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TRIBUNALE DI NAPOLI
III SEZIONE LAVORO
Il Giudice del Tribunale di Napoli in funzione di Giudice del lavoro dott. Paolo
Coppola, nel procedimento nella causa civile n. 17898/15 R.G.A.C. avente ad
oggetto contratti a termine e vertente
TRA
Bernasconi Daniela, Cosentino Elvira, D’Anna Salvatore, D’Arco Giovanna, Del
Vecchio Antonio, De Pascale Assunta Maria, Mercurio Rachele, Pacchioli Antonio,
Rega Giuseppina, Sandomenico Gennaro, Sarrubba Lucia, Sito Mariapia, De Vico
Merinda, Gallo Raffaella, Esposito Anna, Improta Salvatore, Samaritani Giuseppe,
Scognamiglio Anna, rapp.ti e difesi dagli avv. Stanislao Tramontano e Aniello
Verdoliva RICORRENTI
E
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro
p.t., nonché Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, in persona del l.r.p.t.,
rapp.ti e difesi dalla Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli
RESISTENTI
NONCHÉ
Federazione GILDA-UNAMS, in persona del Segretario generale p.t., rapp.ta e
difesa, giusto mandato in calce alla comparsa di intervento, dall’avv. Tommaso De
Grandis INTERVENIENTE
ha pronunciato la seguente
 ORDINANZA
Il giudice, letti gli atti, a definitivo scioglimento della riserva posta in data
13.2.19,
OSSERVA
Pende innanzi questo giudice azione proposta dai ricorrenti indicati in epigrafe,
nel corso della quale è risultato che gli stessi sono stati assunti dal Ministero
convenuto con plurimi contratti a tempo determinato di durata annuale (1
settembre/31 agosto), come insegnati di religione cattolica e specificamente
Bernasconi Daniela dall’a.s. 2003/2004, Cosentino Elvira dall’a.s.
2008/2009, D’Anna Salvatore nell’a.s. 2007/2008 e dall’a.s. 2010/2011, D’Arco
Giovanna negli a.s. 2006/2008, 2007/2009 e dall’a.s. 2011/12, Del Vecchio
Antonio dall’a.s. 2007/2008, De Pascale Assunta Maria dall’a.s. 1988/89,
Mercurio Rachele dall’a.s. 1994/95, Pacchioli Antonio dall’a.s. 2011/2012,
Rega Giuseppina nell’a.s. 1998/99 e dall’a.s. 2005/06, Sandomenico
Gennaro, dall’a.s. 1997/98, Sarrubba Lucia dall’a.s. 2007/08, Sito Mariapia,
dall’a.s. 2001/02, De Vico Merinda dall’.a.s. 1999/00, Gallo Raffaella dall’.a.s.
2007/08, Esposito Anna dall’a.s. 1993/94, Improta Salvatore dall’a.s. 1993/94,
Samaritani Giuseppe dall’a.s. 1993/94, Scognamiglio Anna dall’a.s. 2005/06.
Tali contratti, in essere alla data del deposito del ricorso (31.7.15), hanno tutti
una durata totale complessiva superiore a 36 mesi (quattro di essi
ultraventennale). Non è contestato che siano stati impiegati su cattedre vacanti e
disponibili, su organico di diritto (ma la distinzione, a causa della ontologica
precarietà dei contratti in esame, ai sensi dell’art. 309 del d.lgs. 297/94 non
assume rilievo), con contratti automaticamente confermati (art 40, comma 5,
CCNL Scola novembre 2007), assunti sulla base di graduatorie regionali per
 diocesi e di atto di nomina del dirigente dell’Ufficio scolastico regionale, su
proposta dell’ordinario diocesiano; la automaticità della conferma per gli anni
successivi, una volta intervenuta la nomina, era già prevista da numerose
circolari quali la C.M. 127 del 14.5.75; non è contestato che, nonostante fossero
previsti concorsi con cadenza triennale (art 3, comma 2, l. 186/03), è stato
effettuato un solo concorso pubblico per l’immissione in ruolo degli insegnanti di
religione cattolica. Per essi non ha operato il meccanismo di immissione in ruolo
di cui all’art. 399 d.lgs. n. 297/94 per cui gli insegnanti di religione cattolica
risultano di fatto discriminati rispetto a tutti gli altri docenti. Hanno dunque
chiesto la trasformazione del contratto a tempo indeterminato ai sensi dell’art. 5,
comma 4-bis, del d.lgs. n. 368/01 ed ai sensi dell’art. 5, commi 3 e 4, del
medesimo d.l.gs. ed, in subordine, il risarcimento del danno, con eccezione del
ricorrente Improta Salvatore che è stato assunto, nel corso del giudizio, per il
diverso e distinto insegnamento di Storia e Filosofia ed ha dunque richiesto il solo
risarcimento del danno, rinunciando ad ogni altra domanda.
