testo integrale con note e bibliografia
Lavoro Diritti Europa ha scelto di dedicare un focus tematico all’istituto classico dell’onere (o obbligo) di repêchage nei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo , organizzando lo scorso 15 giugno 2023 una tavola rotonda online, insieme con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e la nuova associazione AIDLASS Forense.
La ragione è presto detta: anche se il tema è stato ampiamente sviscerato dalla dottrina ed è stato oggetto di numerose sentenze di merito e di legittimità, le riforme relativamente recenti dell’art. 2103 c.c. (con il decreto del 2015 attuativo del Jobs act) e della disciplina sanzionatoria dei licenziamenti (già con la riforma Monti-Fornero del 2012), pongono nuove questioni di particolare interesse e complessità, cui dottrina e giurisprudenza non hanno, per il momento, dato risposte univoche.
Di primo acchito, si potrebbe pensare che la riforma dell’art. 2103 c.c. produca un’ampia estensione dell’obbligo di repêchage a tutela della salvaguardia del posto di lavoro a rischio, facendo da risvolto pro labour di una riforma chiaramente orientata ad accogliere le esigenze di flessibilità organizzativa interna delle aziende . Tuttavia, da un altro punto di vista, il superamento della tutela reale quale sanzione del licenziamento economico illegittimo, potrebbe favorire un atteggiamento applicativo più cauto, visto che, in origine, la giurisprudenza aveva creato questo istituto in un contesto (anche ideologico e politico) favorevole, caratterizzato da una visione del posto di lavoro più “proprietaria”, e del licenziamento per g.m.o. quale extrema ratio (si pensi alla ricostruzione di D’Antona che fondava il repêchage proprio sulla versione originaria dell’art. 18 st. lav.).
In definitiva, non è facile stabilire se il repêchage (o meglio, la sua estensione) sia una variabile indipendente oppure dipendente (in tutto o in parte) della disciplina dell’art. 2103 c.c. e/o di quella dei licenziamenti.
Perciò, non deve stupire troppo se la risposta della giurisprudenza di questo ultimo decennio non sia stata netta. Le decisioni consultabili nelle banche dati, infatti, offrono un quadro diversificato, frastagliato, se non, a volte, incerto.
Peraltro, non è detto che, per il momento, si sia raccolto tutto ciò che era possibile cavare dai ritoccati rapporti sistemici fra le discipline coinvolte. Anche perché, come è noto, un ruolo non secondario nella valorizzazione dei nessi fra repêchage, ius variandi e licenziamento per giustificato motivo oggettivo è giocato dalla contrattazione collettiva. Uno strumento che, per quanto più flessibile e dinamico della legge, necessita di tempi più lunghi per metabolizzare le interferenze esterne che assegnano ai contenuti degli accordi sindacali nuove o diverse funzioni .
Dunque, dopo 8 e 11 anni dalle riforme succitate, è il tempo, per lo meno, per delle riflessioni utili ad identificare delle tendenze, non certo delle soluzioni definitive, visto che il quadro applicativo di riferimento non sembra ancora sufficientemente stabile, ammesso che potrà mai esserlo .
Gli scritti che abbiamo deciso di raccogliere dopo la tavola rotonda online dello scorso giugno, mi pare abbiamo in comune questo “non detto”, una specie di fil rouge che si presenta, in certi casi, come un presupposto e, in altri, come una conseguenza dei ragionamenti sviluppati dagli autori per venire a capo di profili specifici dell’istituto del repêchage.
Come osserverà chi avrà la pazienza (e, si spera, il piacere) di leggere i contributi raccolti, le risposte offerte ai tanti dubbi posti dall’istituto sono molteplici. La ragione di ciò è dovuta anche al fatto che il tema è per sua natura divisivo sotto il profilo politico/ideologico, perché il repêchage, alla fine dei conti, è stato creato o dedotto (a seconda, per l’appunto, dell’approccio culturale di ognuno) in modo da far coesistere nelle aule di giustizia valori e interessi opposti o diversi (diritto al lavoro, alla professionalità, alla libertà d’impresa). Ma la scelta degli autori (e, prima, degli interventori) coinvolti nell’iniziativa non è dipesa dalla loro inclinazione (rectius, dalla loro sensibilità per una parte o per l’altra del rapporto di lavoro), quanto dalla loro professione. Sono stati invitati, infatti, sia accademici, sia avvocati, sia giudici. Perciò, riteniamo che il focus si contraddistingua più che altro per una eterogeneità d’approccio tecnico e di funzione, più che per l’inevitabile varietà di posizioni.
I profili dell’istituto analizzati, peraltro, sono tutti diversi e sono stati selezionati in ragione della loro particolare attualità dovuta all’intervento di recenti sentenze. La prof. M. T. Carinci ha ripreso le sue note tesi sul gmo e sull’istituto del repêchage, aggiornandole alla (e confermandole alla luce delle) recenti sentenze della Consulta in materia di regime sanzionatorio dei licenziamenti. Il prof. Calcaterra, a partire dalla sua visione del gmo nel prisma della disciplina dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, ha analizzato il ruolo dell’obbligo formativo nello svolgimento del repêchage, muovendo dal caso degli accomodamenti ragionevoli previsti per i lavoratori disabili. Anche il dr. Dallacasa ha considerato il ruolo della formazione, ma esaminando più in astratto la sua funzione in contrappunto agli interessi in gioco nell’applicazione della regola del repêchage. L’avv. Cavallini, ancora, ha valutato il ruolo delle clausole di buona fede e correttezza nell’applicazione dell’istituto, alla luce in particolare della recente Cass. 12132/2023 che ha affrontato il problema delle posizioni vacanti – e, quindi, assegnabili al lavoratore “ripescabile” – poco prima o poco dopo il recesso datoriale. L’avv. Amoriello, infine, si è soffermata sul delicato tema dell’onere di allegazione e prova in giudizio .
Quello degli autori non era compito facile, perché il tema impone all’interprete di camminare come un equilibrista che non può contare sul sostegno di stabili norme di legge e che ha quindi l’esigenza di appoggiarsi, passo dopo passo, sugli orientamenti cangianti di quella giurisprudenza che, ideando il repêchage, ha introdotto nel sistema una trovata davvero “ardita” anche se “non radicale”, come ebbe a dire il compianto prof. Del Punta .
La rivista ed io personalmente, quindi, ringraziamo gli autori che hanno accettato di condividere le loro riflessioni in occasione della tavola rotonda e che hanno aderito all’invito di dare loro forma scritta per questo focus tematico.