Sentenza 31 gennaio 2019 n.10
Corte dei Conti, Sez.giur.Lombardia, 31 gennaio 2019 n.10, Pres.Caruso, Est.Tenore. Procura Regionale (PM Grasso) c. Corritore (avv.Cerami), Dragonetti (avv.Blasi).
Corte dei Conti – Giudizio di responsabilità – Danno Erariale – Erogazione di maggiorazioni retributive a Segretario Comunale – Per il c.d. galleggiamento o allineamento retributivo ex art.41, co.5, CCNL 1998/2001 Segretari Comunali e Provinciali sottoscritto il 16.5.2001 – Presupposti – Dirigente comunale di riferimento su cui galleggiare – Dirigente esterno a termine nominato ex art.110, d.lgs. n.267 del 2010 – Possibilità di galleggiamento – Sussiste – Ragioni. (CCNL 1998/2001 Segretari Comunali e Provinciali 16.5.2001, art.41, co.5; d.lgs. 30 dicembre 2010 n.267, art.110)
Dirigenza pubblica – Dirigente comunale - Dirigente esterno a termine nominato ex art.110, d.lgs. n.267 del 2010 – E’ dirigente a tutti gli effetti giuridici – Conseguenze.
Sul piano testuale e logico, la previsione normativa di cui all’art.41, co.5, CCNL 1998/2001 Segretari Comunali e Provinciali firmato il 16.5.2001, consente il meccanismo di galleggiamento o allineamento retributivo a favore del Segretario Comunale anche qualora il parametro stipendiale di riferimento sia quello di un dirigente comunale esterno a termine in pianta organica destinatario di incarico dirigenziale ex art.110, d.lgs. n.267 del 2010.
Il dirigente comunale esterno a termine in pianta organica destinatario di incarico dirigenziale ex art.110, d.lgs. n.267 del 2010 è giuridicamente un dirigente comunale a tutti gli effetti: ne consegue che ben può essere assunto a parametro di riferimento per il meccanismo di galleggiamento o allineamento retributivo a favore del Segretario Comunale di cui all’art.41, co.5, CCNL 1998/2001 Segretari Comunali e Provinciali firmato il 16.5.2001.
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n.28916
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE LOMBARDIA
composta dai Magistrati:
Antonio CARUSO Presidente
Vito TENORE Giudice rel.
Giuseppina VECCIA Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità, ad istanza della Procura Regionale, iscritto al
numero 28916 del registro di segreteria, nei confronti di:
Davide Amedeo CORRITORE (c.f. CRRDDM58C12F205D), residente a
Milano (20146) in via Giasone del Maino, n. 17, rappresentato e difeso
dall’avvocato Carlo Cerami del Foro di Milano (c.f. CRMCRL65B02L781S,
fax: 02/76015842; posta certificata:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.) presso il cui studio a Milano
(MI), in Galleria San Babila 4/A è elettivamente domiciliato per delega in
atti;
Nunzio Domenico Paolo DRAGONETTI (C.F. DRG NZD 62H29 F205C)
nato a Milano il 29.06.1962 e residente in Milano (MI), Via Lipari n. 8,
rappresentato e difeso dall’avv. Alessandra Blasi (C.F. BLS LSN 68B52
F205L) ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Milano, Via
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Mascheroni 31 come da delega in atti, posta elettronica certificata:
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.;
letta la citazione in giudizio ed esaminati gli altri atti e documenti fascicolati;
richiamata la determinazione presidenziale con la quale è stata fissata
l’udienza per la trattazione del giudizio;
ascoltata, nell’odierna udienza pubblica del 23.1.2019, la relazione del
Magistrato designato prof. Vito Tenore e uditi gli interventi del Pubblico
Ministero nella persona del Sost. Procuratore Generale dr.Antonino Grasso e
degli avv. Carlo Cerami ed Alessandra Blasi per le parti convenute;
viste le leggi 14 gennaio 1994, n. 19 e 20 dicembre 1996, n. 639; visto il
d.lgs. 26.8.2016 n.174.
