testo integrale con note e bibliografia
1. La responsabilità solidale nei trasferimenti d’impresa di cui all’art. 2112 c.c.
Uno dei temi che attanaglia e vincola la circolazione delle aziende, lo sappiamo bene, riguarda la responsabilità solidale tra cedente e cessionario in relazione ai crediti di lavoro.
Si tratta del ben noto art. 2112 c.c. che, ai commi 1 e 2, recita testualmente:
Comma 1: In caso di trasferimento dell'azienda, il rapporto di lavoro continua con l'acquirente ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.
Comma 2: L'alienante e l'acquirente sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del Codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione dell'alienante dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
Nello specifico richiamiamo gli effetti della norma, a tutti noti, che sono, in dettaglio:
a) in tutti i casi di trasferimento di impresa o di ramo di essa, sia esso affitto, cessione, conferimento ecc., fermo restando le norme civili specifiche di ogni singola operazione, tutti i rapporti di lavoro proseguono col cessionario:
b) tutti i lavoratori trasferiti conservano i diritti maturati presso il cedente;
c) per tutti i crediti di lavoro maturati fino alla data del trasferimento, cedente e cessionario sono obbligati in solido;
d) con accordi in sede protetta, il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
Si intende, in questa sede, analizzare nel dettaglio la responsabilità solidale sui debiti di lavoro di cui al punto c) che precede, soprattutto con specifico riguardo alla posizione del soggetto cessionario, che riceve “in eredità” dal cedente i debiti di lavoro di competenza di quest’ultimo.
Trattasi, difatti, di norma considerata “inderogabile” a protezione del lavoratore, che resta il "creditore debole" nei confronti del datore. La giurisprudenza ha più volte confermato la natura imperativa di questa solidarietà, rendendola derogabile esclusivamente con la specifica sottoscrizione di accordi individuali raggiunti in sede protetta.
2. La solidarietà dei rapporti di lavoro cessati.
Un primo risvolto da focalizzare riguarda l’inapplicabilità della solidarietà nei casi di rapporti di lavoro cessati prima del perfezionamento del trasferimento stesso. La Cassazione ha, più volte, affermato (da ultimo con l’ordinanza n. 21961 del 21.07.2023) che la solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti vantati dal dipendente al momento del trasferimento d'azienda, a prescindere dalla conoscenza o conoscibilità degli stessi da parte del cessionario, presuppone la vigenza del rapporto di lavoro al momento del trasferimento d'azienda.
Occorre, peraltro, prestare attenzione a questa specifica deroga. Si badi bene, infatti, che lo svincolo dalla solidarietà del cessionario per i debiti di lavoro relativi a lavoratori non rientranti nel perimetro dell’azienda trasferita, in quanto già cessati al momento dell’efficacia giuridica del trasferimento, riguarda la responsabilità solidale di cui all’art. 2112 c.c. e non coinvolge altre norme derogatorie riferite allo specifico negozio giuridico oggetto del trasferimento, quale, ad es. il secondo comma dell’art. 2560 c.c. che, per le cessioni di azienda, dispone: “nel trasferimento di un'azienda commerciale, risponde dei debiti del cedente, anche l'acquirente dell'azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.
Mi spiego meglio: il fatto che in una cessione di azienda o di ramo di essa in cui sia coinvolto un lavoratore già cessato al quale non sono stati ancora corrisposti tutti i suoi crediti non si applichi la solidarietà del cessionario ex art. 2112 c.c., non significa che lo stesso non divenga comunque, tout court, responsabile solidale di quel debito. Sarà, infatti, sufficiente che il debito nei confronti del lavoratore cessato risulti dalle scritture contabili del cedente per renderlo obbligato solidale, nonostante la non applicabilità dell’art. 2112 c.c.
Altra questione, strettamente connessa a questa, riguarda i debiti di lavoro non conoscibili e/o individuabili al momento del trasferimento. Si tratta di quei debiti, riferibili ad un periodo antecedente il trasferimento, ma non aventi condizione certa e/o accertata al momento di efficacia dello stesso. Mi riferisco, ad esempio, ai casi di licenziamento nullo e/o annullabile che prevedano una reintegra del lavoratore.
