TESTO INTEGRALE CON NOTE E BIBLIOGRAFIA
L’oggetto del presente Focus è il diritto alla disconnessione, che, come ampiamente noto, ha trovato per la prima volta spazio, a livello nazionale, nella l. n. 81/2017 (c.d. Statuto del lavoro autonomo e del lavoro agile).
L’art. 19, comma 1, l. n. 81/2017 si è tuttavia limitato ad affidare alle parti il compito di “assicurare”, attraverso l’accordo sul lavoro agile, tale – non meglio definita – garanzia, la quale, ad opinione di Caterina Timellini, non poteva così assurgere neppure al novero dei “diritti” in senso stretto .
Invero, come rilevato da Anna Fenoglio, l’avvento della pandemia ha portato alla luce i limiti della scelta del legislatore, distonica rispetto all’origine contrattual-collettiva del lavoro agile (o, meglio, dello smart working) e pure eccentrica nel panorama comparato . Venuta infatti meno, per ragioni legate al contesto emergenziale, la necessità dell’attivazione dell’istituto attraverso l’accordo individuale, le lavoratrici e i lavoratori “agili” (nella realtà, operanti forzatamente da casa) si sono non di rado trovati a rendere la propria prestazione in una totale assenza di limiti temporali, in aperta contraddizione con l’idea di promozione della conciliazione vita-lavoro che aveva ispirato la l. n. 81/2017 (in parte qua).
Ciò ha spinto il legislatore nazionale ad un ripensamento del ruolo della disconnessione: accantonato, per il momento, un più ampio disegno di riforma dell’intero istituto del lavoro agile , con l’art. 2, comma 1-ter, d.l. 13 marzo 2021, n. 30 , si è invece scelto di riconoscere espressamente il diritto dei lavoratori agili alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche, valorizzando all’uopo il ruolo della contrattazione collettiva .
Parallelamente ed a conferma della centralità del tema in discussione, il “diritto fondamentale alla disconnessione” è entrato pure nell’Agenda europea, risultando oggetto della Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021 della quale dà ampiamente conto Emanuela Fiata .
Neppure all’esito di tali iniziative risulta però chiaro quale sia l’esatto contenuto del diritto in parola, non essendo dato comprendere se esso abbia ad oggetto le sole strumentazioni tecnologiche o se esso riguardi invece la – o, meglio, l’astensione dalla – prestazione di lavoro tout court .
Né maggiori certezze si hanno relativamente alla speculare posizione debitoria datoriale, la cui ampiezza dipende dalla sua riconduzione ad un obbligo di non facere (i.e. di non contattare il lavoratore al di fuori dell’orario di lavoro), o, alternativamente, ad un obbligo di facere (i.e. di precludere l’esercizio di un’attività lavorativa, eventualmente pure invito domino).
Del resto, come osservato da Emanuele Dagnino, gli stessi accordi collettivi sullo smart working si limitano spesso ad affermare genericamente, sulla falsa-riga della l. n. 81/2017, l’obbligo del datore di lavoro di salvaguardare tale diritto, mentre in altri casi vengono sì individuate le fasce di lavoro, di contattabilità e di non lavoro (i.e. di disconnessione), ma non viene fornita alcuna specifica indicazione circa gli strumenti (tecnici e/o organizzativi) utili a garantire l’effettività della prerogativa de qua .
Ciò induce a ritenere che per dare sostanza al diritto alla disconnessione sia necessario un intervento armonizzante a monte, vuoi da parte del legislatore, vuoi, come nelle intenzioni del Governo, attraverso un protocollo condiviso, sulla scia di quanto avvenuto con l’accordo interconfederale sul telelavoro (nel settore privato).
Viceversa, per assicurare l’effettività di tale diritto a valle, non sembra potersi fare a meno, come suggerito da Caterina Timellini , della contrattazione collettiva, nella sua funzione di strumento duttile e in grado di realizzare, attraverso l’individuazione di soluzioni (condivise e) calate sulla singola realtà organizzativa , il duplice obiettivo, lumeggiato dalla l. n. 81/2017, di favorire la conciliazione vita-lavoro e di incrementare la produttività dell’impresa (o, in ambito pubblico, l’efficacia dell’azione amministrativa).
In conclusione, l’impressione è che il principale nodo della disconnessione, quale garanzia “di nuova generazione” che trova ragione nelle istanze di difesa della libertà della persona nel contesto di un incessante sviluppo tecnologico, ruoti attorno ai delicati equilibri tra eteronomia ed autonomia nell’attuale fase di “crisi” (i.e. di ripensamento) del diritto del lavoro, il che spiega pure l’inserimento del presente Focus tematico all’interno dello spazio meritoriamente dedicato dalla Rivista alle trasformazioni derivanti dalla digitalizzazione dei processi produttivi.
Postilla: nel momento in cui il presente Focus si trovava già in fase di lavorazione, il Governo e le Parti Sociali, in data 7 dicembre 2021, hanno raggiunto un’intesa riguardante un “Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile”, il cui articolo 3 è dedicato proprio alla “Organizzazione del lavoro agile e regolazione del diritto alla disconnessione”. Di interesse risulta in particolare il comma 2 della disposizione, che prevede la necessaria individuazione, all’interno dell’accordo individuale, della “fascia di disconnessione”, definita alla stregua dell’arco temporale durante il quale “il lavoratore non eroga la prestazione lavorativa”. Tale novità, della quale le Autrici e gli Autori non hanno potuto tenere conto nei rispettivi contributi, non pare comunque stravolgere il quadro precedente ed in ogni caso la tematica verrà ripresa nei successivi approfondimenti dedicati dalla Rivista ai contenuti ed agli effetti del Protocollo in parola.