FATTO
1. Con atto di citazione depositato il 4.10.2017, la Procura citava in
giudizio i convenuti in epigrafe, rispettivamente Direttore Generale del
Comune di Milano all’epoca dei fatti il dr.Corritore, e Direttore centrale per
il personale il dr.Dragonetti, esponendo quanto segue:
a) che, a seguito di notizia giornalistica, era stata intrapresa una indagine
in merito al possibile danno erariale per le maggiorazioni stipendiali erogate
dal Comune di Milano al Segretario Generale Giuseppe Mele dall’1.9.2006 al
31.5.2011;
b) che, in particolare, al dr.Mele il Comune aveva erogato una
retribuzione di posizione parametrata, in base al c.d. principio di allineamento
o galleggiamento retributivo di cui all’art.41, co.5 del CCNL 1998/2001
Segretari Comunali e Provinciali sottoscritto il 16.5.2001, alla funzione
dirigenziale più elevata del Comune di Milano, coincidente con quella di un
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dirigente esterno (il dr.Cozza), a termine, incaricato dal Sindaco ai sensi
dell’art.110 del d.lgs. n.267 del 2000;
c) che tale allineamento era stato tuttavia censurato sia dalla Ragioneria
Generale dello Stato (con nota 3.2.2011) che da pareri dell’Aran
(25.10.2010 e 8.8.2006), che avevano ritenuto operante l’istituto
perequativo solo con riferimento alle posizioni dirigenziali a tempo
indeterminato più elevate in base al CCNL 1998/2001 Segretari Comunali e
Provinciali sottoscritto il 16.5.2001, con esclusione degli incarichi c.d. esterni
a termine ex art.110 e 108, d.lgs. n.267, tesi non condivisa dall’ANCI;
d) che, sulla scorta dei predetti rilievi della Ragioneria, il Comune aveva
dunque rideterminato la retribuzione del dr. Mele e attivato il recupero
dell’indebito percepito dall’1.9.2006 al 31.5.2011, pari ad euro 321.891,71
lordi;
e) che a seguito di ricorso del dr. Mele, il Tribunale lavoro di Milano,
con sentenza 17.1.2012 n.5610, aveva rigettato la domanda, aderendo alle
posizioni di Aran e Ragioneria Generale, e che il Mele aveva interposto
appello richiedendo, ed ottenendo, nelle more della pronuncia, la sospensione
in via amministrativa del recupero dell’indebito;
f) che, con verbale 26.6.2012 sottoscritto innanzi alla Autorità
giudiziaria e recepito dal Comune di Milano con atto 1.8.2012 a firma
Dragonetti, il Comune di Milano ed il dr. Mele avevano conciliato la lite per
la sua incertezza, riconoscendo all’appellante il solo minor trattamento
economico già riconosciuto al suo predecessore Segretario Generale, con
restituzione delle eccedenze percepite;
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g) che la scelta transattiva, imputabile ai convenuti e non al vertice
politico non evocato in giudizio, appariva irragionevole ed illogica, a fronte
degli indirizzi della Ragioneria Generale, dell’Aran e dell’esito del giudizio
lavoristico in primo grado;
h) che era dunque ipotizzabile un danno erariale di euro 239.387,39,
pari al delta tra la predetta maggior retribuzione percepita per il
galleggiamento de quo e le somme ripetute dal dr.Mele in esecuzione della
conciliazione 26.6.2012 pari ad euro 82.504,32 lordi e che tale danno era
ascrivibile al DG Corritore ed al Direttore Centrale risorse umane
Dragonetti, agenti con colpa grave;
i) che le deduzioni depositate in riscontro all’invito non erano risultate
idonee a superare le contestazioni mosse.
Tutto ciò premesso, la Procura chiedeva la condanna dei due
convenuti al pagamento a favore del Comune di Milano della predetta
somma di euro 239.387,39, ascrivendo a ciascun coautore il 50%, pari ad
euro 119.694,00, oltre accessori e spese di lite.