In questo caso, pur essendo il lavoratore cessato in seguito a licenziamento, prima della data di trasferimento, qualora una successiva sentenza (o atto volontario) ne disponga la reintegra, egli avrà diritto ad essere trasferito unitamente alla tutela solidale dei propri crediti.
Secondo Cassazione (Cass. 11/03/2022, n. 8039), infatti, “la continuazione del rapporto di lavoro alle dipendenze della cessionaria si realizza per i lavoratori che sono dipendenti della cedente al momento del trasferimento o che tali devono considerarsi per effetto della nullità o dell’annullamento del licenziamento, con ripristino o reintegra nel posto di lavoro”.
3. Gli effetti circolatori tra più imprese e le conseguenze in tema di responsabilità solidale.
Un secondo risvolto che a cui il cessionario deve prestare attenzione, riguarda gli effetti circolatori tra più imprese e le relative conseguenze in caso di responsabilità solidale dei soggetti coinvolti.
Soffermiamoci, ad esempio, su una tipica operazione che, non di rado, capita nei trasferimenti di impresa, soprattutto nelle aziende coinvolte da crisi e/o insolvenza più o meno reversibile: la società A che trasferisce in affitto l’azienda od un ramo di essa alla società B, la quale, al termine dell’affitto, retrocede il tutto alla società primaria A, che cede, a sua volta, l’azienda alla società C.
In questo caso abbiamo il coinvolgimento, in misura diversa, di tre soggetti nella solidarietà passiva sui debiti di lavoro, solidarietà che non si estingue con la cessazione del negozio giuridico da cui essa è originata (leggasi: la società B non cessa di essere responsabile solidale per i debiti ricevuti da A per il solo fatto che l’affitto di azienda sia terminato ed i lavoratori siano stati retrocessi), ma la cui durata è da individuare nella prescrizione del credito da lavoro (in genere 5 anni dalla cessazione del rapporto).
Si presti infatti attenzione all’esempio dello schema circolatorio sotto riportato:
A questo punto verifichiamo gli effetti della solidarietà che coinvolgono i tre soggetti, tenendo in considerazione, quale principio primario, che alla solidarietà per i debiti di lavoro ex art. 2112 c.c. si rendono applicabili le norme del Codice civile relative alle obbligazioni in solido di cui agli artt. 1292 e segg.
Per quanto fin qui esposto, nell’esempio sopra indicato, traiamo la conclusione che il lavoratore A, una volta cessato il proprio rapporto di lavoro presso Gamma, creditore di un TFR maturato complessivo di € 9.000, potrà esercitare il proprio diritto di riscossione su Gamma per tutte i 9.000 € (di cui € 2.500 quale credito primario e € 6.500 quale credito solidale), in alternativa potrà esercitare il proprio diritto di riscossione su Alfa per € 6.500 (di cui € 4.500 quale credito primario e € 2.000 quale credito solidale) e, quale ulteriore alternativa, potrà esercitare il proprio diritto di riscossione su Beta per € 6.500 (di cui € 2.000 quale credito primario e € 4.500 quale credito solidale). A nulla valgono i criteri giuridici utilizzati nei rapporti debito/credito tra le diverse società (leggasi condizioni e patti stipulati in sede di atto di trasferimento), perché il lavoratore sarà titolare di un diritto generale e non sussidiario (non è prevista la preventiva escussione del debitore principale) e potrà attivare indistintamente, su ciascuno dei tre soggetti, le procedure e gli strumenti, anche coattivi, di riscossione.
Posta la correttezza della presente tutela giuridica, poiché mette al riparo il credito del soggetto debole (lavoratore) rispetto agli effetti circolatori, più o meno leciti, messi in atto dai rispettivi datori, il punto su cui ci dobbiamo soffermare, lato azienda, è l’individuazione di quali strumenti giuridici e quali accortezze possano essere d’aiuto alle società coinvolte che erroneamente “ritengono” di aver risolto le proprie posizioni debitorie.