Il Ministero convenuto ha eccepito la inammissibilità e la infondatezza del ricorso.
Con memoria di intervento del 10.1.17 si è costituito in giudizio, ai sensi dell’art.
64, comma 5, del d.lgs. n. 165/01, la Federazione GILDA-UNAMS, quale
organizzazione sindacale firmataria del C.C.N.L. 29.11.07, evidenziando, tra
l’altro, la discriminazione perpetrata nei confronti dei docenti di religione dalla l.
107/15, che non consentiva, diversamente dagli altri docenti, la loro
stabilizzazione, pur in possesso di identica idoneità all’insegnamento (cfr art 2 del
decreto 767 del 17.7.15).
VALUTAZIONI DEL GIUDICE SUGLI ATTI DI CAUSA
LA NORMATIVA GENERALE INTERNA
1. Per ragioni di chiarezza ricostruttiva si esporrà prima la normativa generale
sul contratto a termine, con riferimento alla durata massima dei contratti e
poi la disciplina specifica per gli insegnanti di religione cattolica nel settore
scuola. Seguiranno quindi i quesiti interpretativi attinenti alla applicazione
delle clausole 4 e 5 dell’allegato alla direttiva 1999/70/ce e dell’art. 21 della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, tenuto conto della
Sentenza Sciotto della Corte di giustizia dell’Unione europea (del 25.10.18,
C-331/17), nonché attinenti alla possibile sussistenza di discriminazione per
motivi religiosi, in danno degli istanti, rispetto agli altri lavoratori precari del
medesimo settore scuola.
2. Gli istanti si dolgono della illegittima reiterazione di contratti con la P.A.
convenuta e si verte, quindi, nell’ambito di applicazione della Direttiva
1999/70/Ce, cui è stata data attuazione in ambito nazionale con il d.lgs. n.
368/01 prima e con il d.lgs. n. 81/15 poi, che hanno regolamentato ex novo
la materia e disciplinando, oltre che le condizioni per l’apposizione del
termine al contratto di lavoro, le sanzioni in ipotesi di violazione di dette
condizioni.
3. La direttiva 1999/70/Ce è stata trasposta nel diritto italiano dal decreto
legislativo del 6 settembre 2001, n. 368 – Attuazione della direttiva del
Consiglio del 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE relativa all’accordo quadro
CES, UNICE, CEEP sul lavoro a tempo determinato. L’articolo 5, comma 4
bis, di tale decreto legislativo, nella versione in vigore all’epoca dei fatti del
procedimento principale, dispone: «qualora per effetto di successione di
contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di
lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia
 complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e
rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra
un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato
ai sensi del comma 2 (…)». Il comma 2 dispone: “«Se il rapporto di lavoro
continua oltre il trentesimo giorno in caso di contratto di durata inferiore a
sei mesi, nonché decorso il periodo complessivo di cui al comma 4-bis, ovvero
oltre il cinquantesimo giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo
indeterminato dalla scadenza dei predetti termini». Dunque al
raggiungimento dei 36 mesi di durata del rapporto di lavoro a termine, lo
stesso è, da tale data, a tempo indeterminato.
4. Detta norma è stata sostanzialmente riprodotta nel successivo d.lgs. n.
81/15, applicabile dal 25.6.15. Infatti l’art. 19 dello stesso, nel testo vigente
all’epoca, dispone: “Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un
termine di durata non superiore a trentasei mesi. Fatte salve le diverse
disposizioni dei contratti collettivi…la durata dei rapporti di lavoro a tempo
determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per
effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di
mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di
interruzione tra un contratto e l'altro, non può superare i trentasei mesi…
Qualora il limite dei trentasei mesi sia superato, per effetto di un unico
contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in
contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.”.