2. Si costituiva il dr.Corritore, difeso dall’avv. Carlo Cerami,
confermando la ricostruzione dei fatti operata dalla Procura ed eccependo
quanto segue:
a) la prescrizione della domanda a fronte di un accordo giudiziale,
foriero di danno secondo la Procura, tra il Comune di Milano e il dottor
Mele, del 26 giugno 2012, e la notifica dell’invito a dedurre (data
giuridicamente rilevante rispetto alla spedizione, comunque tardiva, dello
stesso) avvenuta in data 29 giugno 2017 ed in data 4 luglio 2017; che,
inoltre, l’esborso al dr.Mele da parte del Comune era già avvenuto prima di
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tale transazione, che aveva solo imposto al Mele una refusione di parte della
somma introitata;
b) la non ascrivibilità della scelta transattiva al Corritore, direttore
generale, ma ai singoli dirigenti ex dell’art. 107, co. 2, D.Lgs. n. 267/2000, e,
in particolare, all’Avvocato del Comune Maria Rita Surano;
c) l’insindacabilità nel merito della scelta discrezionale transattiva,
ragionevole a fronte di rischi di soccombenza comunale in appello, con
possibili esborsi ulteriori risarcitori e per spese legali, e come tale sottratta al
sindacato giurisdizionale (art. 1, co. 1, l. 14 gennaio 1994, n. 20);
d) che il criterio di computo del galleggiamento stipendiale fruito dal
dr.Mele, ancorato alla retribuzione del dirigente a termine ex art.110, co.1,
TUEL dr.Cozza, era legittimo, in quanto, come riconosciuto anche
dall’ANCI con parere 13.10.2011, il comma 5 dell’art.41 del CCNL non
operava alcuna distinzione tra dirigenti a tempo determinato o a tempo
indeterminato e, in ogni caso, una distinzione siffatta sarebbe stata in
contrasto con la ratio della norma, che è quella di assicurare al Segretario
comunale una retribuzione di posizione non inferiore a quella riconosciuta a
dirigenti del medesimo ente a cui il segretario medesimo è sovraordinato;
e) che difettava comunque la colpa grave nella condotta del convenuto,
a fronte di pareri discordanti di ANCI e Aran sul punto e del dato normativo
del TUEL e del CCNL non ostativo alla parametrazione del galleggiamento
seguita dal Comune; che, in ogni caso, la transazione in sede lavoristica
aveva ragionevolmente riconosciuto al Mele un trattamento identico a quello
del suo predecessore;
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f) che, in via gradata, la somma contestata andava reclamata dalla
Procura al netto e non al lordo e che, comunque, vi erano i presupposti per
l’esercizio del potere riduttivo dell’addebito.
Ciò premesso, la difesa chiedeva, impregiudicata la eccepita
prescrizione, il rigetto della domanda o, in via gradata, una più equa
determinazione del quantum reclamato.
3. Si costituiva il dr. Dragonetti, difeso dall’avv. Alessandra Blasi,
eccependo quanto segue:
a) che, nel sistema dell’art. 41, co.4, CCNL 1998/2001 Segretari
Comunali e Provinciali sottoscritto il 16.5.2001, la retribuzione di posizione
doveva essere determinata garantendo un allineamento alla retribuzione
stabilita per la funzione dirigenziale più elevata concretamente esistente
nell’Ente, in modo che la retribuzione di posizione del Segretario non fosse
deteriore rispetto ad altre funzioni dirigenziali senza alcuna limitazione in
merito alla tipologia di funzione dirigenziale cui riferirsi, come avallato dal
parere pro-veritate del prof. Pietro Ichino in atti, e che la restrittiva nota
25.10.2010 dell’ARAN (alla quale si era riferito il Procuratore Regionale
nell’atto di citazione) riguardava fattispecie assolutamente diversa (incarico
dirigenziale extradotazione, diversa da quella del dr. Cozza, assunto a
parametro di riferimento stipendiale);
b) che la retribuzione di riferimento per il galleggiamento del dr. Mele
era stata quella goduta dal dott. Cozza, dirigente assunto ai sensi dell’art.
