatorie finali dei partecipanti, aggiornate con l’eventuale scorrimento degli idonei non vincitori.
Gli artt. 16 e 17 del D. lgs. 33 del 2013 impongono ai soggetti in questione la pubblicazione di una serie di informazioni che ai sensi dell’art. 60, c. 2 del D. lgs. 165 del 2001 devono altresì essere inviate alla Corte dei conti e al Dipartimento della funzione pubblica. In particolare, va pubblicato il conto annuale del personale sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, e le relative spese, arricchito dei dati relativi alla dotazione organica e al personale effettivamente in servizio (comprensivi del costo complessivo di questo), e ai relativi costi, con l’indicazione della distribuzione tra le diverse aree professionali, con particolare riguardo al personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politico.
La disposizione in esame impone poi la pubblicazione trimestrale dei dati relativi al tasso di assenza del personale, distinti per uffici a livello dirigenziale, nonché del costo del personale assunto con rapporti di lavoro non a tempo indeterminato, con particolare riguardo ai soggetti assegnati agli uffici di diretta collaborazione con gli organi di indirizzo politico.
Il Dipartimento della funzione pubblica è poi obbligato ad assicurare adeguate forme di pubblicità dei percorsi di mobilità dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni , anche attraverso la pubblicazione dei dati identificativi dei soggetti interessati. Ciò a fine di evitare passaggi tra amministrazioni mediante procedure non trasparenti, che favorirebbero l’acquisizione – sia pure da altre amministrazioni pubbliche – di dipendenti graditi ai soggetti che in quello specifico momento fossero posti al vertice dell’ente ricevente.
L’art. 14 del D. lgs. 33 del 2013 impone alle pubbliche amministrazioni di pubblicare una serie di informazioni relative ai titolari di incarichi dirigenziali (a qualsiasi titolo conferiti, compresi quelli attribuiti discrezionalmente e senza procedure pubbliche di selezione), e ai titolari di posizioni organizzative che siano chiamati, sotto qualsiasi forma, allo svolgimento di funzioni dirigenziali. In particolare, sono obbligatoriamente oggetto di pubblicazione l’atto di nomina con l’indicazione della durata dell’incarico, il curriculum vitae, i compensi e gli importi di viaggi, servizi e missioni posti a carico del bilancio pubblico, nonché eventuali ulteriori incarichi conferiti a titolo oneroso dalle pubbliche amministrazioni, e i relativi compensi.
La disposizione è stata oggetto di una dichiarazione di illegittimità parziale da parte della Corte costituzionale, la quale ha ritenuto non conforme alla Costituzione l’imposizione dell’obbligo di pubblicare le dichiarazioni dei redditi e della situazione patrimoniale proprie, del coniuge non separato, dei figli e dei parenti entro il secondo grado (purché questi vi acconsentano) a tutti i titolari di incarichi dirigenziali, a qualsiasi titolo conferiti, ivi inclusi quelli conferiti discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione, ed ai titolari di posizioni organizzative che svolgano funzioni dirigenziali, anziché soltanto ai titolari degli incarichi dirigenziali previsti dall’art. 19, c. 3 e 4 del D. lgs. 165 del 2001. Ciò alla luce dell’elementare considerazione che si rende necessario introdurre una graduazione degli obblighi di trasparenza, in relazione alla maggiore o minore rilevanza dell’incarico affidato al dirigente, in un’ottica di bilanciamento con gli altri diritti fondamentali coinvolti .
Il successivo art. 18 impone invece alle amministrazioni pubbliche la pubblicazione di tutti gli incarichi conferiti ai propri dipendenti, e di quelli autorizzati per lo svolgimento presso altre amministrazioni, con indicazione della durata di ogni incarico e del relativo compenso.
L’art. 20 del D. lgs. 33 del 2013 obbliga le amministrazioni a pubblicare i dati relativi alla valutazione delle performance e alla distribuzione dei premi al personale . Vanno innanzitutto pubblicati l’ammontare complessivo dei premi in questione, e l’importo effettivamente distribuito. Vanno altresì pubblicati i criteri definiti nei sistemi di misurazione e valutazione della performance per l'assegnazione del trattamento accessorio, nonché i dati relativi alla sua distribuzione. Tali dati, per evidenti ragioni di rispetto del diritto alla riservatezza, vanno però comunicati in forma aggregata.
La pubblicazione dovrebbe dimostrare il livello di selettività utilizzato nella distribuzione dei premi e degli incentivi, nonché il grado di differenziazione nell'utilizzo della premialità sia per i dirigenti sia per i dipendenti. Non è però ovviamente detto che tali elementi – che il legislatore parrebbe volere imporre alle amministrazioni – si realizzino effettivamente nei termini suddetti. In altre parole, potrebbe risultare dalla relazione una distribuzione dei premi e degli incentivi che contenga una differenziazione assai ridotta tra i lavoratori interessati.
L’art. 21 del D. lgs. 33 del 2013 impone alle pubbliche amministrazioni di pubblicare i riferimenti necessari per la consultazione dei contratti e accordi collettivi nazionali, che si applicano loro, nonché le eventuali interpretazioni autentiche. Non è dunque necessaria la pubblicazione dell’intero documento, ma basta l’indicazione della fonte presso la quale è possibile reperirlo.
L’obbligo è altresì previsto per i contratti integrativi, i quali vanno pubblicati unitamente alla relazione tecnico-finanziaria e a quella illustrativa, certificate dagli organi di controllo di cui all' art. 40 bis c. 1 del D. lgs. 165 del 2001.
Sono soggette altresì a pubblicazione le informazioni sui costi della contrattazione integrativa, certificate dagli organi di controllo interno, che le amministrazioni pubbliche sono obbligate, ai sensi del c. 3 del citato art. 40 bis, a inviare annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze.
La relazione illustrativa ha un contenuto in parte vincolato, in quanto deve evidenziare gli effetti attesi in esito alla sottoscrizione del contratto integrativo in materia di produttività ed efficienza dei servizi erogati, anche in relazione alle richieste dei cittadini.
Tutti gli obblighi in questione sono affermati con salvezza di quanto previsto dal precedente art. 9 bis, il quale regolamenta la pubblicazione delle informazioni tramite le banche dati indicate nell’allegato al D. lgs. 33 del 2013.

 

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