5. Non vi può esser detto effetto, nel lavoro alle dipendenze della P.A., perché
l’articolo 36 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165 – Norme
generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
 pubbliche, nel testo vigente all’epoca dei fatti, prevede: «1. Per le esigenze
connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni
assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo
indeterminato (…) 2. Per rispondere ad esigenze di carattere
esclusivamente temporaneo o eccezionale le amministrazioni pubbliche
possono avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego
del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro
subordinato nell’impresa, nel rispetto delle procedure di reclutamento
vigenti.(…) 5. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative
riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle
pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di
rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche
amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il
lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante
dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. (…)».
6. Ne deriva che, nel caso di specie, un ordinario lavoratore a termine del
pubblico impiego potrebbe richiedere ed ottenere almeno il risarcimento del
danno.
7. Per il settore scuola detta disposizione, che costituisce l’unica sanzione
ordinariamente applicabile nei confronti della P.A., tra quelle indicate dalla
clausola 5 dalla direttiva 1999/70/Ce, non risulta applicabile. Infatti il D.L.
13 maggio 2011, n. 70 ha introdotto il comma 4-bis all’art 10 del d.lgs. n.
368/01 disponendo: “…sono altresì esclusi dall'applicazione del presente
decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle
supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire
 la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di
assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a
tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica
l'articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto”. Analoga disposizione è
contenuta nel d.lgs. n. 81/15 (art. 29, comma 2): “Sono, altresì, esclusi dal
campo di applicazione del presente capo:…c) i contratti a tempo determinato
stipulati con il personale docente ed ATA per il conferimento delle
supplenze….”. il capo escluso è quello relativo alla disciplina dei contratti a
termine.
8. Detta disposizione per orientamento assolutamente costante della Corte di
cassazione, che costituisce diritto vivente, ha portata solo ricognitiva di una
non applicabilità già insita nel tessuto normativo (cfr Corte di cassazione,
sentenza n. 10127/12: “La disciplina del reclutamento del personale a
termine del settore scolastico, contenuta nel d.lgs. n. 297 del 1994, non è
stata abrogata dal d.lgs. n. 368 del 2001, essendone disposta la salvezza
dall'art. 70, comma 8, del d.lgs. n. 165 del 2001, che le attribuisce un
connotato di specialità, ribadito dall'art. 9, comma 18, del d.l. n. 70 del 2011,
conv. in legge n. 106 del 2011, tramite la conferma dell'esclusione della
conversione in contratto a tempo indeterminato dei contratti a termine
stipulati per il conferimento delle supplenze”; nello stesso senso Corte di
cassazione sentenze dalla. 22552 a n. 22558 del 2016).
9. Dunque nessuna misura ostativa è prevista per il settore scuola, stante la
inapplicabilità delle discipline ostative interne (prima il d.lgs. n. 368/01 e poi
il d.lgs. n. 81/15) alla reiterazione dei contratti a termine e, con esse, delle
sanzioni previste.
10. Per gli insegnanti di religione cattolica ulteriore e peggiorativa, deroga alla
disciplina del rapporto di lavoro è prevista dall’art. 309 del d.lgs. 297/94
(Insegnamento della religione cattolica): “Nelle scuole pubbliche non
universitarie di ogni ordine e grado l'insegnamento della religione cattolica è
disciplinato dall'accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa sede e relativo
protocollo addizionale, ratificato con legge 25 marzo 1985 n. 121 e dalle
intese previste dal predetto protocollo addizionale, punto 5, lettera b). 2. Per
l'insegnamento della religione cattolica il capo di istituto conferisce incarichi
annuali d'intesa con l'ordinario diocesano secondo le disposizioni
richiamante nel comma 1”. Nel caso invece di insegnanti di religione cattolica
assunti mediante l’unico concorso pubblico mai espletato, l’art 3 della Legge
n. 186/03 dispone che ciascun candidato al concorso deve “essere in
possesso del riconoscimento di idoneità…rilasciato dall'ordinario diocesano
competente per territorio e può concorrere soltanto per i posti disponibili nel
territorio di pertinenza della diocesi….