110, comma 1, del D. Lgs. n. 267/2000 su posto in organico vacante (e non
extraorganico di cui al comma 2), con contratto di diritto pubblico (cfr.
deliberazione di G.C. n. 2121/2003) e con applicazione dell’allora vigente
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CCNL per i dirigenti del Comune di Milano, e che i dirigenti a tempo
determinato erano e sono dirigenti come gli altri, indipendentemente dal
procedimento utilizzato per la loro scelta e che l’art. 41, comma 5 CCNL cit.
che non distingueva tra dirigenti a tempo determinato e dirigenti a tempo
indeterminato;
c) che dott. Dragonetti era stato nominato Direttore Centrale della D.C.
Risorse Umane solo nel mese di novembre 2011 ed era rimasto del tutto
estraneo sia alla determinazione della retribuzione di posizione del dott.
Mele, sia alla successiva corrispondenza intercorsa con la Ragioneria dello
Stato;
d) che, dopo la sentenza del Tribunale lavoro di Milano 17.1.2012
n.5610, la trattativa per conciliazione giudiziale era intervenuta tra i legali
delle parti, sulla base di una questione di incerta interpretazione e che il
Dragonetti aveva, in mera rappresentanza del Sindaco di Milano (cui spetta
la rappresentanza in giudizio del Comune ai sensi dell’art. 50 del D. Lgs. n.
267/2000 e dell’art. 44 dello Statuto del Comune di Milano), sottoscritto la
conciliazione suddetta il 26.6.2012 su avallo del Sindaco e del DG;
e) che la Procura contabile aveva avuto notizia giornalistica della
sentenza Tribunale lavoro di Milano 17.1.2012 n.5610, aprendo un fascicolo
il 7 maggio 2012, attivando richieste istruttorie e poi inoltrando un invito a
dedurre ricevuto dal Dragonetti il 16.5.2017, con conseguente prescrizione
dell’azione contabile;
f) che la conciliazione giudiziale intervenuta a fronte di questione di
assai dubbia interpretazione esprimeva una scelta discrezionale insindacabile
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nel merito che aveva evitato al Comune di Milano un danno ben maggior
derivante da possibile soccombenza in appello;
g) che, in ordine alla corretta parametrazione del galleggiamento
retributivo fruito dal dr.Mele, deponeva la giurisprudenza della Corte di
Cassazione che aveva statuito “l’applicabilità ai dirigenti a termine delle
norme del testo unico del pubblico impiego” e che “l’assenza di una
disciplina specifica del rapporto dei dirigenti a termine non ha peraltro
altro significato dell’assenza di particolarità della fattispecie – la cui unica
particolarità rispetto al rapporto dei dirigenti a tempo indeterminato risiede
solo nella costituzione e durata, e non invece nella disciplina del rapporto –
alla quale sono applicabili tutte le regole previste per i dirigenti a tempo
indeterminato” e che “al rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici assunti a
termine si applicano le garanzie previste dal testo unico per il pubblico
impiego e dalla contrattazione collettiva in favore dei dirigenti a tempo
indeterminato” (Cass., sez.lav., 19.3.2015, n. 5516, ripresa da C.Conti, sez.
Giur. Lombardia, 24.3.2009, n. 165);
h) che detta incertezza interpretativa escludeva la colpa grave
nell’azione del Dragonetti;
i) che, in via gradata, il danno contestato dalla Procura andava
quantificato al netto e non al lordo delle imposte e andavano valutati gli
apporti concausali dati da altri soggetti non convenuti in giudizio (Sindaco,
avvocatura, altri responsabili di uffici coinvolti).
Tutto ciò premesso, la difesa, ribadita l’eccezione di prescrizione,
chiedeva il rigetto nel merito della domanda o, in via gradata, una più equa
determinazione del quantum.