Voglio dire che Beta, una volta gestito in affitto l’azienda e retrocessa, nel definire i rapporti di debito/credito all’atto di retrocessione dovrà tener conto che, nel futuro, potrà trovarsi coinvolta in una richiesta di versamento di TFR maturato durante il rapporto di lavoro con Alfa, non preventivata. Lo stesso discorso valga per Alfa al momento della cessione definitiva dell’azienda a Gamma e, come vedremo in seguito, se mal gestita, si potrebbero produrre effetti indesiderati anche per Gamma.
4. I rapporti interni tra debitori solidali.
La prima riflessione deve essere fatta con riferimento all’art. 1298 c.c., che disciplina i rapporti interni tra debitori o creditori solidali, considerando che:
l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di ciascuno di essi.
le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.
Nel solco di tale disciplina si inserisce l’art. 1299 c.c., disponendo nel senso che il debitore che ha pagato l’intero debito, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi, può ripetere dai condebitori soltanto la parte di ciascuno di essi, parte che, ai sensi del 2° comma dell’art. 1298 c.c., si presume uguale alle altre, se non risulta diversamente.
Risulta, dunque, importante precisare, nell’atto di trasferimento che norma i rapporti interni tra i co-debitori, che l’obbligazione in solido viene contratta nell’interesse esclusivo del debitore originario e che, ai fini dei rapporti interni tra i co-debitori, il debito resta vincolato al debitore originario.
Resta comunque il problema dell’insolvenza di un co-debitore ex art. 1299 c.c.: la perdita si ripartisce per contributo tra gli altri condebitori, compreso quello che ha fatto il pagamento. La stessa norma si applica qualora sia insolvente il condebitore nel cui esclusivo interesse l'obbligazione era stata assunta.
Se applicassimo questo principio all’esempio di cui sopra, possiamo trarre le seguenti conclusioni:
Se Gamma dovesse pagare tutto il TFR (€ 9.000), in caso di corretta definizione nell’atto di trasferimento dell’interesse esclusivo del debitore principale, quest’ultima potrà rivalersi su Alfa per € 4.500 e su Beta per € 2.000; se Alfa poi risulterà insolvente la sua perdita andrà ripartita tra Beta e Gamma (€ 2.250 ciascuno).
Se Gamma dovesse pagare tutto il TFR (€ 9.000), in caso di NON corretta definizione nell’atto di trasferimento dell’interesse esclusivo del debitore principale quest’ultima potrà rivalersi su Alfa per € 3.000 e su Beta per € 3.000; se Alfa poi risulterà insolvente la sua perdita andrà ripartita tra Beta e Gamma (€ 1.500 ciascuno).
Si noti, quindi, come Gamma, pur avendo già corrisposto l’intero credito al lavoratore, in caso di insolvenza di uno dei co-debitori, in forza di quanto disposto dall’art. 1299 c.c., si potrebbe trovare nell’impossibilità di recuperare una parte del proprio credito.
5. La rinuncia alla solidarietà a favore di un co-obbligato da parte del lavoratore
Succede spesso che, al fine di mitigare gli effetti della responsabilità solidale, le parti richiedano al lavoratore, in sede protetta, di rinunciare alla solidarietà vuoi a favore del cedente, vuoi a favore del cessionario (questione quest’ultima che lascia qualche dubbio di legittimità posto che l’art. 2112 c.c. prevede la possibilità di deroga a favore del solo cedente).
Anche qui, però, al fine di evitare scivoloni inattesi, è importante prestare attenzione alle norme del Codice civile che regolano tale rinuncia, ovvero all’art. 1311 cc, il quale dispone che:
il creditore che rinuncia alla solidarietà a favore di uno dei debitori conserva l’azione in solido contro gli altri.
in tal caso il debitore verso cui si rinuncia alla solidarietà non è necessariamente liberato poiché se non vi è anche quietanza egli rimane tenuto per la propria parte di obbligazione.
Ne consegue che, ove vi sia un creditore che rinunci al vincolo di solidarietà a favore di uno dei co-debitori, quest’ultimo non potrà essere escusso per l’intero debito ma solo per la sua quota; gli altri co-debitori resteranno obbligati in solido tra loro non estendendosi detto effetto anche a quei soggetti rispetto ai quali la rinuncia del creditore non sia avvenuta.