7. Le commissioni compilano l'elenco di coloro che hanno superato il
concorso, valutando, oltre al risultato delle prove, esclusivamente i titoli... Il
dirigente regionale approva l'elenco ed invia all'ordinario diocesano
competente per territorio i nominativi di coloro che si trovano in posizione
utile per occupare i posti delle dotazioni organiche ….. Dall'elenco dei docenti
che hanno superato il concorso il dirigente regionale attinge per segnalare
all'ordinario diocesano i nominativi necessari per coprire i posti che si
rendano eventualmente vacanti nelle dotazioni organiche durante il periodo
di validità del concorso.
8. L'assunzione con contratto di lavoro a tempo indeterminato è disposta dal
dirigente regionale, d'intesa con l'ordinario diocesano competente per
territorio, ai sensi del numero 5, lettera a), del Protocollo addizionale di cui
all'articolo 1, comma 1, e del punto 2.5 dell'Intesa di cui al medesimo articolo
1, comma 1,…
9. Ai motivi di risoluzione del rapporto di lavoro previsti dalle disposizioni
vigenti si aggiunge la revoca dell'idoneità da parte dell'ordinario diocesano
competente per territorio divenuta esecutiva a norma dell'ordinamento
canonico, purché non si fruisca della mobilità professionale o della diversa
utilizzazione o mobilità collettiva, di cui all'articolo 4, comma 3.…”.
Dunque la revoca della idoneità, da parte dell’ordinario diocesano, costituisce
motivo valido di licenziamento.
11. L’Intesa tra il Ministero della Pubblica Istruzione e lo Conferenza Episcopale
Italiana circa l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche
italiane (Dpr 16-12-1985, n. 751/Dpr 23-6-1990, n. 202) nel testo integrato
dalla revisione dell'Intesa, all’art 2, comma 5, dispone: “L'insegnamento della
religione cattolica è impartito da insegnanti in possesso di idoneità
riconosciuta dall' ordinario diocesano e da esso non revocata, nominati.
d'intesa con l'ordinario diocesano, dalle competenti autorità scolastiche ai
sensi della normativa statale. Ai fini del raggiungimento dell'intesa per la
nomina dei singoli docenti l'ordinario diocesano, ricevuta comunicazione dall'
autorità scolastica delle esigenze anche orarie relative all'insegnamento in
ciascun circolo o istituto, propone i nominativi delle persone ritenute idonee
e in possesso dei titoli di qualificazione professionale di cui ai successivo
punto 4”. Detta intesa è stata sostituita da quella del 28.6.12, di identico
 contenuto lessicale (art 2, comma 5)1”.
12. Dunque l’idoneità da parte dell’ordinario diocesano, ottenuta la prima volta,
può solo essere revocata e non conferita annualmente e per intesa con
l’ordinario diocesano deve intendersi l’elenco, secondo graduatoria, delle
persone ritenute idonee e in possesso dei titoli di qualificazione professionale:
dunque l’intesa si sostanzia, nel caso dei ricorrenti, già ritenuta e non
revocata idoneità, possedendo gli stessi i titoli necessari all’insegnamento.
13. L’art 40, comma 5, del C.C.N.L. Scuola del 27.11.07 dispone: “Gli
insegnanti di religione cattolica sono assunti secondo la disciplina di cui
all'art. 309 del decreto legislativo n. 297 del 1994, mediante contratto di
incarico annuale che si intende confermato qualora permangano le
condizioni ed i requisiti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge”.
14. I rapporti di lavoro di cui è causa sono dunque assolutamente precari e privi
di tutela (la legislazione interna non prevede neppure la possibilità di
assunzione mediante scorrimento di graduatoria), solo in ragione delle
previsioni di cui all’art. 309 del d.lgs. n. 297/94 ed all’art 40, comma 5, del
CCNL.