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All’udienza del 23 gennaio 2019, udita la relazione del Magistrato
designato, la Procura e i difensori dei convenuti sviluppavano i rispettivi
argomenti. Quindi la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. La questione al vaglio del Collegio concerne un prospettato danno
erariale patito dal Comune di Milano per erogazione di maggiorazioni
stipendiali corrisposte dal Comune predetto al Segretario Generale Giuseppe
Mele dall’1.9.2006 al 31.5.2011, non dovute secondo parte attrice in quanto
il Comune aveva erroneamente erogato una retribuzione di posizione
parametrata, in base al c.d. principio di allineamento o galleggiamento
retributivo di cui all’art.41, co.5 del CCNL 1998/2001 Segretari Comunali e
Provinciali sottoscritto il 16.5.2001, alla funzione dirigenziale più elevata del
Comune di Milano, coincidente però con quella del dirigente “esterno” a
termine dr.Cozzi, incaricato dal Sindaco ai sensi dell’art.110 del d.lgs. n.267
del 2000 (e verosimilmente fruitore di un elevato assegno ad personam ex
art.110, co.3 TUEL per la specifica elevata professionalità) e non già con
quella, meno elevata, di un dirigente “interno” a tempo indeterminato.
Tale esborso stipendiale, dall’1.9.2006 al 31.5.2011, viene dalla
Procura determinato in euro 321.891,71 lordi, poi ridottisi ad euro
239.387,39, a seguito di volontaria refusione da parte del Mele al Comune
di parte di tale iniziale importo, dopo la conciliazione giudiziale intervenuta il
26.6.2012 in sede lavoristica tra le parti successiva alla sentenza 17.1.2012
n.5610 del Tribunale di Milano (sfavorevole al ricorrente Mele) e in
pendenza di appello.
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2. La domanda, ad avviso del Collegio, è infondata e va respinta per un
assorbente motivo, rappresentato dalla assenza sia di danno erariale che di
colpa grave in capo ai convenuti, a fronte di un quadro normativo
oggettivamente incerto e, anzi, obiettivamente più favorevole, sul piano
testuale e sistemico, alla scelta gestionale-stipendiale effettuata dal Comune
di Milano (e, dunque, dai convenuti e dall’avvocatura comunale, con avallo
del Sindaco), all’origine dell’esborso contestato dalla Procura. Tale scelta, in
realtà, non appare né abnorme, né in contrasto con una ragionevole lettura
del c.d. principio di allineamento o galleggiamento retributivo di cui
all’art.41, co.5 del CCNL 1998/2001 Segretari Comunali e Provinciali
sottoscritto il 16.5.2001.
3. Ed invero, tale norma sancisce testualmente: “Gli enti assicurano,
altresì, nell’ambito delle risorse disponibili e nel rispetto della capacità di
spesa, che la retribuzione di posizione del segretario non sia inferiore a
quella stabilita per la funzione dirigenziale più elevata nell’ente in base al
contratto collettivo dell’area della dirigenza o, in assenza di dirigenti, a
quello del personale incaricato della più elevata posizione organizzativa”.
Come ben rimarca la difesa di ambo i convenuti, premesso che la
contrattazione collettiva (ex d.P.R. n. 465/97 competente a regolare il
trattamento retributivo dei Segretari comunali) ha previsto l’attribuzione al
Segretario comunale di una retribuzione di posizione collegata alla rilevanza
delle funzioni assegnate ed alle connesse responsabilità in relazione alla
tipologia dell’ente di cui il segretario è titolare, la norma in esame va
interpretata secondo i tradizionali canoni ermeneutici, ovvero: a) il
significato delle parole; b) la volontà delle parti; c) la buona fede.
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Orbene, nella specie, tutti i tre suddetti criteri depongono in favore di
un’unica interpretazione.
In primo luogo, dalla formulazione lessicale e letterale della
disposizione contrattuale si evince che le parti collettive hanno voluto fare
testuale ed onnicomprensivo riferimento alla “funzione dirigenziale più
elevata nell’ente”, senza distinguere, come vorrebbe la Procura sulla scorta
di rilievi della Ragioneria Generale e dell’Aran (che non sono, notoriamente,
fonti normative), tra figure dirigenziali “esterne” assunte a termine dalla p.a.
e dirigenti ”interni” con contratto di lavoro indeterminato. Il chiaro
significato delle parole di cui all’art. 41 co. 5 del CCNL di riferimento,
dunque, milita in favore delle tesi secondo cui non vi è – ai fini
dell’applicazione del principio del galleggiamento – una differenziazione tra
dirigenti a termine e dirigenti a tempo indeterminato.