Da tale costruzione, deriva che mentre il debitore beneficiato sarà tenuto solo pro quota, gli altri saranno tenuti in solido per l’intera prestazione, compresa la quota del beneficiato.
Anche qui, se applicassimo questo principio all’esempio di cui sopra, ne potremmo trarre le seguenti conclusioni:
se il lavoratore rinunciasse alla solidarietà di Alfa, in caso di corretta definizione nell’atto di trasferimento dell’interesse esclusivo del debitore principale, egli potrà comunque rivalersi su Alfa per € 4.500 e su Beta o Gamma per € 9.000; qualora Beta dovesse pagare l’intero debito di € 9.000, quest’ultima potrà rivalersi su Alfa per € 4.500 e su Gamma per 2.500.
se il lavoratore rinunciasse alla solidarietà di Alfa, in caso di NON corretta definizione nell’atto di trasferimento dell’interesse esclusivo del debitore principale, egli potrà comunque rivalersi su Alfa per € 3.000 e su Beta o Gamma per € 9.000; qualora Beta dovesse pagare l’intero debito di € 9.000, quest’ultima potrà rivalersi su Alfa per € 3.000 e su Gamma per € 3.000.
Si noti, quindi, come la rinuncia alla solidarietà non sia lo strumento idoneo alla liberazione del co-debitore.
6. La remissione del credito a favore di un co-obbligato da parte del lavoratore.
Sempre al fine di mitigare gli effetti della responsabilità solidale, risulta più idoneo, rispetto alla rinuncia alla solidarietà, richiedere al lavoratore, in sede protetta, di rinunciare volontariamente al proprio credito.
Anche qui, è importante prestare attenzione alle norme del Codice civile che regolano tale rinuncia, ovvero all’art. 1301 c.c., il quale disciplina la remissione del debito e dispone che:
la remissione a favore di uno dei debitori in solido libera anche gli altri debitori, salvo che il creditore abbia riservato il suo diritto verso gli altri.
in caso di riserva del diritto verso gli altri debitori, il creditore può esigere il credito da questi, detratta la parte del debitore a favore del quale ha consentito la remissione.
Da quanto detto si può capire quali e quante siano le differenze tra la rinuncia alla solidarietà e la remissione del debito, perché nel primo caso si tratta della rinuncia ad un effetto della solidarietà, cioè della rinuncia a pretendere l’intero dal coobbligato, e nel secondo si tratta della rinuncia alla prestazione:
a) nella prima il debitore in favore del quale è intervenuta la rinuncia è ancora tenuto ad adempiere la propria quota, mentre nella remissione è liberato.
b) nel caso della rinuncia gli altri debitori continueranno a rispondere per l’intero, mentre nella remissione non dovranno adempiere la quota del debitore liberato.
c) infine, mentre la remissione si presume estesa a tutti i debitori (art. 1301 c.c.), la rinuncia alla solidarietà compiuta verso un solo debitore non si estenderà agli altri, anche quando non si specifichi la volontà di limitarla a questo.
Anche qui, se applicassimo questo principio all’esempio di cui sopra, ne potremmo trarre le seguenti conclusioni:
se il lavoratore rimettesse il debito di Alfa con riserva dei diritti sui coobbligati, in caso di corretta definizione nell’atto di trasferimento dell’interesse esclusivo del debitore principale, egli potrà rivalersi sia su Beta che su Gamma per € 4.500; qualora Beta dovesse pagare l’intero debito di € 9.000, quest’ultima potrà rivalersi su Gamma per 2.500.
se il lavoratore rimettesse il debito di Alfa con riserva dei diritti sui coobbligati, in caso di NON corretta definizione nell’atto di trasferimento dell’interesse esclusivo del debitore principale, egli potrà rivalersi sia su Beta che su Gamma per € 6.000; qualora Beta dovesse pagare l’intero debito di € 9.000, quest’ultima potrà rivalersi su Gamma per € 3.000.
7. La deroga alla solidarietà nelle crisi di impresa.
Da ultimo una finestra sulla solidarietà nei trasferimenti delle imprese in crisi e/o insolvenza, dopo le modifiche introdotte dal correttivo ter al Codice della Crisi d’Impresa.