15. In questo contesto normativo la C.g.u.e., con la Sentenza Sciotto (C
331/17) ha statuito che “La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a
tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla
direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere

1 “L'insegnamento della religione cattolica è impartito da insegnanti in possesso di idoneità riconosciuta dall'ordinario diocesano e da esso non revocata, nominati, d'intesa con l'ordinario diocesano, dalle competenti autorità scolastiche ai sensi della normativa statale. Ai fini del raggiungimento dell'intesa per la nomina e l'assunzione dei singoli docenti l'ordinario diocesano, ricevuta comurucaz10ne dall'autorità scolastica delle 2 esigenze anche orarie relative all'insegnamento in ciascuna istituzione scolastica, propone i nominativi delle persone ritenute idonee e in possesso dei titoli di qualificazione professionale di cui al successivo punto 4”
 interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale…in forza
della quale le norme di diritto comune disciplinanti i rapporti di lavoro, e
intese a sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo
determinato tramite la conversione automatica del contratto a tempo
determinato in un contratto a tempo indeterminato se il rapporto di lavoro
perdura oltre una data precisa, non sono applicabili al settore di attività delle
fondazioni lirico-sinfoniche, qualora non esista nessun’altra misura effettiva
nell’ordinamento giuridico interno che sanzioni gli abusi constatati in tale
settore”. La Corte costituzionale, con la Sentenza n. 248/18, ha di contro
confermato che “non può che confermarsi l’impossibilità per tutto il settore
pubblico di conversione del rapporto da tempo determinato a tempo
indeterminato − secondo la pacifica giurisprudenza eurounitaria e
nazionale”. Ne deriva un contrasto tra dette Alte corti in relazione ai poteri
dle giudice interno, che dovrebbe sempre passare per il tramite della Corte
costituzionale, nonché non potrebbe mai costituire rapporti di lavoro a tempo
indeterminato, nei vari settori della P.A., anche in ipotesi di assoluta assenza
delle misure ostative di cui alla Clausola 5. Da qui la necessità di interrogare
nuovamente la C.g.u.e.
IL PRIMO QUESITO
16. Dovendo questo giudice dare attuazione al diritto dell’Unione europea, è
necessario chiedere alla Corte di giustizia se, nel descritto contesto
normativo, il diverso trattamento riservato ai soli insegnanti di religione
cattolica, quali gli istanti, costituisca discriminazione per motivi religiosi, ai
sensi dell’art 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea
(norma primaria dei Trattati, dopo la costituzionalizzazione della Carta di
 Nizza nelle citate recenti sentenze della Corte di giustizia Egenberger, Bauer
e Willmeroth e Max-Planck) e della direttiva 2000/78/ce ovvero se la
circostanza che idoneità già in possesso del lavoratore possa essere revocata,
che costituisce ordinariamente, per i docenti di religione cattolica assunti a
tempo indeterminato motivo valido di licenziamento, costituisca ragione
giustificatrice idonea perché solo gli insegnanti di religione cattolica, quali gli
istanti, siano trattati diversamente dagli altri docenti..
IL SECONDO QUESITO
17. In ipotesi la Corte di giustizia dovesse ritenere la sussistenza di
discriminazione diretta, ai sensi dell’art 2, paragrafo 2, lett a) della direttiva,
per motivi religiosi (art 1) deve interrogarsi la Corte circa gli strumenti che ha
questo giudice per eliminarne le conseguenze, tenuto conto che tutti gli altri
docenti sono stati destinatari del piano straordinario di assunzioni di cui alla
l. 107/15, essendo notorio che tutti o quasi hanno ottenuto la immissione in
ruolo con conseguente contratto di lavoro a tempo indeterminato, dalla quale
sono esclusi gli insegnanti di religione cattolica, e, dunque, se questo giudice
debba costituire un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La immissione
in ruolo ha riguardato migliaia di docenti, inseriti nelle graduatorie
provinciali ad esaurimento della scuola pubblica, che sono stati immessi in
ruolo con decorrenza giuridica dal 1° settembre 2015, ai sensi dell’art.1,
commi 95 ss., della legge n.107/2015, senza il possesso di alcun titolo di
servizio nella pubblica amministrazione scolastica, per la mera condizione di
essere inseriti in una graduatoria selettiva permanente ad esaurimento, il cui
accesso era consentito fino al 2007 anche senza il superamento come
idoneità all’insegnamento di procedura concorsuale, ai sensi dell’art. 399,
 comma 1, d.lgs. n.297/1994, e quindi sulla base di “meri automatismi” con
lo scorrimento delle g.a.e. come ben ricostruito dalla Corte costituzionale con
la sentenza n.187/2016, punto 18.1 (“Per i docenti, si è scelta la strada della
loro stabilizzazione con il piano straordinario destinato alla «copertura di
tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto». Esso è volto a
garantire all’intera massa di docenti precari la possibilità di fruire di un
accesso privilegiato al pubblico impiego fino al totale scorrimento delle
graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dal comma 109
dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015, permettendo loro di ottenere la
stabilizzazione grazie o a meri automatismi (le graduatorie) ovvero a selezioni
blande (concorsi riservati). In tal modo vengono attribuite serie e indiscutibili
chances di immissione in ruolo a tutto il personale interessato, secondo una
delle alternative espressamente prese in considerazione dalla Corte di
giustizia. La scelta è più lungimirante rispetto a quella del risarcimento, che
avrebbe lasciato il sistema scolastico nell’attuale incertezza organizzativa e il
personale in uno stato di provvisorietà perenne; una scelta che – va
sottolineato – richiede uno sforzo organizzativo e finanziario estremamente
impegnativo e che comporta un’attuazione invero peculiare di un principio
basilare del pubblico impiego (l’accesso con concorso pubblico), volto a
garantire non solo l’imparzialità ma anche l’efficienza dell’amministrazione
(art. 97 Cost.)”).