In secondo luogo, sul piano logico-sistematico, la ratio del principio
del galleggiamento, che è espressamente individuata nella medesima
disposizione contrattuale, va individuata nell’esigenza di garantire al
segretario – stante il suo ruolo sovraordinato a tutti i dirigenti – una
retribuzione di posizione superiore a quella del personale dirigenziale. In
coerenza con il principio di proporzionalità e in conformità all’art. 36 Cost.,
la retribuzione del segretario non può, nel disegno contrattuale, essere
definita in misura inferiore alla corrispondente voce di chi è sottordinato e
possiede un ambito di competenze settoriale e meno ampio.
La norma, seppur opinabile su un piano di coerenza sistematica,
prevedendo per i soli Segretari comunali un eccezionale permanenza in vita
del c.d. allineamento o galleggiamento retributivo dopo la realizzata generale
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abrogazione normativa del principio voluta dal legislatore ad opera dell’art. 2
del D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito in legge 9 agosto 1992 n. 359, e
successivamente interpretato autenticamente dall'art. 7, comma settimo del
D.L. 19 settembre 1992 n. 384, convertito a sua volta in L. 14 novembre
1992 n. 438 (intervento ritenuto costituzionalmente legittimo da C.cost. 7
ottobre 1999 n. 379 (che ebbe a rimarcare come che "l’applicazione
dell’istituto del c.d. allineamento stipendiale, che pur era diretto ad
eliminare diseguaglianze, creava a sua volta diseguaglianze ulteriori,
alterava il principio secondo il quale la progressione nel trattamento
economico deve corrispondere a criteri prefissati nella legge e nei contratti
collettivi e finiva con il determinare effetti irrazionali che ne hanno,
appunto, giustificato la generalizzata soppressione" e che "gli inconvenienti
o le distorsioni che si verificano per effetto dell’eventuale irrazionalità o
inadeguatezza di meccanismi retributivi stabiliti o recepiti dal legislatore
con un nuovo regime retributivo non possono, dunque, trovare rimedio
consolidando quegli effetti mediante l’adozione di ulteriori meccanismi
destinati, essi pure, a determinare irrazionalità e diseguaglianze"), ha una
sua portata anche logicamente generale.
Infatti, un’interpretazione che dovesse distinguere i dirigenti in base
all’eventuale apposizione di un termine al loro contratto di lavoro, non
terrebbe in alcun modo conto della ragione sottesa al principio del
galleggiamento, posto che il segretario è parimenti sovraordinato sia ai
dirigenti a termine sia al personale dirigenziale a tempo indeterminato, che
godono del medesimo status, distinguendosi solo per le modalità di
reclutamento, concorsuale o selettivo-curriculare, e per la durata del
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rapporto di lavoro, a termine o a tempo indeterminato, e che sottostanno al
medesimo giudice (il g.o.) per le relative controversie lavoristiche.
In terzo luogo, la lettura proposta dalla Procura sulla scorta dei pareri
della Ragioneria e dell’Aran si porrebbe in contrasto con il principio
dell’interpretazione secondo la volontà delle parti e della buona fede
contrattuale esternata in una inequivoca formulazione pattizia.
Del resto sia la normativa (d.lgs. n.165 del 2001; art.110 TUEL), sia
la Contrattazione collettiva, sia la giurisprudenza della Cassazione (secondo
cui “al rapporto di lavoro dei dirigenti pubblici assunti a termine si
applicano le garanzie previste dal testo unico per il pubblico impiego e
dalla contrattazione collettiva in favore dei dirigenti a tempo
indeterminato”: Cass., sez.lav., 19 marzo 2015, n. 5516, recepita anche da
C. Conti, sez. giur. Lombardia, 24 marzo 2009, n. 165), univocamente
equiparano la dirigenza a tempo indeterminato reclutata tramite concorso alla
dirigenza a tempo determinato reclutata in via selettiva-curriculare ai sensi
degli art.19, co.6, d.lgs. n.165 o 110 TUEL.