L’inderogabilità alla responsabilità solidale che, come visto in precedenza, per le aziende in bonis può essere contravvenuta solo attraverso accordi individuali coi lavoratori stipulati in sede protetta, trova alcune deroghe in caso di trasferimenti che riguardano imprese in crisi.
Dapprima, il comma 4-bis dell’art. 47 della L. 428/90 ci precisa che l'articolo 2112 del Codice civile trova applicazione, per quanto attiene alle condizioni di lavoro, nei termini e con le limitazioni previste dall'accordo medesimo, qualora il trasferimento riguardi aziende:
a) in concordato preventivo in regime di continuità indiretta, con trasferimento di azienda successivo all'apertura del concordato stesso;
b) per le quali vi sia stata l'omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, quando gli accordi non hanno carattere liquidatorio.
Una prima deroga alla responsabilità solidale del cessionario è quindi possibile, con esclusivo riferimento ai concordati in continuità indiretta (solo se il trasferimento avviene post apertura del concordato) ed all’omologazione di accordi di ristrutturazione debiti non liquidatori, attraverso una deroga all’art. 2112 c.c., contratta con l’accordo collettivo ex articolo 47, L. 428/90. Ad onor del vero trattasi di una dizione perlopiù pleonastica in quanto ben difficilmente le Organizzazioni Sindacali si assumono la responsabilità di derogare le norme dell’art. 2112 c.c. con l’ausilio di un accordo collettivo.
Abbiamo poi il comma 5-bis dell’art. 47 della L. 428/90, che dispone espressamente l’inapplicabilità del 2° comma dell’art. 2112 c.c. (e quindi della responsabilità solidale del cessionario), qualora il trasferimento riguardi aziende:
a) nei confronti delle quali vi sia stata apertura della liquidazione giudiziale;
b) per le procedure di concordato preventivo liquidatorio;
c) per le procedure di liquidazione coatta amministrativa, nel caso in cui la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata.
Una seconda deroga alla responsabilità solidale è, quindi, disposta con esclusivo riferimento alle procedure aventi carattere liquidatorio (con colpevole mancanza del concordato semplificato, non richiamato, pur essendo una tipica procedura liquidatoria).
Si sottolineano due riflessioni importanti su questa seconda deroga:
• la prima è che mentre la prima deroga di cui al comma 4-bis è possibile solo su volontà delle parti attraverso la stipula di accordi collettivi, questa seconda deroga di cui al comma 5-bis è invece disposizione legislativa, peraltro neppure derogabile con accordo collettivo ma esclusivamente con accordi individuali di accollo;
• la seconda, ed è abbastanza un paradosso, è che, forse a causa di un’infelice stesura, questa norma danneggia i lavoratori perché non garantisce un’adeguata copertura ai crediti cosiddetti deboli, ovvero a quei crediti non coperti dal fondo di garanzia (oneri indiretti, indennità preavviso, ecc.) che, mentre prima godevano di maggior tutela grazie all’obbligo solidale del cessionario, ora possono essere garantiti dal solo cedente il quale, soprattutto se in liquidazione giudiziale, non è in grado di garantirne il completo soddisfacimento.
Abbiamo, infine, il comma 5-ter dell’art. 47 della L. 428/90, che dispone espressamente, alle imprese in amministrazione straordinaria, l’applicazione delle specifiche norme ad essere riferibili che, in linea di principio, prevedono la NON applicazione, in toto, dell’art. 2112 c.c. [vedi art. 5, comma 2-ter, D.L. n. 347/2003 (c.d. L. Marzano) e art. 56, comma 3-bis, D.lgs. 270/1999 (c.d. Prodi bis)].
*****
Da quanto qui esposto, si evince la necessità, per le parti coinvolte ed i loro professionisti, in caso di trasferimenti plurimi, di prestare maggiore attenzione alle definizioni giuridiche dei rapporti tra coobbligati sia nell’ambito degli atti di trasferimento, sia nell’ambito degli accordi transattivi in sede protetta da sottoscrivere col lavoratore.