IL TERZO QUESITO
18. Il terzo quesito attiene alla circostanza se la clausola 5 dell’accordo quadro
di cui alla direttiva 1999/70/Ce debba essere interpretata nel senso che essa
osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi, in forza della
 quale le norme di diritto comune disciplinanti i rapporti di lavoro, e intese a
sanzionare il ricorso abusivo a una successione di contratti a tempo
determinato tramite la conversione automatica del contratto a tempo
determinato in un contratto a tempo indeterminato qualora il rapporto di
lavoro perduri oltre una data precisa, non sono applicabili al settore scuola,
con specifico riferimento ai docenti di religione cattolica.
19. In specie non è chiaro se, in tale settore, una successione di contratti di
lavoro a tempo determinato per un periodo di tempo indefinito possa essere
giustificato da una ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera
a), dell’accordo quadro, costituita dalla necessità d'intesa con l'ordinario
diocesano, che è, per i docenti di religione cattolica assunti a tempo
indeterminato motivo valido di licenziamento ovvero debba ritenersi una
discriminazione vietata ai sensi dell’art 21 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea. In buona sostanza la domanda è se la ragione che può
costituire valido motivo di licenziamento possa costituire ragione per non
applicare le misure ostative e sanzionatorie di cui alla Clausola 5 dell’accordo
quadro allegato alla direttiva 1999/70/Ce
IL QUARTO QUESITO
20. In ipotesi di ritenuta violazione della clausola 5 della direttiva 1999/70/Ce
dal momento che la normativa nazionale contiene norme applicabili ai
contratti di lavoro di diritto comune dirette a sanzionare il ricorso abusivo a
una successione di contratti a tempo determinato, prevedendo la conversione
automatica di un contratto a tempo determinato in un contratto a tempo
indeterminato qualora il rapporto di lavoro perduri oltre una data precisa, se
sia possibile in ragione dell’art.21 della Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, della clausola 4 dell’accordo quadro di cui alla direttiva
1999/70/Ce e/o l’art.1 della direttiva 2000/78//Ce, la disapplicazione le
norme che impediscono la conversione automatica di un contratto a tempo
determinato in un contratto a tempo indeterminato qualora il rapporto di
lavoro perduri oltre una data precisa.
21. La normativa nazionale applicabile ai ricorrenti non consente in nessuna
ipotesi, nel settore di attività scuola, in relazione ai lavoratori a termine
docenti di religione cattolica, la trasformazione dei contratti di lavoro a tempo
determinato in un contratto a tempo indeterminato: deve richiedersi se essa
possa instaurare una discriminazione, ai sensi dell’art. 21 della Carta di
Nizza e dell’art 2 della direttiva 2000/78/Ce, tra lavoratori a tempo
determinato di detto settore e lavoratori a tempo determinato di diritto
comune, poiché questi ultimi, dopo la conversione del loro contratto di lavoro
in caso di violazione delle norme relative alla conclusione di contratti a tempo
determinato, possono diventare lavoratori a tempo indeterminato comparabili
ai sensi della clausola 4, punto 1, dell’accordo quadro e dunque se il giudice
debba applicare, in forza della clausola 4 della direttiva 1999/70/Ce, in
assenza di altre sanzioni, le norme di diritto interno che prevedono, per i
lavoratori di diritto comune, la costituzione del rapporto di lavoro.