E alcuna rilevanza assume la evenienza che il dirigente esterno di
riferimento per il galleggiamento sia extra dotazione organica o in dotazione
organica (in ogni caso il dirigente esterno di riferimento per il
galleggiamento, dr.Cozza, era in dotazione organica, circostanza non
smentita dalla Procura), rilevando la unitaria ed unica qualifica dirigenziale.
Unico limite all’operatività dell’istituto in esame è dato dalla durata
temporale del galleggiamento, fatalmente correlato alla durata dell’incarico a
termine conferito al dirigente esterno di riferimento.
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In sintesi, la eccezionale normativa sul galleggiamento dei Segretari
comunali, ancorchè criticabile su un piano sistematico quale testuale ed
eccezionale residuo di un discutibile (ma non irragionevole) istituto espunto
in via generale dall’ordinamento, non consente sul piano testuale e logico di
operare, ai fini della sua applicazione, alcuna differenza tra le due predette
figure dirigenziali nell’applicazione dell’art. 41 co. 5 del CCNL cennato.
I pareri Aran e Ragioneria Generale dello Stato (si quali si è
acriticamente adagiato il Tribunale lavoro di Milano con la ricordata sentenza
17.1.2012 n.5610) richiamati dalla Procura non offrono alcuno spunto
motivazionale a supporto della avversa tesi restrittiva ivi affermata, ma con
mera assiomatica petizione di principio priva di un benché minimo
ragionamento sul piano testuale o sistematico.
Non si vuole qui mettere in discussione l’autorevolezza e terzietà
(meno accentuata nell’Aran in sede consultiva), ma occorre che gli approdi
ermenuetici siano motivatamente argomentati: ciò non è avvenuto nel caso di
specie.
Pertanto, a fronte di un compenso frutto di legittimo galleggiamento
e, come tale, ad avviso del Collegio, dovuto al Segretario comunale dr.Mele,
nonostante avversa e assiomatica opinione della Ragioneria, dell’Aran (ma
quest’ultima su fattispecie relativa a dirigente di riferimento esterno extra
dotazione organica, evenienza diversa da quella sub iudice) e del giudice del
lavoro di prime cure (acriticamente adagiato su detti pareri), la successiva
chiusura transattiva del contenzioso lavoristico tra il dr.Mele ed il Comune di
Milano, appare come una scelta ragionevole e addirittura vantaggiosa a
fronte di una possibile e verosimile riforma in appello o in Cassazione della
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sentenza 17.1.2012 n.5610 del Tribunale di Milano (sfavorevole al ricorrente
Mele), e tale scelta ha comportato una evidente riduzione, a favore del
Comune, dell’esborso stipendiale dovuto al Mele.
Probabilmente, ma la riflessione esula dal campo di indagine di questa
Corte, in sede lavoristica la difesa Comunale avrebbe potuto solo prospettare
una possibile nullità dell’istituto contrattuale del galleggiamento delineato
dall’art.41, co.5 del CCNL 1998/2001 Segretari Comunali e Provinciali
sottoscritto il 16.5.2001 (ancora vigente in virtù dell’art.12 del successivo
CCNL 2006-2009 del 14.12.2010), per contrasto con norma imperativa,
ovvero con il suddetto dell’art. 2 del D.L. 11 luglio 1992 n. 333 (convertito
in legge 9 agosto 1992 n. 359, e successivamente interpretato autenticamente
dall'art. 7, comma settimo del D.L. 19 settembre 1992 n. 384, convertito a
sua volta in L. 14 novembre 1992 n. 438) che ha in via generale abrogato
l’istituto. Ma tale domanda non risulta essere stata formulata dalla difesa
Comunale nella pertinente sede lavoristica (ma lo potrà in future evenienze) e
non può dunque essere in questa sede officiosamente analizzata.