22. Deve peraltro ricordarsi come la comparazione dei docenti di religione
cattolica con gli altri lavoratori del settore scuola non possa portare per gli
stessi un effetto analogo a quello ottenuto dagli altri docenti del settore
suola, posto che le procedure di cui alla l. 107/15 non sono attivabili da
questo giudice, nonché da segnalarsi l’urgenza connessa alla soluzone della
presente controversia, posto che è stato necessario attendere il
pronunciamento delle Corti superiori (C.g.u.e. e Corte costituzionale) senza
che se ne sia potuta trarre alcuna indicazione utile alla definizione della
presente controversia in conformità agli obblighi eurounitari.
P.Q.M.
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Napoli, visto l’art. 19, paragrafo 3, lettera b,
del Trattato sull’Unione europea, l’art. 267 del Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea e l’art. 295 c.p.c., chiede alla Corte di Giustizia dell’Unione
Europea di pronunciarsi sulle seguenti questioni di cui in parte motiva ed in
particolare:
1) Se il diverso trattamento riservato ai soli insegnanti di religione cattolica,
quali gli istanti, costituisca discriminazione per motivi religiosi, ai sensi
dell’art 21 della Carta di Nizza e della direttiva 2000/78/ce ovvero se la
circostanza che idoneità già in possesso del lavoratore possa essere revocata
sia ragione giustificatrice idonea perché solo gli insegnanti di religione
cattolica, quali gli istanti, siano trattati diversamente dagli altri docenti, non
beneficiando di alcuna misura ostativa prevista dalla Clausola 5
dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato stipulato il 18 marzo
1999, figurante nell’allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999,
1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a
tempo determinato;
2) In ipotesi di ritenuta sussistenza di discriminazione diretta, ai sensi dell’art
2, paragrafo 2, lett a) della direttiva 200/78/ce, per motivi religiosi (art 1),
nonché ai sensi della Carta di Nizza, deve interrogarsi la Corte circa gli
strumenti che questo giudice può adoperare per eliminarne le conseguenze,
tenuto conto che tutti i docenti diversi dagli insegnanti di religione cattolica
sono stati destinatari del piano straordinario di assunzioni di cui alla l.
107/15, ottenendo la immissione in ruolo con conseguente contratto di lavoro
a tempo indeterminato, e, dunque, se questo giudice debba costituire un
rapporto di lavoro a tempo indeterminato.con la Amministrazione convenuta;
3) se la clausola 5 dell’accordo quadro di cui alla direttiva 1999/70/Ce debba
essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale,
come quella di cui trattasi, in forza della quale le norme di diritto comune
disciplinanti i rapporti di lavoro, intese a sanzionare il ricorso abusivo a una
successione di contratti a tempo determinato tramite la conversione
automatica del contratto a tempo determinato in un contratto a tempo
indeterminato qualora il rapporto di lavoro perduri oltre una data precisa,
non sono applicabili al settore scuola, con specifico riferimento ai docenti di
religione cattolica, in modo tale da consentire una successione di contratti di
lavoro a tempo determinato per un periodo di tempo indefinito; in particolare
se possa costituire ragione obiettiva ai sensi della clausola 5, punto 1,
lettera a), dell’accordo quadro, la necessità d'intesa con l'ordinario diocesano,
ovvero, di contro, debba ritenersi una discriminazione vietata ai sensi dell’art
21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
4) in ipotesi di risposta positiva al quesito sub 3 se l’art.21 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea, la clausola 4 dell’accordo quadro di cui
alla direttiva 1999/70/Ce e/o l’art.1 della direttiva 2000/78//Ce,
consentano la disapplicazione le norme che impediscono la conversione
automatica di un contratto a tempo determinato in un contratto a tempo
indeterminato qualora il rapporto di lavoro perduri oltre una data precisa.
Ordina la sospensione del processo e che, previa comunicazione alle parti, copia
della presente ordinanza sia trasmessa alla Cancelleria della Corte di Giustizia,
unitamente a copia degli atti dei fascicoli di causa.
Napoli lì 13.2.19.
Il Giudice
Dott. Paolo Coppola

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