Né risulta essere stato attivato in sede lavoristica il peculiare ed
utilissimo strumento di interpretazione autentica del predetto art.41, co.5 del
CCNL, ai sensi dell’art.64 del d.lgs. n.165 del 2001, che avrebbe potuto
portare le controparti contrattuali (Aran e Sindacati) ad una interpretazione
consensuale (e non unilaterale come avvenuto ad opera dell’Aran in sede di
parere) ed autentica della clausola contrattuale prevenendo futuri contenziosi
e ricadute anche in sede giuscontabile nascenti da dubbi ermeneutici.
Né a tale esclusivo strumento interpretativo negoziale tra le parti
firmatarie può sopperirsi con una interpretazione unilaterale, ovvero della
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sola Aran, i cui pareri, anche se autorevoli (ove motivati), non sono
vincolanti e, nella specie, non sono neanche condivisibili, al pari dei rilievi
della Ragioneria Generale dello Stato, in quanto assiomatici e disancorati dal
dato testuale e dalla ratio della norma. Difatti, anche la Cassazione ha più
volte chiarito (cfr. ex pluribus Cass., sez.lav., 11 marzo 2015, n. 4878) che il
parere reso dall’ARAN “al pari delle informazioni o osservazioni rese dalle
associazioni sindacali ex art. 425 c.p.c. (cfr. Cass., 15 marzo 2010, n. 6204;
Cass., 4 marzo 2002, n. 3081; Cass., 29 luglio 1994, n. 7103) deve ritenersi
inidoneo, in considerazione del suo carattere unilaterale, ad identificare la
comune intenzione delle parti stipulanti il contratto collettivo, rilevante ai
sensi dell'art. 1362 c.c., potendo al più assurgere alla funzione di fornire
chiarimenti ed elementi di valutazione riguardo agli elementi di prova già
disponibili, rientrando nella generica nozione di materiale istruttorio
liberamente e discrezionalmente valutabile dal giudice (cfr. Cass., 19
giugno 2004, n. 11464)”.
4. In conclusione, la correttezza della iniziale erogazione retributiva
frutto di galleggiamento su dirigente a termine (in organico) esterno ex
art.110 TUEL, o comunque la palese dubbiezza della questione in sede
applicativa per un dirigente o un legale, e la ragionevolezza della successiva
scelta conciliativa in sede lavoristica, escludono sia il danno ipotizzato, sia,
comunque, la colpa grave nella condotta dei convenuti, con conseguente
rigetto della domanda e condanna del Comune di Milano al pagamento delle
spese di lite sostenute dai convenuti, liquidate come da dispositivo.
Tale assorbente statuizione dispensa il Collegio dall’analisi delle
ulteriori eccezioni difensive, ivi compresa, quella logicamente successiva, di
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prescrizione dell’azione, a fronte di una responsabilità qui esclusa a monte, e
di evocazione in giudizio di altri soggetti non convenuti in questa sede
(Sindaco e avvocato comunale, oltre a dirigenti di settore).
Da ultimo osserva il Collegio che non vengono in gioco in questa
sede le ulteriori complesse questioni, di natura lavoristica e non
giuscontabile, circa le controverse modalità di determinazione del
galleggiamento in esame in ordine alle voci computabili, oggetto di recente
basilare intervento nomofilattico della Cassazione (Cass., sez.lav., 6 marzo
2018 n.5284).
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, RIGETTA la domanda nei
confronti di Davide Amedeo CORRITORE (c.f. CRRDDM58C12F205D),
e Nunzio Domenico Paolo DRAGONETTI (C.F. DRG NZD 62H29
F205C) e condanna il Comune di Milano al pagamento delle spese di lite
sostenute dai convenuti, che si liquidano in complessivi euro 3.000,00, oltre
IVA e CPA come per legge per ciascun convenuto.
Così deciso in Milano il 23 gennaio 2019
Il Magistrato relatore Il Presidente
Vito Tenore Antonio Caruso